Immigration Parcours de Régularité en Italie
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Département pour les Libertés Civiles et l’Immigration
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LA PRESENZA ITALIANA IN MAROCCO
Scheda a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS, Roma
Storia degli italiani in Marocco
L’insediamento degli italiani nel Nord Africa,
iniziato alla fine del 1800, è meno conosciuto rispetto
a quello avvenuto in altri continenti ma, pur
quantitativamente meno rilevante, presenta spunti di
grande interesse. Nel contesto della grande
emigrazione italiana della fine del XIX secolo e del
periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale, i
flussi verso l’Africa sono residuali e quasi
esclusivamente indirizzati verso il Nord Africa. Ad
esempio, nel 1913, anno di un boom migratorio che
coinvolge oltre 850.000 italiani, 556.325 partono per
l’America Latina e il Nord America, 307.627 si
indirizzano verso i paesi europei e solo 1.390 vanno in
Africa.
Nel volume del 1980, redatto da Vittorio Briani per
conto del Ministero degli Affari Esteri (Il lavoro
italiano in Africa), vengono riportati questi valori sulla
presenza italiana in Marocco: 102 nel 871, 130 nel
1881, 50 nel 1891, 70 nel 1901, 12.000 nel 1911 e
12.258 nel 1924. Tuttavia alle 12.000 presenze di
italiani in Marocco nel 1911 (da ritenere
sopravvalutate, come risulta da un confronto con i
dati di fonte francese), ne corrispondono, nello stesso
anno, 33.153 in Algeria, 34.926 in Egitto e 88.082 in
Tunisia.
Per quanto riguarda il Marocco le statistiche sui
flussi annuali sono disponibili solo dal 1915: in
quell’anno vi sono 657 partenze verso l’Algeria, 1.058
verso l’Egitto, 3.149 verso la Tunisia e solo 235 verso il
Marocco. Sulle statistiche di questo periodo bisogna
precisare che l’obbligo del passaporto riguarda
unicamente il capofamiglia, senza quindi poter
desumere il numero delle persone che con lui
emigrano, e che una certa parte di italiani (soprattutto
quelli del Nord Italia) si recano nei paesi maghrebini
partendo dai porti francesi (per cui questi flussi
vengono considerati europei), senza contare che
sfugge alla registrazione l’emigrazione clandestina,
dettata anche da ragioni politiche legate prima alla
lotta per l’indipendenza, iniziata a partire dalla prima
metà del XIX secolo, poi all’opposizione al regime
fascista.
L’arrivo dei primi italiani in Marocco si colloca
all’inizio del 1800 e in pochi anni il loro numero si
accresce. Del periodo pre-unitario ricordiamo che il
Regno di Sardegna nel 1825 negozia un trattato di
navigazione con il regno nordafricano di Abd-el
Rahman, stabilendovi un consolato.
A Casablanca, nel 1907, vengono uccisi 9 europei
che lavorano nel porto e viene attaccato il Consolato
francese, per cui la Francia occupa la città e nel 1912
impone il suo protettorato all’intero paese. Il
censimento condotto nel 1913 dai francesi rileva la
presenza di 3.500 italiani.
Intanto, avviene lo sbarco delle truppe italiane a
Tripoli nella seconda decade del mese di ottobre del
1911, disposto dal Governo di Giovanni Giolitti. Ad
ispirarlo è il desiderio di affermare la presenza del
giovane Stato italiano, di recente unificato, tra le
potenze europee e di dare una soluzione anche al
problema dell’emigrazione di massa. Ma l'aggressione
italiana alla Libia rende più difficile agli italiani restare
in Tunisia e, a seguito di incidenti e dimostrazioni
anche violente per le vie della Capitale, sono in molti a
spostarsi da quel Paese in Marocco. Si tratta
principalmente di provetti muratori (apprezzati dagli
stessi francesi, di per sé non benevoli nei confronti
degli italiani) che sono funzionali alla modernizzazione
di Casablanca e alla costruzione del porto, sebbene in
condizioni penose a causa della mancanza di alloggi:
essi si concentrano in una zona non lontana dal porto,
che prende il nome di Petite Venise, che ha un forte
sviluppo costruttivo nel periodo del Protettorato
francese.
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Così come negli altri paesi maghrebini sotto
l’influenza francese, anche in Marocco si sviluppa una
polemica sulla ‘situazione morale’ degli italiani e sulla
loro dimensione quantitativa. Comunque, la Prima
Guerra Mondiale causa una diminuzione della
presenza italiana a seguito della partenza di molti per
il fronte.
Nel 1925 a Casablanca nasce il Maarif, un quartiere
abitato per oltre il 50% da italiani, che arrivano a
essere 20.000 (gli altri sono spagnoli o di altri paesi
europei), una sorta di “little Italy”. Questa oggi è una
zona centrale molto vivace, costituita da un insieme di
vie animate, negozi e botteghe artigiane addossate
alla chiesa in origine dedicata a S. Antonio di Padova,
ma gli abitanti sono ormai per la quasi totalità
marocchini.
Intanto arrivano anche italiani con un livello
superiore di istruzione e negli anni ’30 la comunità
italiana è in grado di esercitare un ruolo molto attivo
per lo sviluppo del paese, mettendo a disposizione la
propria operosità specialmente in edilizia e in
agricoltura.
La Scuola italiana di Casablanca viene aperta
negli anni ’20, ma entra in crisi dopo l’indipendenza
del Marocco e la riduzione del numero degli italiani. In
seguito l’istituto viene privatizzato e intestato nel
2007 a Enrico Mattei; attualmente conta poche
centinaia di alunni, quasi tutti marocchini (gli italiani
sono poche decine).
Il Circolo degli Italiani di Casablanca nasce nel 1932
come "Circolo degli Italiani Cattolici”; dopo essere
stato molto attivo specialmente in ambito sportivo,
conosce una vita difficile nel secondo dopoguerra,
riducendosi a funzionare come ristorante, per poi
riprendersi negli anni Duemila.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale,
risiedono in Marocco 20.000 italiani e di essi circa un
quarto accetta l’invito a rimpatriare, mentre chi
rimane sul posto non viene più visto di buon occhio.
Non sono pochi, perciò, quelli che si decidono a
chiedere la cittadinanza francese in base allo “ius
soli”, mentre per gli altri, considerati nemici a causa
delle alleanze belliche del regime fascista, si
dischiudono i campi di concentramento.
Infatti, “A Casablanca molti italiani subiscono i
famigerati sequestri di guerra, che li privano di tutti i
loro beni, e vengono rinchiusi nei campi di prigionia:
accampamenti di legno e filo spinato. Il campo di
Casablanca, tuttavia, è per lo più riservato a prigionieri
militari, mentre quelli civili sono dislocati su tutto il
territorio marocchino, in particolare a sud. […]
Esistono raccolte di poesie di prigionieri di guerra
italiani, rinchiusi in quegli anni in Marocco […].
Un lavoro eccezionale è Nord Africa 1943, pubblicato
nel 1961 a Milano; raccoglie le testimonianze di
prigionieri di guerra italiani, tra militari, medici, civili
comuni e religiosi. Esso comprende anche le
fotografie delle carceri che i prigionieri erano costretti
a costruire, per poi esservi rinchiusi” (tratto da
Roberta Yasmine Catalano, Schegge di memorie. Gli
italiani in Marocco, Senso Unico, Mohammedia,
2009). Cessato il conflitto, gli internati vengono
imbarcati a Casablanca e la destinazione è il campo di
raccolta di Afragola nei pressi di Napoli.
Anche dopo la guerra gli italiani continuano a
propendere per la cittadinanza francese, ma non
mancano i nuovi arrivi e nel 1955 la comunità italiana
conta 17.500 persone, delle quali 14.500 a
Casablanca. Questo è un periodo favorevole per le
imprese italiane, che si aggiudicano importanti
realizzazioni, come quelle del porto di Mohammedia e
della raffineria di petrolio Samir. Risalgono a questo
periodo anche alcune strutture di interesse per la
comunità italiana, come la chiesa di Cristo Re, la Casa
di Riposo e la sede attuale del Circolo degli Italiani.
Invece è praticamente nulla la presenza italiana nel
Sahara occidentale, controllato dalla Spagna.
L’indipendenza del Marocco dalla Francia (1956)
determina un profondo cambiamento politico e
culturale, che vede diminuire la consistenza della
comunità italiana. Il timore della nazionalizzazione
delle proprietà porta ad intestare allo Stato italiano i
beni della Comunità italiana, come ad esempio il
complesso di Cristo Re.
Interessanti spunti di riflessione storica, a partire
dal XII secolo, sono offerti da Roberta Yasmine
Catalano nel citato volume Schegge di Memorie. Gli
italiani in Marocco, che fa riferimento, oltre che alla
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bibliografica classica, anche a diari di viaggio scritti
dagli italiani nel corso dei secoli, alla letteratura,
all’architettura e agli spunti biografici riguardanti
persone comuni e altre eccezionali. Una particolare
attenzione viene dedicata ai flussi migratori italiani
dell’inizio del secolo e alla dolorosa esperienza degli
anni della seconda guerra mondiale, intrecciati con i
ricordi personali.
Il volume Gli architetti italiani in Marocco dall'inizio
del protettorato francese ad oggi (a cura di
M.Giacomelli, E.Godo, A.Kassou, Edizioni Polistampa,
Firenze, 2009) è dedicato agli architetti italiani, e alle
rispettive imprese, che hanno operato nell'Africa
settentrionale, in particolare in Marocco, a partire
dall'instaurazione
del
Protettorato
francese,
specialmente nel periodo tra le due guerre mondiali e
nell’ultimo dopoguerra. Il panorama necessariamente
sintetico proposto dal volume integra e incrocia i
risultati delle indagini svolte negli archivi italiani con
l'esplorazione in alcuni settori urbani e la
consultazione delle fonti bibliografiche e archivistiche
marocchine.
Sugli aspetti storici va segnalato il particolareggiato
contributo di F. Cresti (“Comunità proletarie italiane
nell’africa mediterranea tra il XIX secolo e il periodo
fascista”, relazione presentata all’Università di Tunisi,
Facoltà di lettere di La Manouba nell’aprile 2006, in
Mediterranea. Ricerche Storiche, Anno V, aprile 2008,
pp. 190-214), e i classici curati da V. Briani (Il lavoro
italiano in Africa, Ministero Affari Esteri, Roma, 1980)
e da L. Favero, G. Tassello, Cent'anni di emigrazione
italiana 1876-1976, Cser, Roma, 1978). Sugli aspetti
commerciali cfr: M. Della Cia (Nuove migrazioni:
italiani in Marocco, in “Altreitalie”, gennaio-dicembre,
Torino, 2008, pp. 205-217).
La presenza attuale nel Paese
La successiva crescita della comunità italiana non
raggiunge più i livelli di una volta. Al 31 dicembre 2013
in Marocco gli italiani iscritti all’anagrafe dei residenti
all’estero sono poco meno di 4.000, in prevalenza
concentrati a Casablanca e in larga misura nati sul
posto. I pensionati sono alcune centinaia. Diversi, tra
gli ultrasessantenni, si sono trasferiti qui dalla Tunisia.
Molti di essi, pur avendo i genitori italiani, hanno la
cittadinanza francese, facile da acquisire nel periodo
del Protettorato, a differenza di quanto avviene per
quella marocchina.
I più anziani parlano francese e arabo e un po’
d’italiano con francesismi (tipica è l’espressione “sono
molto faticato”). La presenza effettiva, tenendo conto
dei turisti stabili e dei pendolari per lavoro, si
aggirerebbe sulle 10.000 unità. I titolari di pensione
sono esentatati dalla tassazione in Italia e assoggettati
al fisco marocchino, molto più favorevole.
Si ipotizza che siano circa 30.000 i cittadini
marocchini con ascendenza italiana. Si ipotizza anche
che la presenza italiana sia destinata a crescere. Non
si tratta di lavoratori dipendenti, come avveniva nel
passato. I datori di lavoro che assumono dipendenti
stranieri
devono
essere
autorizzati
dall’Ente
Marocchino per la Protezione del Lavoro (ANAPEC),
che accerta le competenze della persona da assumere
e la sua necessità nel mercato locale (cfr.
http://marocemploi.net/).
Prevale,
invece,
lo
spostamento degli imprenditori e chi si è stabilito sul
posto si mostra soddisfatto: “Mi sembra inevitabile
che aumenti la popolazione italiana residente in
Marocco, per il semplice motivo che vivere spendendo
circa un terzo, con un buon stipendio in un clima caldo
e soleggiato tutto l’anno, metterebbe a dura prova
anche il più patriottico cittadino Italiano” (“Trasferirsi
a vivere e investire in Marocco”, intervista del 2013 a
un imprenditore stabilitosi a Casablanca riportata, in
http://nuke.mollotutto.com/).
Casablanca, la città in cui si sono concentrati gli
italiani, deve la sua origine ai portoghesi, che nel 1515
la edificano dove prima sorgeva Anfā, città di antica
ed ignota origine, conosciuta già in età romana,
occupata e distrutta dai portoghesi nel 1468. Dopo
essere
stata
abbandonata,
Casablanca
viene
ricostruita verso il 1770 dal sultano Mūley
Mohammed che la chiama Dār al-Bēḍā (baiḍā'), che
significa per l’appunto la "Casa bianca". Alla fine del
1800 la città inizia a conoscere una certa importanza
come centro commerciale e marittimo. Da 20.000
abitanti che aveva nel 1900, la città è arrivata a
superare i 4 milioni, con un porto di grande
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importanza, così come lo è quello di della zona franca
di Tangeri, che vuole parimenti essere un hub
commerciale collegato con molti scali internazionali,
rilevante per l’intera Africa (Tangeri è anche sede di
un ospedale italiano).
Un significativo insediamento di italiani (diverse
centinaia) si trova anche a Marrakech, costituito da
architetti, gestori di gallerie d’arte, ristoratori, gelatai,
importatori di prodotti alimentari e operatori del
settore turistico. Sono molti gli italiani che hanno
provveduto a ristrutturare un riad, le tradizionali case
marocchine con cortile interne.
Sotto l’aspetto religioso bisogna precisare che il
fine settimana comprende come giorni festivi il sabato
e la domenica ma non il venerdì, giornata in cui
tuttavia gli uffici pubblici prolungano la pausa del
pranzo per consentire ai fedeli di pregare. In Marocco
la religione ufficiale è l’islam, che, a differenza di
quanto avviene in altri paesi a prevalenza musulmana,
convive pacificamente con le altre religioni, così come
prevede la costituzione.
La comunità cristiana del Marocco è fatta non solo
dagli italiani e dagli immigrati provenienti dai paesi
europei ma anche dagli immigrati provenienti
dall’Africa subsahariana e dall’Asia (specialmente
filippini), complessivamente poche decine di migliaia
di persone che hanno l’epicentro nella chiesa di Cristo
Re (che è di proprietà del Consolato italiano, come
prima accennato) e nella diocesi di Rabat. I primi
bollettini di questa parrocchia sono stati redatti in
italiano, mentre ora sono bilingui perché gli italiani
preferiscono leggere in francese. Sono molte le donne
che hanno sposato un marocchino. Gli italiani, in
prevalenza di origine siciliana, sono molto legati alle
tradizioni (Intervista al missionario Cipriano Ferrario
sugli italiani a Casablanca, “Servizio Migranti”,
1/2012).
Le prospettive di investimento in Marocco
Il Marocco, la cui economia è liberalizzata, ha un
tasso di sviluppo elevato, rallentato ma non arrestato
dalla crisi europea, e sta realizzando grandi progetti,
dai complessi residenziali alle opere infrastrutturali
(tra cui l’alta velocità a partire dal 2015), che
contribuiscono
ad
incrementare
il
livello
occupazionale.
In un mondo arabo caratterizzato da profondi
sconvolgimenti, il Marocco, paese che ha avviato per
tempo le riforme, si presenta come un’area di
stabilità, di tolleranza, di sviluppo, anche se le attese
dei giovani devono essere soddisfatte con ulteriori
trasformazioni. L’investimento dall’estero è facilitato,
la manodopera è poco costosa e per i primi 5 anni non
si pagano tasse. Il costo della vita è basso e lo
stipendio medio va da 200 ai 350 euro, ma l’assistenza
sanitaria è a pagamento.
L’Italia è già tra i primi partner commerciali del
Marocco (dopo la Francia e la Spagna), ma restano
ancora
enormi
le
possibilità
di
aumentare
l’interscambio. Molto dinamica risulta essere la
presenza delle aziende italiane (circa 140), che si
aggiudicano appalti di strade, porti, dighe, alberghi.
L’Associazione
Italia-Marocco
e
l’Associazione
Imprenditori Italiani in Marocco si propongono di
rafforzare la cooperazione e l’interscambio tra i due
Paesi, assicurando un contesto favorevole agli
investimenti.
Sono positive le testimonianze degli imprenditori
trasferitisi sul posto: “Sicuramente il cambio di valuta
aiuta tutti gli emigranti Europei, garantisce un tenore
di vita elevato e dignitoso […] Le tasse a parità
dell’Italia sono 1 a 4, per non parlare del
riscaldamento che non viene praticamente quasi
usato nei mesi invernali. Diciamo che per i pensionati
francesi ormai è una consuetudine trasferirsi in
Marocco per trascorrere una vecchiaia agiata e
rilassante. Poi non bisogna sottovalutare lo stile di
vita, cioè il Marocco pur essendo una nazione in via di
sviluppo è locomotiva dell’Africa” (Considerazioni di
un imprenditore italiano stabilitosi di Casablanca in
http://nuke.mollotutto.com/).
I rapporti tra l’Italia e il Marocco trovano un
significativo sostegno nell’immigrazione italiana
(quella storica e quella più recente di imprenditori),
ma anche nella presenza marocchina in Italia, che ha
superato il mezzo milione di presenze (IDOS, La
communauté marocaine en Italie. Un pont sur la
Méditerranée, Roma, dicembre 2013).
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