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ITALYAN DESSERTATSIYA. WORDdocx

Obiettività: si riferisce alla riduzione delle in;uenze esterne nelle misure e nelle osservazioni e si realizza nelle ricerche quantitative predisponendo rigorosi step nella standardizzazione delle attività di ricerca, nell’uso di misure psicometriche e calcoli statistici di analisi dei dati. Più difcile valutare l’oggettività degli studi qualitativi dove diminuiscono le distanze fra osservatore e partecipanti. L’oggettività di uno strumento di indagine, aggiungono Pietro Lucisano e Anna Salerni (2002), riguarda anche la “concordanza nella rilevazione da parte di diversi ricercatori (osservatori, siglatori, valutatori, giudici, correttori ecc.)” (ivi, p. 151) al ne di evitare giudizi soggettivi.

  • Afdabilità: considera l’errore casuale presente in ogni misura e verica la “costanza dei risultati ottenuti della rilevazione e dell’analisi, quando queste siano compiute da persone diverse, con strumenti diversi, in condizioni diverse, ma a parità degli elementi che costituiscono l’oggetto di rilevazione” (Trinchero, 2002, p. 174). Si calcola solitamente come rapporto fra la varianza del valore vero e la varianza totale delle misure. Per vericare l’afdabilità di uno strumento, si usano la ripetizione della rilevazione delle misure (test-retest), la somministrazione e il confronto con i risultati ottenuti dall’uso di strumenti simili che condividono gli obiettivi (forme parallele), la verica della correlazione fra i risultati ottenuti dividendo lo strumento in due parti (split-half) e il calcolo della coerenza interna come ad es. l’a (Alpha) di Cronbach (Lucisano & Salerni, 2002).

  • Validità: siamo soliti esaminare la validità di uno strumento di misura, vericando che esso rilevi ciò per cui è stato realizzato. Si parla quindi di: validità dei contenuti come rispondenza dello strumento agli assunti teorici sulla base dei quali è stato costruito; validità di criterio come confronto dei risultati ottenuti dallo strumento in esame con altre rilevazioni acquisite con strumenti diversi in maniera sincronica o nel tempo; validità di costrutto, come rapporto fra il costrutto teorico di partenza e i risultati misurati dallo strumento. A queste si aggiunge la validità di aspetto intesa come approvazione dello strumento da parte dei soggetti che saranno coinvolti nell’indagine. La validità non riguarda soltanto gli strumenti utilizzati ma l’intera ricerca che potrà essere detta valida se ogni sua parte risulterà tale: gli indicatori, i processi, gli strumenti, i risultati. Parliamo, quindi, ad esempio di validità delle conclusioni statistiche e dell’interpretazione dei dati riferendoci alla verica della validità dell’analisi dei dati. Ancora a livello di intera ricerca si distingue fra la validità interna che analizza la rispondenza e la coerenza dei risultati ottenuti con gli obiettivi di ricerca e la validità esterna che prova la possibilità di generalizzare i risultati anche ad altri contesti se è denito chiaramente il contesto di partenza della ricerca e il campione è individuato in maniera corretta (Lucisano & Salerni, 2002; Trinchero, 2002; Cohen et al., 2007).

  • Signicatività: si riferisce all’attendibilità dei risultati e trova spiegazione nell’ambito della verica delle ipotesi, della statistica test e della stima del p-value nel contesto della statistica inferenziale. Serve per decidere se l’ipotesi statistica formulata è supportata dall’evidenza empirica e, quindi, può essere attribuita alle caratteristiche e alle relazioni studiate oppure se essa dipende dal caso. La procedura adottata prevede che sia formulata una ipotesi statistica detta Ipotesi nulla, H0, che spesso rappresenta l’ipotesi che afferma che le relazioni o le caratteristiche del fenomeno indagato siano del tutto dovute al caso, e la sua complementare

    detta Ipotesi alternativa, H1, che, al contrario, è l’ipotesi che in effetti vorremmo vericare. Fissiamo α, il livello di errore che siamo disposti a tollerare indicando tipicamente come valori soglia 0,01, 0,05, 0,1. Questo corrisponde all’errore di riutare H0 se vera (“errore di prima specie”), di riutare cioè che gli eventi siano dovuti al caso se fosse davvero così. Il livello di signicatività del test, valore complementare pari a 1 – α, risulterà quindi pari a 90%, 95%, 99%.
    Il p-value, probabilità che l’ipotesi nulla sia vera e che quindi i fenomeni siano dovuti puramente al caso, esprime la probabilità che la statisticatest cada nelle regioni critiche, ossia nelle regioni corrispondenti ad aree dell’ 1%, 5%, 10% a seconda della nostra scelta del valore α. Calcolare quindi che il p-value sia inferiore al valore soglia considerato, ad es. 0,05, e di conseguenza affermare che il test rileva un livello di signicatività del 95% signica dire che l’ipotesi H0 può essere riutata e che quindi le relazioni rilevate non sono solamente frutto del caso (per una più ampia descrizione della signicatività in termini didattici si veda Mecatti, 2015).
    Questi criteri sono fondamentali per vericare l’attendibilità dei processi di ricerca e ci consentono di attuare scelte; come dice Donald E. Stockes (1997,
    p. 6), “Research proceeds by making choices”. In tale processo di scelta che riguarda l’area di studio, i modelli e le teorie di riferimento, le ipotesi, il disegno della ricerca, gli strumenti di misura e di indagine, quelli di raccolta e analisi dei dati, la comunicazione dei risultati ed eventuali follow up, bisogna prendere in considerazione le possibilità, i pregi e i limiti, che ciascuno strumento di lavoro fornisce ponendo come centrale l’obiettivo della ricerca, unico che, come si legge nella denizione dell’AERA riportata all’inizio, può indicarci come disegnare gli step che ci porteranno a vericare le ipotesi di partenza. In un progetto di ricerca dobbiamo fare in modo che tutto concorra a rispondere alla domanda di ricerca formulata a priori. Proprio come quando progettiamo un intervento didattico, a guidare la scelta delle attività e delle metodologie didattiche, delle risorse e degli strumenti da utilizzare sono gli obiettivi formativi che rispondono alla domanda: cosa saprà/saprà fare lo studente alla ne di questo percorso?
    Una delle scelte fondamentali in fase di disegno della ricerca è nell’uso di un approccio quantitativo o qualitativo, approcci distinti da metodi e strumenti di rilevazione dei dati e analisi degli stessi. L’uso dei due orientamenti di ricerca è spesso specchio di un differente paradigma di riferimento: i metodi quantitativi rispecchiano l’approccio razionalista-sperimentale e quelli quantitativi il più recente approccio fenomenologico-costruttivista che, emerso a partire dagli ultimi decenni del Novecento, ha messo in discussione l’uso dei metodi delle scienze dure in educazione favorendo un’indagine dell’esperienza umana a partire dallo studio “dei contenuti della coscienza − quali i desideri, i ricordi, le percezioni e i signicati personali” (Vannini, 2009, p. 7).
    La Tabella 1.1 mostra le differenze fra i due approcci a proposito di nalità degli studi, disegno della ricerca, strumenti di indagine e di analisi, campione individuato.


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