Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
13
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Nuovi ingressi e totale della presenza di marocchini: motivi del soggiorno (2012)
Lavoro
Famiglia
Studio
Altro
Totale
Nuovi Ingressi
5.273
14.260
192
1.384
21.109
%
25,0
67,6
0,9
6,6
100,0
Totale Presenze
270.058
243.574
1.031
2.483
517.146
%
52,2
47,1
0,2
0,5
100,0
FONTE: Elaborazioni Centro Studi e Ricerche IDOS su dati Ministero dell!Interno/Istat/Eurostat
staurati dai marocchini e la maggiore percen-
tuale di permessi di soggiorno a tempo indeter-
minato.
Da tempo a livello sociale era stata richia-
mata l’estrema problematicità della situazione
degli immigrati non comunitari in questo lungo
periodo di crisi e, finalmente, la legge 92 del
2012 proposta all’approvazione dal Governo
Monti, all’art. 4, comma 30, ha portato a 12
mesi il periodo a disposizione dei disoccupati
per trovare un altro lavoro regolare, evitando
così che la perdita del posto di lavoro costitui-
sca un motivo di revoca quasi immediata del
permesso di soggiorno al lavoratore non comu-
nitario e, di riflesso, ai suoi familiari. Se l’appro-
vazione di questa modifica fosse stata più
tempestiva sarebbe stato dimezzato il numero
di quelli che hanno perso il diritto al soggiorno
in Italia.
Anche nel periodo 2007-2012, malgrado la
crisi, è stato elevato il ritmo d’aumento dei sog-
giornanti marocchini, aumentati del 25,0% (da
388.084 nel 2007 a 517.146 nel 2012).
I marocchini, attestatisi al di sopra del
mezzo milione, sono la seconda comunità di
immigrati dopo quella romena (circa il doppio).
Essi incidono per quasi la metà sulla presenza
africana e la superano in diverse regioni e in nu-
merose province, dove arrivano a incidere per i
tre quarti sulla presenza di quel continente.
Da un confronto tra i permessi di soggiorno
rilasciati agli immigrati marocchini in Italia, ri-
spettivamente nel 2001 e nel 2012, risulta che
nell’arco di un decennio i permessi di soggiorno
per lavoro sono diminuiti dal 67,4% al 52,2%,
e tuttavia si è determinato il raddoppio dei la-
voratori dipendenti (270.058 nel 2012). Di con-
verso, i motivi per famiglia sono diventati
243.574 (incidenza del 47,1%, quasi venti punti
percentuali in più rispetto a 10 anni prima).
Nel 2011 36.664 marocchini, sia in prove-
nienza dall’estero sia già residenti in Italia e
giunti al 15° anno di età, hanno ricevuto per la
prima volta il permesso di soggiorno (incidenza
del 7,1% sui soggiornanti) e 315.388 sono tito-
lari di soggiorno di lungo periodo (61,4%). Nel
2012, i 323.893 lungosoggiornanti censiti rap-
presentano, invece, il 62,5% dei cittadini ma-
rocchini titolari di permesso di soggiorno. I
nuovi ingressi, infine, sono scesi a 21.109.
Prospettive sul futuro
La collettività marocchina è stata fin dagli
anni ‘70 tra i principali protagonisti del feno-
meno migratorio in Italia e, da poche migliaia di
residenti che contava nel decennio successivo,
è arrivata a superare il mezzo milione. Tutto la-
scia intendere che la crescita continuerà, per-
ché la tendenza all’insediamento stabile è
attestata da diversi indicatori (ricongiungimenti,
aumento delle famiglie, matrimoni, cittadinanza,
acquisto della casa).
Questi flussi recenti riportano al nostro pas-
sato, quando gli italiani sono stati un popolo di
immigrati in quasi tutti i Paesi del mondo, anche
nel Marocco. Questo è avvenuto in misura mas-
siccia dalla fine dell’Ottocento alla prima metà
degli anni ’70 del secolo scorso e, in misura più
contenuta, i flussi continuano ancora oggi e
coinvolgono giovani, persone al seguito di
aziende e figure specializzate. Non è escluso
che questi nuovi flussi si dirigano maggior-
mente anche verso il Marocco e, anzi, è auspi-
cabile uno scambio più intenso tra i due Paesi.
Le seconde generazioni non sono contrarie
all’integrazione nella cultura italiana, purché ciò
non comporti la perdita della propria, e perciò
preferiscono parlare di doppia appartenenza cul-
turale e non di omologazione e assorbimento,
impostazione che sarebbe di pregiudizio a iden-
tità nuove e originali. I giovani marocchini si
sentono italiani al 50% (apprezzano dell’Italia
l’apertura mentale, la storia, l’arte, la cultura, la
cucina, senza però sottacere un clima di diffi-
denza e di pregiudizio) e per l’altra metà si sen-
tono marocchini (e del proprio Paese
apprezzano i valori d’origine e il modello etico).
La dimensione culturale è una prospettiva
14
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
PARTE INTRODUTTIVA
che potrà qualificare il futuro in maniera più
soddisfacente. Sono pochi i marocchini che
studiano presso le università italiane, come lo
sono quelli che studiano l’italiano in Marocco
(conoscenza che può garantire un inserimento
privilegiato nei flussi annuali). D’altra parte, è
ancora carente la conoscenza che mediamente
si ha in Italia del Marocco e l’interesse nei
confronti di questo Paese. L’attaccamento della
maggior parte dei marocchini all’Italia non sem-
pre ha avuto un corrispettivo da parte della po-
polazione italiana, che sovente ha mostrato
atteggiamenti e comportamenti discriminatori
in ambito sociale e lavorativo.
È stata anche avvertita l’importanza del fat-
tore religioso nella gestione del fenomeno mi-
gratorio. Del resto, la libertà religiosa (diritto
individuale di abbracciare o lasciare una reli-
gione, di professarne i principi e manifestarne il
culto) riveste, all’interno della Costituzione ita-
liana, il rango di principio fondamentale e irri-
nunciabile. Per questo motivo, nel 2007, il
Ministero dell’Interno ha stilato una Carta dei
valori, derivati direttamente dalla Costituzione,
da proporre all’accettazione di tutte le comunità
religiose al fine di evitare che la libertà di culto
favorisca la convivenza nella separatezza, ve-
nendo a mancare un collante unitario.
La fase attuale, a causa della crisi, com-
porta difficoltà supplementari. Questa colletti-
vità, nonostante alcune evidenti problematicità,
è ben avviata e può conseguire risultati ancora
più soddisfacenti ma, al momento, non è an-
cora pienamente riuscita a operare in maniera
adeguata da collante efficace tra i due Paesi. A
tal fine è necessario che gli immigrati vengano
considerati non un impedimento bensì un’op-
portunità non solo a livello occupazionale. L’im-
migrazione dei marocchini in Italia è una realtà
ben visibile, ma gli effetti postivi dei possibili
rapporti bilaterali e dell’inserimento nella so-
cietà italiana sono stati solo in parte sperimen-
tati.
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
15
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Decreti annuali di programmazione dei flussi e quote privilegiate per non comunitari (1996-2013)
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Totale Decreto Flussi
23.000
20.000
58.000
58.000
83.000
89.400
79.500
79.500
79.500
Di cui stagionali
-
-
-
-
-
39.400
60.000
68.500
50.000
Di cui non stagionali
-
-
-
-
-
50.000
19.500
11.000
29.500
Di cui quote privileg.
-
-
6.000
6.000
15.000
15.000
10.000
3.600
20.000
Marocco
-
-
1.500
1.500
3.000
1.500
2.000
500
2.500
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Totale Decreto Flussi
99.500 550.000 252.000 230.000
80.000 184.080
60.000
62.850
30.000
Di cui stagionali
45.000
80.000
80.000
80.000
80.000
80.000
60.000
35.000
30.000
Di cui non stagionali
54.500 470.000 172.000 150.000
- 104.080
-
27.850
-
Di cui quote privileg.
20.800
38.000
47.100
44.600
-
52.080
-
-
-
Marocco
2.500
4.000
4.500
4.500
-
4.500
-
-
-
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su su dati del Ministero dell!Interno e del Lavoro e delle Politiche Sociali
16
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Soggiornanti marocchini distribuiti per provincia (31.12.2012)
Marocco
%
Marocco
%
Aosta
2.560
0,5 Prato
2.401
0,5
Valle d'Aosta
2.560
0,5 Siena
1.355
0,3
Alessandria
7.969
1,5 Toscana
31.838
6,2
Asti
3.823
0,7 Ancona
3.060
0,6
Biella
3.895
0,8 Ascoli Piceno
4.446
0,9
Cuneo
11.698
2,3 Macerata
2.960
0,6
Novara
6.613
1,3 Pesaro
5.173
1,0
Torino
33.292
6,4 Marche
15.639
3,0
Verbania
1.503
0,3 Perugia
10.140
2,0
Vercelli
3.582
0,7 Terni
790
0,2
Piemonte
72.375
14,0 Umbria
10.930
2,1
Bergamo
25.371
4,9 Frosinone
1.881
0,4
Brescia
22.773
4,4 Latina
1.388
0,3
Como
6.001
1,2 Rieti
385
0,1
Cremona
5.766
1,1 Roma
9.600
1,9
Lecco
5.196
1,0 Viterbo
1.285
0,2
Lodi
3.048
0,6 Lazio
14.539
2,8
Mantova
9.060
1,8 Chieti
973
0,2
Milano
31.415
6,1 L'Aquila
3.731
0,7
Pavia
5.012
1,0 Pescara
554
0,1
Sondrio
2.412
0,5 Teramo
1.821
0,4
Varese
10.197
2,0 Abruzzo
7.079
1,4
Lombardia
126.251
24,4 Avellino
1.076
0,2
Genova
6.443
1,2 Benevento
672
0,1
Imperia
2.734
0,5 Caserta
3.315
0,6
La Spezia
2.488
0,5 Napoli
4.300
0,8
Savona
3.520
0,7 Salerno
7.489
1,4
Liguria
15.185
2,9 Campania
16.852
3,3
Bolzano
4.040
0,8 Campobasso
845
0,2
Trento
5.157
1,0 Isernia
371
0,1
Trentino A. A
9.197
1,8 Molise
1.216
0,2
Belluno
2.212
0,4 Matera
657
0,1
Padova
13.443
2,6 Potenza
914
0,2
Rovigo
4.496
0,9 Basilica
1.571
0,3
Treviso
13.688
2,6 Bari
2.800
0,5
Venezia
5.316
1,0 Brindisi
790
0,2
Verona
18.268
3,5 Foggia
2.249
0,4
Vicenza
9.550
1,8 Lecce
2.227
0,4
Veneto
66.973
13,0 Taranto
530
0,1
Gorizia
425
0,1 Puglia
8.596
1,7
Pordenone
1.797
0,3 Catanzaro
3.746
0,7
Trieste
247
0,0 Cosenza
2.998
0,6
Udine
2.121
0,4 Crotone
823
0,2
Friuli V. G.
4.590
0,9 Reggio Calabria
4.092
0,8
Bologna
15.959
3,1 Vibo Valentia
1.038
0,2
Ferrara
5.627
1,1 Calabria
12.697
2,5
Forli'
6.831
1,3 Agrigento
1.518
0,3
Modena
21.609
4,2 Caltanissetta
1.363
0,3
Parma
5.319
1,0 Catania
1.166
0,2
Piacenza
4.932
1,0 Enna
311
0,1
Ravenna
6.367
1,2 Messina
3.224
0,6
Reggio Emilia
12.457
2,4 Palermo
2.417
0,5
Rimini
2.496
0,5 Ragusa
1.187
0,2
Emilia R.
81.597
15,8 Siracusa
1.364
0,3
Arezzo
2.367
0,5 Trapani
936
0,2
Firenze
8.003
1,5 Sicilia
13.486
2,6
Grosseto
1.549
0,3 Cagliari
1.362
0,3
Livorno
2.465
0,5 Nuoro
1.082
0,2
Lucca
4.277
0,8 Oristano
344
0,1
Massa Carrara
2.177
0,4 Sassari
1.978
0,4
Pisa
4.322
0,8 Sardegna
4.766
0,9
Pistoia
2.922
0,6 ITALIA
517.146
100,0
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su dati Ministero dell'Interno/Eurostat
Lineamenti
della normativa
e delle procedure
19
NORMATIVA E PROCEDURE
L’EMN
(European Migration Network), ope-
rativa dal 2003, è una rete comunitaria istituita
dalla Commissione Europea nei 28 Stati Membri
e in Norvegia per rispondere alle esigenze di in-
formazione delle istituzioni UE e delle autorità
degli Stati Membri, ma anche per informare
l’opinione pubblica con notizie e dati affidabili
in materia di immigrazione e asilo. I temi degli
approfondimenti vengono decisi a livello comu-
nitario e di essi tiene conto la Commissione nelle
relazioni da presentare al Consiglio e al Parla-
mento. Le sintesi degli studi sono diffuse a livello
europeo e messe anche a disposizione, nei con-
testi nazionali, dei funzionari, degli operatori so-
ciali e dei media, al fine di rendere le questioni
migratorie meglio conosciute.
Il Centro Studi e Ricerche IDOS, che sin dal di-
cembre 2002 collabora con il Ministero dell’In-
terno per lo sviluppo dell’EMN in Italia, opera
come supporto tecnico al Punto di contatto na-
zionale.
Tra il 2009 e il 2013 il Punto di contatto italiano
ha pubblicato sei rapporti nazionali. Gli studi
curati hanno riguardato diversi temi: organiz-
zazione delle politiche, minori non accompa-
gnati, ritorno volontario, status particolari di
protezione internazionale a livello europeo, ca-
renza di manodopera, migrazioni circolari e tem-
poranee, politica dei visti, risposte pratiche al-
l’immigrazione irregolare. A questi, inoltre, si
aggiungono i rapporti annuali sulle statistiche e
sulle politiche migratorie, che la Commissione
Europea è solita utilizzare per valutare lo stato
di implementazione dell’acquis communautaire
e tenerne conto nell’elaborazione del suo Rap-
porto Annuale.
Per maggiori informazioni e per scaricare gli
studi citati: www.emnitaly.it.
Qui di seguito vengono riportati gli approfon-
dimenti che pongono in evidenza, sotto
l’aspetto normativo e amministrativo, le piste
dell’immigrazione regolare in Italia.
La funzione informativa
dell’European Migration Network
20
NORMATIVA E PROCEDURE
L’Italia,
tra gli Stati membri dell’Unione
Europea, è il caso più significativo di passaggio
da Paese di emigrazione a Paese di immigra-
zione. Qui gli immigrati sono andati insediandosi
in un contesto caratterizzato da un andamento
demografico negativo, dal perdurare della di-
soccupazione in vaste aree del territorio nazionale
e dal bisogno di manodopera aggiuntiva solo
in alcune realtà (dall’agricoltura alla collaborazione
familiare, dall’edilizia a certi comparti lavorativi
dell’industria), spesso sotto forma di impiego
irregolare.
Possiamo distinguere tre periodi. Il primo,
che caratterizza gli anni ‘70 e parte della suc-
cessiva decade, fu quello della neutralità. Gli
italiani o erano indifferenti rispetto ai pochi stra-
nieri presenti o semplicemente curiosi, mentre
più motivata fu e continua ad essere l’attenzione
del mondo sociale, dai sindacati alle associazioni
di volontariato. In questa fase trovavano ancora
applicazione le norme di pubblica sicurezza
del 1931 (Regio Decreto del 18 giugno 1931, n.
773, articoli 142-152).
Dalla metà degli anni ’80 alla metà degli ’90
seguì la fase che potremmo dire dell’emergenza.
L’approdo in Italia diventava sempre più appe-
tibile, ma la normativa approvata (interventi le-
gislativi del 1986, del 1990 e del 1995) mostrava
però i suoi limiti, priva di una visione a medio e
a lungo termine e carente per l’efficacia solo
formale di alcune disposizioni.
Negli anni ’90 iniziò una una fase di appro-
fondimento e, dopo un percorso tormentato,
venne varata una legge organica sull'immigra-
zione (1998), con un ridotto sostegno parla-
mentare (rispetto alle prime leggi sull’immigra-
zione) e una carente condivisione dell’opinione
pubblica, divisa a metà tra apertura e rigori-
smo.
Nella prima decade del 2000 gli interventi le-
gislativi (2002 e 2009) si sono caratterizzati per
il loro carattere restrittivo, che ha ridimensionato
le aperture della legge del 1998 senza però
abrogarla. A partire dalla fine del 2011, un rin-
novato clima di apertura è stato registrato con
i governi Monti e Letta, con la previsione di un
Ministro dell’Integrazione, scelto, rispettivamente,
tra il mondo del volontariato e la categoria
degli italiani di origine straniera.
Questa breve presentazione sociologica di
diversi decenni di esperienza di immigrazione
viene qui ripercorsa attraverso il commento
delle leggi man mano approvate in materia di
immigrazione, asilo e protezione umanitaria,
che poi verranno riprese in maniera più organica
in paragrafi dedicati ai singoli aspetti della te-
matica migratoria nella situazione attualmente
vigente.
Evoluzione della normativa italiana sugli
stranieri
Il sistema italiano concernente le politiche di
asilo e immigrazione trova i suoi primi riferimenti
nella Costituzione repubblicana. Collocandolo
fra i cosiddetti “principi fondamentali”, l’As-
semblea costituente ha voluto attribuire parti-
colare enfasi, attraverso l’articolo 10 (c. 3), al
diritto d’asilo nel territorio italiano per tutti gli
Punti salienti della normativa
italiana sugli stranieri
stranieri «ai quali siano impediti», nei loro Paesi,
i diritti concernenti «l’effettivo esercizio delle li-
bertà democratiche garantite dalla Costituzione
italiana», rinviando alla legge ordinaria circa le
condizioni sull’effettiva applicazione. Lo stesso
articolo 10 della Costituzione, inoltre, rinvia alla
legge ordinaria per quanto concerne la condizione
giuridica dello straniero, sebbene «in conformità
delle norme e dei trattati internazionali».
L’articolo 117, modificato con la legge costi-
tuzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, considera
esplicitamente “l’immigrazione” fra le materie
rispetto alle quali è lo Stato ad esercitare in
modo esclusivo (senza il concorso delle Regioni)
la potestà legislativa, mentre le Regioni sono
protagoniste in materia di integrazione.
In quel periodo, l’Italia era in prevalenza un
Paese di emigrati e in parte anche un Paese di
asilo. Alla fine del 1951 – quando l’International
Refugee Organization (IRO) fu sciolta – si con-
tavano in Italia circa 20.000 rifugiati. Nel 1953,
fu aperta a Roma una delegazione dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
L’anno seguente, con legge n. 722 del 24 luglio,
fu ratificata la Convenzione di Ginevra del 28
luglio 1951, sebbene con la “limitazione geo-
grafica” che restringeva il riconoscimento dello
status ai soli rifugiati europei; tale limitazione è
rimasta in vigore fino al 31 dicembre 1989, in
quanto abolita dal decreto legge n. 416 del 30
dicembre 1989, poi convertito nella legge n. 39
del 28 febbraio 1990. Nel 1977, la responsabilità
dell’assistenza dei richiedenti asilo e rifugiati
passò direttamente al Ministero dell’Interno, in
particolare alla Divisione Assistenza Profughi
della Direzione Generale dei Servizi Civili.
La normativa sul diritto d’asilo è stata com-
pletata “a spezzoni”, non solo per intervento
del legislatore nazionale ma anche su impulso
delle Direttive Comunitarie e a seguito di interventi
della Corte Costituzionale o di Cassazione: ad
esempio, è solo dal 1997 che una sentenza
della Corte di Cassazione ha individuato nel tri-
bunale ordinario l’organo competente a decidere
in ordine alla concessione dell’asilo ai sensi
della Costituzione.
Con la legge n. 943 del 30 dicembre 1986 fu
varata la prima legge sull’immigrazione e la
prima regolarizzazione. L’attenzione prevalente
era dedicata all’inserimento lavorativo degli im-
migrati non comunitari.
Circa quattro anni dopo, la legge n. 39 del 28
febbraio 1990 (conosciuta come “legge Martelli”),
introdusse nell’ordinamento italiano delle “Norme
urgenti in materia di asilo politico, d’ingresso e
soggiorno dei cittadini non comunitari e di re-
golarizzazione dei cittadini non comunitari ed
apolidi già presenti nel territorio dello Stato”,
regolamentando maggiormente la disciplina sul
soggiorno e il riconoscimento dello status di ri-
fugiato, con l’istituzione della Commissione
Centrale per il riconoscimento dello status di
rifugiato.
Nel 1992, in occasione del fenomeno degli
sfollati delle Repubbliche sorte nei territori dell’ex
Jugoslavia (a seguito della guerra nei Balcani),
fu il decreto legge n. 350 del 24 luglio 1992 a
prevedere interventi straordinari di carattere
umanitario proprio in favore degli sfollati.
È del 1995, invece, il cosiddetto “decreto
legge Dini” (n. 489, del 18 novembre), proposto
senza essere convalidato, salvo la previsione
sulla regolarizzazione, per disporre misure urgenti
in materia di politica dell’immigrazione e per la
regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno
nel territorio nazionale dei cittadini non comu-
nitari.
Per l’approvazione di queste norme bisognerà
attendere il 1998 (legge “Turco-Napolitano” n.
40/1998), confluita nel decreto legislativo del
27 luglio 1998, n. 286, contenente il “Testo
Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero”. Il D.P.R. n. 394 del 1999 ha poi
formalizzato il regolamento recante norme di
attuazione del Testo Unico.
Nel settembre del 2002 è entrata in vigore la
legge n. 189 del 30 luglio 2002 (la cosiddetta
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