Procedure di protezione internazionale
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
La normativa
sull’acquisizione della
cittadinanza è ancorata alla legge 91 del 5 feb-
braio 1992, quando l’Italia si considerava un
Paese di emigranti anziché d’immigrazione.
Successivamente le acquisizioni di cittadinanza
sono aumentate, passando da 3.500 casi nel
1991 a livelli notevolmente più alti seppure an-
cora inferiori a quelli riscontrabili in altri Paesi
europei (nel 2010, per esempio, i casi di can-
cellazioni anagrafiche come cittadino straniero
per acquisizione di cittadinanza italiana sono
stati 66.000).
In Italia sono due le strade principali per
l’acquisizione della cittadinanza da parte degli
immigrati: il matrimonio con un cittadino ita-
liano, oppure un certo numero di anni di resi-
denza continuativa nel Paese. Nel primo caso,
devono essere trascorsi due anni di residenza,
in Italia, dalla data di celebrazione del matrimo-
nio (tre anni se celebrato all’estero). Un matri-
monio ogni 10 coinvolge ormai un cittadino
straniero e le coppie miste, ormai più di 260.000
(senza considerare quelle di fatto, di difficile
quantificazione poiché non definite giuridica-
mente dalla legislazione nazionale), sono fon-
damentali nel processo di trasformazione
interculturale del Paese.
Per il secondo caso, è invece previsto un
periodo di residenza regolare ed ininterrotta, in
Italia, di dieci anni per i cittadini non comunitari,
con relativa iscrizione anagrafica; è altresì ri-
chiesta la dimostrazione della disponibilità di un
reddito adeguato e il possesso dei requisiti lin-
guistico-culturali. Secondo quanto disposto
dalla legge, la procedura di esame dell’istanza
e di concessione della cittadinanza dovrebbe
durare 730 giorni: in realtà, i tempi sono molto
più lunghi ed è molto sentita l’esigenza di una
più celere trattazione di queste pratiche.
Per i figli di immigrati nati in Italia, stante la
prevalenza dello ius sanguinis (diritto di sangue),
la legge prevede che possano diventare italiani
se, oltre ad essere stati registrati tempestiva-
mente all’atto della nascita (anagrafe e resi-
denza), abbiano anche risieduto in Italia,
regolarmente ed ininterrottamente, fino al com-
pimento della maggiore età. In questo caso, de-
vono presentare entro un anno dalla maggiore
età al Comune di residenza una richiesta in cui
dichiarano di voler diventare cittadini italiani.
Il dibattito intorno alla possibilità di accesso
ai diritti di cittadinanza degli stranieri residenti –
sia nei confronti dei figli degli immigrati nati in
Italia sia nei confronti dei loro genitori da tempo
residenti o comunque portatori di un progetto
definitivo di insediamento – ha gradualmente
conquistato una centralità inedita anche nel
contesto italiano, tradizionalmente poco incline
a guardare ai residenti di origine immigrata
come a dei “nuovi cittadini” e caratterizzato,
come abbiamo visto, da un impianto normativo
in materia particolarmente restrittivo. A restituire
visibilità a una questione spesso oscurata sul
piano politico (e mediatico) dall’enfasi esclusiva
posta sulle pur comprensibili questioni securi-
tarie, è la sempre più consistente presenza di
giovani di seconda generazione (stimata intorno
ai 600-650mila): figli di immigrati nati, cresciuti
Cittadinanza: il dibattito in corso
tra ius sanguinis e ius soli
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
e formati in Italia, che restano “stranieri” sul
piano giuridico, almeno fino al compimento
della maggiore età.
Nel corso degli ultimi anni sono stati nume-
rosi i disegni di legge presentati in Parlamento
con l’obiettivo di riscrivere le norme in tema di
cittadinanza e naturalizzazione, ma fino ad ora
nessuno di questi ha completato l’iter parla-
mentare necessario per la sua approvazione.
Inoltre, va avanti una campagna di sensibilizza-
zione che vede concordi, nonostante la richie-
sta di sostanziali modifiche, tutte le
organizzazioni non governative che si occu-
pano di immigrazione. Più volte il Presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, è interve-
nuto sul tema in modo anche molto esplicito
auspicando che “in Parlamento si possa affron-
tare anche la questione della cittadinanza ai
bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Ne-
garla è un’autentica follia, un’assurdità. I bam-
bini hanno questa aspirazione” (intervento del
22 novembre 2011 in occasione dell’incontro
con le Chiese Evangeliche in Italia).
Per questi minori è evidente la divaricazione
tra lo status giuridico e l’identità personale, co-
struita nell’acquisizione del patrimonio lingui-
stico e culturale e nei legami sociali; un’intera
generazione cresce e rischia di restare straniera
nel Paese che sente come proprio, in cui è nata,
si è formata, e nel quale intende costruire il pro-
prio futuro. La mancata attribuzione della citta-
dinanza comporta quindi una condizione di
estraneità e distanza che non corrisponde al
vissuto di bambini e giovani abituati a parlare
italiano, a mangiare gli stessi cibi e a condividere
gli stessi gusti e abitudini dei coetanei. Diventa
poi un fattore concreto di marginalità nella vita
quotidiana, di difficoltà nell’accesso ai servizi e
nell’esercizio dei diritti. I giovani di origine immi-
grata possono rappresentare una forte poten-
zialità per il Paese, a patto che non subiscano
fenomeni di esclusione e che si operi nella dire-
zione della concessione di una reale cittadi-
nanza, non solo giuridica. Gli ultimi due Governi
si sono dichiarati favorevoli a una maggiore va-
lorizzazione dello ius soli, combinato con gli anni
di residenza regolare dei genitori, soluzione in-
termedia in grado di essere condivisa da una
maggioranza parlamentare. Inoltre, come è
stato sottolineato nel dibattito, i requisiti per l’ac-
cesso alla cittadinanza si intrecciano con una
sorta di ius culturae, valorizzando anche lo spe-
cifico attaccamento al Paese di chi compie i
suoi studi in Italia.
Cittadinanza: il dibattito in corso
tra ius sanguinis e ius soli
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
I respingimenti.
La Polizia dell’Immi-
grazione e delle Frontiere è abilitata a disporre il
respingimento degli stranieri che si presentano
ai valichi di frontiera senza i necessari requisiti,
segnatamente il mancato possesso di documenti
validi: visto d’ingresso, documentazione idonea
a comprovare lo scopo del soggiorno, effettiva
disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza.
Invece, il respingimento con accompagnamento
alla frontiera è disposto nei confronti di coloro
che siano entrati nel territorio dello Stato, sot-
traendosi ai controlli di frontiera, e siano stati
fermati subito dopo, oppure siano stati tempo-
raneamente ammessi nel territorio per necessità
di pubblico soccorso.
Nel passato era particolarmente accentuata
la pressione alle frontiere dei romeni, venuta
meno già a partire dalla fine del 2001 essendo
stato per loro liberalizzato l’ingresso per periodi
inferiori ai tre mesi. Successivamente, con l’in-
gresso della Romania nell’UE, sono aumentati i
flussi provenienti da altri Paesi dell’Est Europa,
dell’Africa e dell’Asia.
La legge n. 189 del 2002, all’articolo 10, as-
segna alla Direzione centrale dell’immigrazione
del Dipartimento Pubblica Sicurezza del Ministero
dell’Interno il coordinamento dell’azione di con-
trasto in mare, disciplinata dal “Decreto intermi-
nisteriale in materia di contrasto all’immigrazione
clandestina” del 14 luglio 2003. In particolare
spetta a questa Direzione centrale il compito di
acquisire e analizzare le informazioni connesse
all’attività di vigilanza, prevenzione e contrasto
dell’immigrazione irregolare via mare e il raccordo
degli interventi operativi fatti dai mezzi della
marina militare, delle forze di polizia e delle ca-
pitanerie di porto.
Le espulsioni. Se ai respingimenti può essere
attribuito un ruolo di prevenzione dell’immigrazione
non autorizzata, le espulsioni si configurano
come provvedimenti giudiziari o amministrativi
per contrastare la presenza irregolare riscontrata
sul territorio. Vi sono fattispecie in cui l’espulsione
avviene con accompagnamento coattivo alla
frontiera e altre che non prevedono tale accom-
pagnamento. La maggiore facilità di contrastare
gli irregolari alle frontiere tramite il respingimento
ha fatto sì nel passato che proprio attraverso
questo strumento sia stato realizzato il maggior
numero di allontanamenti. La legge n. 189/2002
ha incrementato le espulsioni coattive e ridotto i
casi di applicazione delle intimazioni di espulsione;
anche l’applicazione degli accordi di riammissione
e di collaborazione con gli Stati di partenza ha
migliorato il controllo delle frontiere.
L’esecuzione delle espulsioni e i ritorni in
forza degli accordi di riammissione, previo o
meno il trattenimento nei centri Centri di Identi-
ticazione ed Espulsione (CIE), dopo aver cono-
sciuto un aumento per alcuni anni, sono diminuiti
e si collocano ai livelli conosciuti alla fine degli
anni ‘90. Nel 2011 per esempio sono transitate
nei 13 CIE operativi per esito del termine di trat-
tenimento poco più di 7mila persone.
Solo una parte (circa un terzo) delle persone
in posizione irregolare individuate dalle forze
dell’ordine viene effettivamente rimpatriata.
Nel caso di nazionalità che hanno in Italia
una presenza storica, come quella marocchina,
la leggera prevalenza delle espulsioni sui re-
spingimenti lascia intendere che sia ricorrente lo
scivolamento nell’irregolarità successivamente
al mancato rinnovo del permesso di soggiorno
(in questo caso si tratta di overstayers).
Provvedimenti di rimpatrio:
respingimenti ed espulsioni
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
La questione del ritorno
volon-
tario assistito è stata prevista esplicitamente
per la prima volta dal Decreto Legislativo
286/1998 per le vittime di tratta, anche se è
stata la Legge 189/2002 a prevedere misure di
ritorno volontario assistito più articolate. Sono
stati ripresi i principi espressi nel Protocollo ag-
giuntivo alla Convenzione ONU sul crimine or-
ganizzato transnazionale, firmato dall’Italia nel
2000, a favore delle vittime di tratta a scopo di
sfruttamento sessuale e lavorativo.
Le norme attualmente in vigore in Italia re-
lative al ritorno volontario assistito assicurano
percorsi specifici solo ad alcune categorie di
persone coinvolte nelle procedure di ritorno: i
richiedenti asilo, i rifugiati, i titolari del permesso
di soggiorno umanitario e le vittime della tratta,
mentre per gli altri immigrati, come prima richia-
mato, si sono determinate delle aperture solo a
seguito dell’emanazione dell’apposita direttiva
da parte dell’Unione Europea.
Il concetto del ritorno volontario assistito si
basa sul principio della volontà personale dello
straniero, che consapevolmente sceglie di ritor-
nare nel proprio Paese d’origine dopo aver vis-
suto un’esperienza migratoria. Il ritorno
volontario non si limita esclusivamente al con-
cetto del viaggio di ritorno nel proprio Paese
d’origine, ma include tre fasi principali: le attività
preparatorie della partenza (informazioni, pre-
parativi, colloqui con il rimpatriato, iter organiz-
zativo e logistico, consulenze), il viaggio e
l’accoglienza all’arrivo nel Paese ed infine vari
programmi di reinserimento nella destinazione
finale. È rilevante sottolineare anche il fatto che
dopo il ritorno volontario, generalmente, non vi
è alcun divieto di ritorno sul territorio italiano.
I costi del ritorno volontario assistito pos-
sono variare tra i 2.000 e i 5.000 euro a benefi-
ciario, a seconda del progetto, del Paese di
ritorno e delle caratteristiche del beneficiario.
Nel caso delle vittime della tratta, infatti, i costi
possono essere maggiori, essendo il percorso
di reinserimento più complesso (processo di
reintegrazione socio-lavorativa, assistenza me-
dica, legale e psicologica e assistenza in patria
per almeno sei mesi). L’erogazione degli appo-
siti aiuti economici viene in genere determinata
sulla base della composizione delle famiglie e
del numero di minori a carico, dell’area di ori-
gine, del livello di indigenza economica e della
sostenibilità dell’intervento nel breve e medio
periodo. Il tetto massimo in genere non supera
i 1.500 euro e in tal caso riguarda famiglie nu-
merose, mentre il tetto minimo parte da 700
euro.
L’assistenza economica garantita al benefi-
ciario di un programma di ritorno volontario as-
sistito prevede il pagamento del biglietto
(aereo/nave), l’assistenza logistica dei funzio-
nari OIM alla partenza dall’Italia e all’arrivo
presso il proprio Paese di origine, l’erogazione
di una indennità di viaggio e di prima sistema-
zione, eventualmente la copertura delle spese
relative al trasporto del bagaglio, l’erogazione
di una indennità di reintegrazione.
Ulteriori servizi possono esser previsti per
l’accompagnamento di soggetti particolar-
mente vulnerabili, come per esempio le per-
sone affette da gravi patologie che bisognano
di una scorta medica.
Secondo la situazione giuridica, che è ve-
nuta a determinarsi dopo l’emanazione della
“direttiva UE sui rimpatri”, può fungere da in-
Ritorno volontario assistito
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
centivo all’adesione di un ritorno volontario as-
sistito la possibilità di evitare l’iter di espulsione
(che limita poi le possibilità di reingresso), così
come anche la possibilità di concludere il pro-
cesso di ritorno in un arco di tempo breve, gra-
zie anche alle capacità organizzative dell’OIM,
che in Italia cura per conto del Governo i ritorni
assistiti.
Dopo la connotazione della presenza irre-
golare come reato (Legge n. 94/2009), il Mini-
stero dell’Interno ritenne che non si potesse più
procedere a tale inclusione e ciò fece mancare
la collaborazione al programma da parte delle
organizzazioni sociali. Tuttavia, nell’agosto
2011, il Decreto Legge n. 89 ha esteso il ritorno
volontario assistito ai migranti irregolari, ai quali
sia stato assegnato dal Prefetto un termine da
7 a 30 giorni per il rientro in patria, in quanto ri-
tenuti non pericolosi per l’ordine pubblico e la
sicurezza dello Stato, non a rischio di fuga, non
espulsi con provvedimento dell’autorità giudi-
ziaria e non autori di una violazione delle misure
di garanzia imposte dal Questore o del mancato
rispetto del termine per la partenza volontaria.
I programmi di sostegno al ritorno volonta-
rio e al reinserimento del Paese di origine ven-
gono realizzati in Italia con finanziamenti del
governo italiano dal 1991. A partire dal 2008,
tali interventi sono finanziati dal Fondo europeo
per i Rimpatri (FR), co-finanziato dall’Unione
Europea e gestito in Italia dal Dipartimento per
le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero
dell’Interno. Il FR 2008-2013 ha una dotazione
finanziaria complessiva di circa 70 milioni di
euro, integrata da un co-finanziamento del Go-
verno Italiano e ripartita su base annuale. Il
Fondo è destinato sia alle operazioni di ritorno
forzato (attuate esclusivamente dal Ministero
dell’Interno - Pubblica Sicurezza), che agli in-
terventi di assistenza al ritorno volontario. In
questo caso, i fondi vengono assegnati dal Mi-
nistero dell’Interno - Dipartimento per le libertà
Civili e l’Immigrazione ad enti locali e realtà del
privato sociale, attraverso appositi bandi an-
nuali.
Ritorno volontario assistito
Riferimenti utili:
Bibliografia,
Normativa,
Sitografia,
Indice per parole chiave
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RIFERIMENTI UTILI
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nitari ed apolidi
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Decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197: recante attuazione della direttiva 94/80 concernente le
modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell’Unione
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dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (e successive modificazioni ed integrazioni,
incluse le sentenze di illegittimità costituzionale)
Decreto Legislativo 7 aprile 2003, n. 85: Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla conces-
sione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito
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norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri
Decreto Legislativo 25 gennaio 2007, n. 24: Attuazione della direttiva 2003/110/CE, relativa all’as-
sistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea
Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30: recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa
al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio
degli Stati membri (e successive modificazioni e integrazioni)
Legge 28 maggio 2007, n. 68: Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari,
turismo e studio
Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251: Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme
minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti
bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione ricono-
sciuta
Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (e successive modificazioni): Attuazione della direttiva
2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconosci-
mento e della revoca dello status di rifugiato
Legge 2 agosto 2011, n. 129: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno
2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE
sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rim-
patrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari
Decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108: Attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni
di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati
Decreto legislativo 16 luglio 2012, n.109: Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme
minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di
Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
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