Sperimentalismo pariniano: Le Rime varie
Verifica dell’ipotesi di Bartesaghi: « una miscellanea la cui cifra essenziale è data dallo sperimentalismo linguistico e dall’articolazione dinamica delle diverse sezioni che lo compongono, con scelte improntate alla varietà delle prospettive e dei toni » Ipotesi sulle ragioni di alcune cancellature grazie all’analisi di tre sonetti esemplari
I sonetti 31 - 40 32. Mentre fra le pompose urne e i trofei [cancellato] 33. No, non si pianga un uom d’ingegno eletto [cancellato] 34. Dove, o pura colomba, affretti il volo [cancellato] 35. Stolta è costei che in solitarie mura [cancellato] 36. Non a voi, sorde mura, esposte al danno 37. Quanti celibi e quanti al mar consegna 38. Vanne, o vergin felice, entro al romito [cancellato] 39. Mancavan forse a te, vergin prudente [cancellato] 40. Allor che il cavo albergo è in sé ristretto [cancellato]
31. Grato scarpel, su questa pietra incidi Il fausto dì, quando a’ miei Lari apparse Colei che, Diva de gli Adriaci lidi, Chiara fama di sè nel mondo sparse. 4 Scrivi qual di virtù, di grazie, io vidi, D’ingegno, di saper, luce spiegarse; E quanta in me di puri sensi e fidi Subita fiamma inestinguibil arse. 8 Scrivi che, se da gli occhi miei fu pronta Gli alti pregi a rapir, pur mi consola Dolce speranza che al partir mi diede. 11 Ma se poi le promesse il vento invola D’Adria pel mar, taci i miei danni; e l’onta Non eternar de la mancata fede. 14 [1787]
Intertestualità Intertestualità v. 2: fausto dì: Metastasio, Adriano in Siria, III 10, vv. 67-68: « E da noi con bianca pietra / sia segnato il fausto dì » v. 4: chiara fama: Petrarca, Trionfi, Triumphus cupidinis 3, vv. 43-45: « Simile nebbia par ch’oscuri e copra / del più saggio figliuol la chiara fama / e 'l parta in tutto dal Signor di sopra »; Triumphus cupidinis 4, vv. « Mentre io volgeva gli occhi in ogni parte / s’i’ ne vedesse alcun di chiara fama, / o per antiche, o per moderne carte ». v. 8: subita fiamma: Parini, Odi, La gratitudine, v. 187: « subita fiamma inusitata scosse ». v. 11: dolce speranza: Dante, Rime, Lo meo servente core, v. 8: « di ritornar la mia dolce speranza ». Petrarca, Rvf 331, v. 9: « che privo m’à di sì dolce speranza ». Stile Tre verbi positivi nelle prime tre strofe, e due negativi nell’ultima. Tutti i verbi all’imperativo. Non c’è un esibizionismo retorico.
32. Mentre fra le pompose urne e i trofei, Figlio, t’aggiri onde va il Tebro altero, L’ombre forse vedrai de gli avi miei Ch’ebber qui primi gradi o sommo impero. 4 Ah se, ammirando i tuoi costumi bei, Di te mai chiede od Alessandro o Piero, Non celar la mia gloria; e di’ che sei Nato di me, lor sangue, in suol straniero: 8 E di’ ch’io non raccolsi altro che i danni Di lor alta fortuna, ond’ebbi assorto In fiere doglie il cor molti e molt’anni; 11 Ma che al fin, dal tu’ amor guidata in porto, Io vivo; e dolce ho de i passati affanni, Sol ne la tua virtù, premio e conforto. 14 [1762?]
Intertestualità Intertestualità v. 2: Tebro altero: Vittoria Colonna, Rime, Poi che tornata sei, anima bella, v. 11: « sommerso ha quasi Roma il Tebro altero ». v. 5: costumi bei: Ariosto, Orlando furioso, XXXVII 45, v. 6: « i bei costumi e l’opere gentili ». v. 10: alta fortuna: Tasso, Gerusalemme liberata, I 41, v. 2: « uom ch’a l’alta fortuna agguaglia il merto ». v. 13: dolce… affanni: Petrarca, Rvf. 61, v. 5: « et benedetto il primo dolce affanno », Rvf 205, v. 2: « dolce mal, dolce affanno et dolce peso ». Stile v. 1: pompose urne, v. 8: suol straniero: sintagmi pariniani. Forte enjambement ai vv. 7-8: « […] e di’ che sei^ / nato di me ». Ripetizione dell’imperativo di’ ai vv. 7, 9.
33. No, non si pianga un uom d’ingegno eletto Che, per costumi e nobil’arti chiaro, Visse alle dame e ai cavalier sì caro In ciel rimoto e sotto al patrio tetto; 4 Un uom cui la pietà, l’amor del retto, La carità, mille altre doti ornâro, E visse ne la patria esempio raro Di sposo e padre e cittadin perfetto; 8 Un uom che, pieno alfin di merti e d’anni, Placidamente a più beata sede Passò, fuggendo dai terreni affanni. 11 Un uom che, mentre al comun fato cede, Lasciò, per compensare i nostri danni, Di sue virtù tanta famiglia erede. 14 [1769]
Intertestualità Intertestualità v. 1: ingegno eletto: Tasso, Rime, Se colà, donde questa spoglia inferma, v. 3: « si fa conserva fra gli ingegni eletti ». Parini, Odi, La Gratitudine, v. 128: « Sopra gl’ingegni eletti ». v. 2: nobil’arti: Tasso, Gerusalemme Liberata, IV 46, vv. 1-2: «Io crebbi, e crebbe il figlio; e mai né stile / di cavalier, né nobil arte apprese ». v. 10: beata sede: Ariosto, Satire, A messer Annibale Malaguccio, v. 178: « Piegossi a me da la beata sede ». Marino. Adone, IV 226, v. 7: « o di Cartago la beata sede ». Stile v. 8: cittadin perfetto: sintagma pariniano. La sintassi non è semplice, ma non c’è esibizionismo retorico. vv. 1, 5, 9, 12: polisindeto di « un uom ». Il v. 1 ha accenti di 1-4-6-8-10, il ritmo e la negazione ribattuta danno il tono sostenuto che percorre tutto il testo.
34. Dove, o pura colomba, affretti il volo Sopra la terra desolata? Vedi Qual diluvio qua giù sceso dal polo Ogni piazza, ogni monte occupi e predi. 4 Atro fango, e rovina, e squallor solo Tutti assorbe i refugi. Ahi! dove credi Sul d’ogni parte maculato suolo Omai salva posar tuoi casti piedi? 8 Ecco l’Arca, ecco l’Arca. Ella il rapace Flutto non teme o la procella oscura; E il segno intorno a sè spiega di pace. 11 Volgi al grembo di lei, volgi secura L’ali, o pura Colomba. Ivi al Ciel piace A più lieta serbarti alta ventura. 14 [1787]
Intertestualità Intertestualità v. 1: pura colomba: Pulci, Morgante, V, v. 1: « Pura colomba, piena d’umiltade ». v. 2: terra desolata: Ariosto, Orlando Furioso, XVII 7, v. 3: « gran parte de la terra desolata ». v. 5: atro fango: Tasso, Re Torrismondo, II 3, v. 7: « ch’atro fango tenace intorno a l’alma ». v. 8: casti piedi: Giusto de’ Conti, Canzoniere, Solo, cacciando un dì come Amor volle, v. 11: « Suoi casti piedi, e le innocenti membra ». v. 10: procella oscura: Battista Guarini, Il pastor fido, IV 3, v. 240: « giri questa oscurissima procella ». v. 14: alta ventura: Vittoria Colonna, Rime, Riman la gloria tua larga e ‘nfinita, v. 13: « chiami sì grave peso alta ventura ». Stile v. 7: maculato suolo, vv. 9-10: rapace flutto: sintagmi pariniani. Il testo si caratterizza per la doppia interrogazione, e per le ripetizioni all’interno dello stesso verso, oltre che ai polisindeti.
35. Stolta è costei che in solitarie mura Affrettasi a seguir la steril croce, E di patria e d’amor sorda a la voce Simili a sè di propagar non cura! 4 Tal odo bestemmiar la setta impura Cui l’appetito a lo intelletto nuoce, E lungi da le nozze erra feroce, La virtù deturpando e la natura. 8 Vergin chiamata a la più nobil sorte, Sdegna il parlar de gli empii, e in atto pio Chiudi al cospetto lor le sacre porte. 11 Quei co’ detti e con l’opre a Satan rio Servan costretti, e tu libera e forte Dona te stessa ostia innocente a Dio. 14 [1787]
Intertestualità Intertestualità v. 9: nobil sorte: Metastasio, Cantate e altre poesie, Il ratto d’Europa, v. 322: « Tu, sua futura moglie, apprendi a reggere / sì nobil sorte e prospera ». v. 10: atto pio: Dante, Par. XXXI, v. 62: « di benigna letizia, in atto pio ». v. 11: sacre porte: Dante, Purg. IX, v. 130: « Poi pinse l’uscio a la porta sacrata ». Annibal Caro, Traduzione dell’Eneide, VI, v. 943: « la sacra porta che ‘l tuo dono aspetta». Stile: v. 1: solitarie mura, v. 2: steril croce, v. 3: d’amor sorda, v. 5: setta impura, v. 9: nobil sorte, v. 14: ostia innocente: sono sintagmi pariniani. (Cfr. però: Gelindo Teccaleio, 200, vv. 5-6: «Che sol tra le solitarie erme foreste, / o in chiuse mura era di star bramosa», in Rime degli Arcadi, vol. II). Nella fronte viene riportata l’opinione (comune?) del volgo, e la reazione sdegnata dell’io lirico. È forse il testo più oscuro da capire, se non si hanno i riferimenti contestuali. Si nota una particolare violenza espressiva, al v. 5: bestemmiar, v. 7: erra feroce, v. 8: la virtù deturpando, v. 12: Satan rio.
36. Non a voi, sorde mura, esposte al danno E del tempo e de’ casi, ov’io già il piede Libera posi, or dopo vòlto un anno I giuramenti miei sacro e la fede; 4 A Dio ben sì, che mai non pate inganno, Che nel profondo cor penetra e vede, E ovunque sieno in vario albergo e in panno Le già devote a lui anime chiede. 8 Così la Vergin saggia. E dal bel velo Le luci alzando a la sacr’ara fisse, Tutta nel volto fiammeggiò di zelo. 11 E allor l’Eterno in adamante scrisse Il nobil detto che sembrò nel cielo Novo d’astri fulgore a i guardi aprisse. 14 [1788]
Intertestualità Intertestualità v. 6: profondo cor: Ariosto, Orlando Furioso, XVIII 25, v. 3: « e di profondo cor geme e sospira » (stessa costruzione sintattica). v. 9: Vergin saggia: Petrarca, Rvf 366, v. 14: « Vergine saggia, et del bel numero una / de le beate vergini prudenti ». v. 9: bel velo: Petrarca, Rvf 126, v. 39: « asciugandosi gli occhi col bel velo », Rvf 127, v. 62: « quali io gli vidi a l’ombra d’un bel velo », Rvf 199, v. 12: « Così avess’io del bel velo altrettanto! », Rvf 302, v. 11: « e là giuso è rimaso, il mio bel velo ». v. 10: sacr’ara: Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, Accendi il foco, Elpin, mentr’io mi bendo, v. 5: « Ecco la mano alla sacr’ara io stendo ». Stile v. 1: sorde mura, v. 7: vario albergo, v. 10: sacr’ara: sintagmi pariniani. Come nel sonetto precedente, nelle prime due strofe viene riportata l’opinione di qualcuno, in questo caso della monaca stessa, che si capisce grazie a una clausola dal sapore dantesco. Paronomasia ai vv. 3, 11. Il sonetto si apre con una negazione, proprio come il sonetto 33.
37. Quanti celibi e quanti al mar consegna La cupidigia de’ mortali! Quanti Ne spinge in guerra all’altrui danno e ai pianti Crudele ambizïon, quando si sdegna! 4 Quanti ne la città la turpe insegna Seguon d’ozio inimico ai nodi santi! E tu, perversa età, quei lodi e vanti, E noi sol gravi di calunnia indegna? 8 Noi poche verginelle, a cui la face Di caritade accende il divin lume, E penitenza e solitudin piace; 11 Noi che, supplici ognor davanti al Nume, Sul popolo invochiam dovizia e pace E custode a le leggi aureo costume? 14 [1788]
Intertestualità Intertestualità v. 4: crudele ambizïon: Goldoni, Belisario, III 13, v. 25: « Ambizion, crudeltà, lusinghe e vezzi: / armi già tutte dalle donne usate ». v. 8: calunnia indegna: Goldoni, Belisario, III 5: « temer non sa delle calunnie indegne ». v. 10: divin lume: Dante, Par. VIII, v. 25: « a chi avesse quei lumi divini ». Lorenzo de’ Medici, Apollo e Pan, v. 68: « Gli occhi spiravon pure un divin lume ». Tasso, Gerusalemme conquistata, IX 62, v. 3: « s’indorava la notte al divin lume ». Vittoria Colonna, Rime, Se a l’alto vol mancar le ardite penne, v. 10: « tanto lume divin scorgere li parve ». v. 14: aureo costume: Erilo Cleoneo, XIX, vv. 114-115: « Il nostro aureo costume, / e la soave Legge », in Rime degli Arcadi, vol. I. Melinto Leuttronio, 310, v. 6: « Or con gli aurei costumi, or con gli inchiostri », in Rime degli Arcadi, vol. IV. Criseno Elissoneo, 116, v. 29: « Gridar: ‘‘dov’è l’antico aureo costume’’ », in Rime degli Arcadi, vol. VI.
38. Vanne, o vergin felice, entro al romito Albergo: ivi Umiltade al fianco tieni, Che la rara Concordia unita meni, E ’l bel Silenzio, che sul labbro ha ’l dito; 4 Vedrai ne’ limitar sedersi ardito Amor, superbo dei feriti seni, E Invidia tinta d’orridi veleni, E quel di risse eccitator Garrito. 8 Tu volgi ’l guardo in lor nubilo e parco, Qual vincitor che su i vinti rubelli Torvo se ’n passa, e di lor spoglie carco; 11 Ma guàrdati da Amor: co’ suoi quadrelli Aspetteratti insidïoso al varco Fra gli oziosi e striduli cancelli. 14 [1757]
Intertestualità Intertestualità v. 4: bel silenzio: Vittoria Colonna, Rime, Felice donna, a cui disse sul fonte, v. 8: « l’interne voglie in bel silenzio conte ». Tasso, Gerusalemme conquistata, XX 109, v. 2: « schiera d’un bel silenzio assai contenta ». vv. 5-6: ardito amor: Velalbo Trifiliano, 545, v. 7: « Da ria legge d’Amore ardita e folle», in Rime degli Arcadi, vol V. Goldoni, Artemisia, III 6, « Pietà m’ispira e mi fa ardito amore ». v. 10: vinto rubello: Tasso, Rime, Spiega l’ombroso velo, v. 69: « più del vinto rubello ». vv. 11-12: passa… guardati: Dante, Inf. III, v. 51: « Non ragionaniam di lor, ma guarda e passa ». Stile v. 1: vergin felice, vv. 1-2: romito albergo, v. 3: rara concordia, v. 7: orridi veleni, v. 8: eccitator Garrito, v. 14: oziosi e striduli cancelli: sintagmi pariniani. L’aggettivo ‘vergine’ è l’unico vocabolo usato in questi quattro sonetti per riferirsi alle monache. Fronte e sirma si aprono con dei verbi all’imperativo: cfr. vv. 1, 5, 9, 12: « Vanne… Vedrai… volgi… guàrdati…».
39. Mancavan forse a te, vergin prudente, E libertà, cui gioventude apprezza, E larga e lusinghevole ricchezza Ov’ha suo cor la pazza mortal gente ? 4 Chi ’l fervido desio t’accese in mente Ch’al Ciel sospira e i volgar lacci spezza? Sol tu d’insuperabile alterezza Armata, in sen le basse voglie hai spente. 8 Vedesti ben che qui siede monarca Il gran Nimico del genere umano Sopra la turba che dell’oro è carca; 11 E sprezzatrice del fango mondano, Pura colomba te ’n volasti all’Arca Cui l’avido Dragon combatte in vano. 14 [1757]
Intertestualità Intertestualità v. 1: vergin prudente: Petrarca, Rvf 366, v. 15: « de le beate vergini prudenti ». Vittoria Colonna, Rime, Se piace a l’occhio di veder volando, v. 11: « undici mila vergini prudenti ». v. 3: larga… ricchezza: Vittoria Colonna, Rime, Di breve povertà larga ricchezza, v. 1. v. 4: pazza… gente: Ariosto, Orlando Furioso, XI 50, v. 3: « S’avea creduto quella gente pazza ». v. 5: fervido desio: Vittoria Colonna, Rime, Qual ricca oblazion, qual voler pio, v. 8: « di foco acceso in fervido desio ». v. 8: basse voglie: Dante, Inferno XXX, v. 148: « ché voler ciò udire è bassa voglia ». v. 10: gran Nimico: Vittoria Colonna, Rime, Poi che ‘l mio sol, d’eterni raggi cinto, v. 96: noi ch’eravam del gran nimico prede ». v. 12: fango mondano: Tasso, Rime, Dal più bel velo ch’ordì mai Natura, vv. 12-13: « ma d’aquila abbia il guardo e del mondano / fango purgato, ché cotanta luce ». v. 13: pura colomba: pura colomba: Pulci, Morgante, V, v. 1: « Pura colomba, piena d’umiltade ».
40. Allor che il cavo albergo è in sè ristretto, Onde in un tempo ha l’uom vita e parola, L’aere soavemente esce del petto, E al doppio carcer suo ratto s’invola. 4 Per la tornita poi morbida gola Passa al liscio palato; e, vario aspetto Preso fra i denti e ’l labbro, alfin se ’n vola Dolce a recare altrui gioia e diletto. 8 Ma pria costei con la mirabil arte E l’armonico genio il guida e frena Sotto a le leggi de le industri carte: 11 E quindi avvien che da la flebil scena Fa altrui beato; e tal piacer comparte Che seco avvinti i cor tragge in catena. 14 [1759]
Intertestualità Intertestualità v. 1: cavo albergo: Marino, Adone, III 14, v. 2: « a cui da cavi alberghi eco risponde ». (Mai col significato di ‘polmone’). v. 8: gioia e diletto: Cino da Pistoia, Sta nel piacer de la mia donna Amore, v. 14: « gioia e diletto a chi le sta davanti ». Tasso, Gerusalemme Liberata, VI 76, v. 2: « e ben n’avresti tu gioia e diletto ». Stesse parole rima: diletto – petto – aspetto, ripetute anche in VII 96. v. 9: mirabil arte: Petrarca, Rvf 107, v. 13: « che ‘l mio adversario con mirabil arte ». Stile v. 4: doppio carcere, v. 5: tornita… morbida gola, v. 6: liscio palato, v. 10: armonico genio, v. 11: industri carte, v. 12: flebil scena: sintagmi pariniani. v. 1: cavo albergo: nel Battaglia l’accezione precisa non c’è. Gli argomenti del testo sono nettamente separati in fronte e sirma, e si dividono ulteriormente nelle volte.
Alcuni fenomeni generali: Schemi metrici |