Il personaggio e l’ambiente
Proprio come il personaggio, anche l’ambiente è inserito da Chatman tra gli esistenti del racconto, da questo punto di vista quindi potremmo dire che sono collegati tra di loro, nel senso che il personaggio fa parte dell’ambiente e l’ambiente difficilmente può esistere senza i personaggi, anche se ci si potrebbe trovare di fronte a casi di questo genere. Comunque, sembra che la funzione dell’ambiente sia segnalare le caratteristiche ed i tratti importanti del personaggio ossia “l’ambiente ‘ambienta’ il personaggio [...] e costituisce il posto e la collezione di oggetti ‘contro i quali’ le sue azioni e passioni emergono in modo conveniente”33. Però non tutti i personaggi che sono nell’ambiente hanno la stessa funzione e quindi rappresentano solo parte dell’ambiente. Per distinguere questi casi Chatman consiglia di meditare sui tre punti seguenti: 1) biologia, 2) identità (ovvero nominazione), 3) importanza. Il criterio biologico riguarda la figurazione dei personaggi: se si tratta di persone, di animali, di corpi solidi inanimati come quelli spaziali, di elementi naturali, oppure se sono antropomorfici. L’identità coincide col nome del personaggio, che distingue un personaggio dagli altri. Il nome è ciò a cui sono legati anche i tratti del personaggio. Tuttavia, come avverte Chatman, nella letteratura ricorrono anche i casi in cui, sebbene venga introdotto un nome, il personaggio fugge: non appare sulla scena oppure la sua presenza vive solo attraverso il suo nome o tramite i ricordi di uno dei personaggi principali. Come il criterio più importante, Chatman ritiene che sia l’ultimo, cioè l’importanza la quale è definita come “qualcosa di assai importante per i personaggi dei film”34, ossia quello che prepara un personaggio per i momenti in cui non è facile cavarsela. L’importanza del personaggio, comunque, consiste anche nel suo inserimento nell’azione e nella sua esistenza nel racconto, ovvero, quanto dettagliamente sono disegnati i tratti del personaggio: “più i tratti sono specifici, più pianamente emerge il personaggio”35 nota Chatman. Infine, occorre accennare ancora che nella nostra mente possiamo creare qualsiasi ambiente, mentre la presenza del personaggio deve essere sempre annunciata. “I personaggi sono difficili da presupporre. I personaggi sono lì, sulla scena, soltanto quando la loro presenza viene comunicata o fortemente implicata.”36
Gli elementi dell’ambiente
Prima di metterci a caratterizzare un personaggio, è imporatante notare anche gli elementi dell’ambiente in cui si trova perché proprio essi possono dire molto di un personaggio. Quindi, ci permettiamo di introdurre cinque modi con cui si può procedere durante la decodificazione dell’ambiente, pensati da Robert Lidell37: 1) utilitaristico usato solo per l’azione, senza alcuna tonalità emotiva, 2) simbolico si avvicina all’azione stessa, 3) “irrelevante”: di minima importanza per i personaggi e le loro azioni. All’ambiente irrilevante appartiene anche l’ambiente ironico che è molto legato alle emozioni e agli stati d’animo dei personaggi, 4) “il paese del cuore” è il tipo che troviamo nei ricordi o pensieri dei personaggi e il 5) “caleidoscopico” in cui siamo velocemente spostati dal mondo fisico esterno a quello immaginario.
3LE ANALISI La novella del buon vecchio e della bella fanciulla
Dapprima riassumiamo tutta la trama, capitolo dopo capitolo, il che ci renderà possibile giudicare meglio le relazioni tra i personaggi. Le loro dinamiche del comportamento durante la trama ci aiuteranno a scoprire più chiaramente i loro ruoli nella novella, e nello stesso tempo anche la loro gestione da parte del narratore.
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla si apre con una parte introduttiva che dà l’impressione di un prologo. Ci troviamo in un ufficio dove incontriamo il nostro protagonista, un vecchio a cui fa visita una signora la quale cerca un posto di lavoro per la giovane figlia che vorrebbe lavorare presso le reti tranviarie. Scrivendo poi alla direzione delle reti tranviarie, il vecchio s’intrappola inconsapevolmente in una matassa di coincidenze accidentali.
Con il secondo capitolo ci spostiamo subito su uno dei tram dove c’è una conducente giovane ed energica che s’impone nel ruolo di guida un po’ “trastullona” “Tutti i bambini amano di gridare quando corrono”38. Lì si profila anche il suo aspetto fisico e il modo di vestirsi che fa intuire la sua posizione sociale non proprio agiata: una fanciulla ancora giovanissima dall’aspetto quasi infantile, denutrita, dalle fattezze e la corporatura minuta. Malgrado tutto ciò all’operaia non manca la civetteria e la presunzione. Il vecchio, in confronto alla fanciulla, appare invece come un omone proveniente da ambienti molto più elevati di cui si può sentire già la levatura. Parliamo di un uomo sui sessant’anni, robusto, con i baffetti, estremamente prudente sia verso l’amore che verso gli affari.
Mentre facciamo conoscenza dei nostri protagonisti, proseguiamo anche nella storia e arriviamo al capolinea del percorso del tram: al Tergesteo dove, per appunto, si dirige il vecchio. Questi risente della corsa come se dovesse essere l’ultima e vuole ammonire la fanciulla. Lei però lo disarma con uno sguardo dolce e scintillante e talmente sconvolgente che nel vecchio si riaccendono sensazioni giovanili. Dopo il presente episodio il narratore avvia il suo discorso sul tema dei giovani innamorati e fa un paragone con l’amore provato dai vecchi. Per l’argomento trattato e il modo d’esprimersi pare che il narratore s’avvicini molto di più ad un’analisi psicologica che ad una narrazione. È una sonda nell’anima di un uomo che prova un affetto che in parte somiglia all’affetto paterno. La presente parte viene alternata alla conversazione tra il vecchio e la fanciulla. Mentre lui pare esaltato, lei racconta tranquillamente dei problemi economici della famiglia e, accorgendosi “dell’elettrizzazione” del vecchio, non ha remore nel chiedergli subito un posto di lavoro. Con una questione del genere gli dà un motivo eccellente per strapparle ancora un incontro.
Anche se il vecchio arriva tardi a Tergesteo, sta bene: “Sentendosi tanto bene, non ne poteva dubitare”39, godendo del ritorno delle avventure di giovinezza. Finite le trattative commerciali, si reca nel suo albergo preferito per pranzare e, sempre sicuro di sé, pensa che l’amore sia una sorta di compenso dopo tanti anni di solitudine e una specie di terapia per la sua anzianità. Malgrado la sicurezza precedente, poco dopo si presenta un rimorso di coscienza poiché si rende nuovamente conto della sua posizione rispetto alla ragazza di umili origini. Per lei si cala nei panni del seduttore che per lui è un ruolo abbastanza nuovo. Alla fine decide che si limiterà ad essere un filantropo che le troverà un buon posto di lavoro. Avvicinandosi l’ora dell’incontro, il buon vecchio subisce un’altra trasformazione. Prepara tutto per poter passare una serata veramente bella e anche per liberarsi dalla noia. Appena arriva la fanciulla tutta impacciata, la guarda con l’occhio di un padre e le racconta che le vorrebbe insegnare il tedesco e tutte le cose che potrebbero servire per poter ottenere un buon posto di lavoro. Dopodiché la fanciulla gli comunica che può fare qualsiasi lavoro però si riserva una mezz’ora per fare il bagno. Il vecchio capirà da queste parole che ha già sentito parlare della fanciulla prima di averla conosciuta nel tram e il rapporto nei suoi occhi conquista ormai un’importanza più grande. Si trova di nuovo ad un bivio: diventare un seduttore o no. Alla fine decide di darle per due volte dei soldi: la prima volta per lei e la seconda volta per sua madre di cui lui aveva fatto conoscenza nei giorni precedenti. Ma, a causa della sua agitazione emotiva, non è in grado di accorgersi delle sconvenienze che la fanciulla commette e commetterà ancora. Si illude ingenuamente che sarà amato da una ragazza giovanissima. In ogni caso, lei lo fa disincantare presto con alcuni cenni sincerissimi: “gli disse di non amare i giovani di preferire i vecchi”40. Comunque, gode della compagnia della ragazza finché lei c’è, però prova un sospiro di sollievo appena si chiude la porta dietro di lei e lui può ritornare alle proprie abitudini di vecchio. Non gli dicono niente i discorsi fatti da lei e dubita anche dell’affetto che sente per lei. Da questo punto in poi la inviterà quindi solo quando ne avrà voglia. Il capitolo si chiude con l’apparizione dell’infermiera che si prende cura del buon vecchio e della sua casa, e che aspira a diventare un bel giorno la signora della casa. È gelosa della fanciulla e sferra un rimprovero silente al vecchio per fargli capire che non approva la sua avventura con la ragazza che, proprio come lei, appartiene a una classe inferiore.
Il capitolo successivo dà l’impressione di una sintesi dello sviluppo del rapporto tra il vecchio e la ragazza. I loro appuntamenti sono tenuti soltanto nel caso in cui sia lui ad averne voglia e dopo averle scritto un biglietto. Questo modo di agire gli fa credre di essere maggiormente virtuoso e di avere più potere sul rapporto sebbene sia chiaro che si tratti semplicemente di un’illusione. Amando la fanciulla sempre di più, presto scoppiano in lui i sintomi della gelosia e della possessione, collegati anche con il senso di colpa. Si rende conto della sua età e del fatto che ci possano essere anche altri amanti più giovani di lui, ma d’altra parte sente che è sbagliato sottrarla la vita idonea alla sua età. Per rimediare, si comporta da moralizzatore e prende così un ruolo che non gli spetta. Invece, sembra, che lei rimanga indifferente ai suoi saggi e consigli perché ad una ragazza povera, com’è lei, conviene essere curata e protetta da un vecchio che l’aiuta con dei soldi. Il suo rapporto quindi non ha niente a che fare con l’amore, al contrario evidenza le caratteristiche opportunistiche di lei e basa il tutto sull’ipocrisia e l’approfittamento. Verso la conclusione, il narratore annuncia i cambiamenti in vista in riferimento alla salute del protagonista.
I cambiamenti si svolgono durante la notte. Di fatti il vecchio è colpito da un attacco cardiaco, al quale si accompagna un incubo in cui un topo, rodendogli la spalla, gli causa dolore. Con l’acuirsi del dolore, il topo si trasforma in una spada che penetra il suo petto e muta nelle vive impressioni della presenza della morte sotto forma di una nube tenebrosa in camera il cui silenzio tombale viene incrinato dal pianto e dal grido che sembrano potersi sentire solamente nel mondo del suo sogno. Con il regresso del malore si capisce che le sue grida erano reali perché mentre rientra in sé, crede anche di non essere stato udito dall’infermiera, poichè, se così fosse stato, lo avrebbe nuovamente rimproverato, e gli viene di nuovo voglia di vivere e di rinunciare all’amore con la fanciulla.
La mattina del giorno successivo siamo testimoni della visita di un dottore, nonchè buon amico e confidente del vecchio. Mentre viene visitato, gli racconta della storia d’amore vissuta nei giorni precedenti. Il dottore gli consiglia di dimenticare la fanciulla almeno per il momento, finché cura il suo cuore malato. Il vecchio accetta senza riserve, anzi addiritura vieta rigidamente a sé stesso di vedere ancora la fanciulla, volendo liberarsi da lei la quale, quanto s’illude, sia innamorata di lui. Per mitigare il crollo delle illusioni, le invia una lettera in cui, oltre ad una notevole somma acclusa e ad un bacio indeciso, scrive di dover recarsi in un’altra città. In concomitanza del periodo della sua convalescenza, infierisce costante la Grande Guerra che il buon vecchio vede scorrere affacciato alla finestra e la trova solo perturbante per il trattamento. È questa la prima volta nella sua vita in cui apprezza il lavoro dell’infermiera la quale però continua a rivolgergli battute acide che pian piano fanno montare nel vecchio tanto odio che finirà per non sopportarla più. Ricordando spesso la fanciulla, rimpiange la salute e la rinnovata giovinezza però persa di nuovo troppo presto. Mentre la sua salute va migliorando, nasce in lui una certa idea: trovare alla fanciulla un buon posto di lavoro. Con il migliorare delle condizioni si innesca però un circolo vizioso delle ripetizioni nei medicamenti e tale ristagno gli fa risvegliare il desiderio dell’avventura. Per svagarsi quindi trascorre molto tempo seguendo la vita dalla finestra che da su una strada sempre affollata dalla gente in attesa davanti alla panetteria per del pane di cattiva qualità per effetto della guerra. Tuttavia, la scena gli fa provare la compassione (solo per un obbligo con la propria coscienza) e finisce per invidiare la gente che può girare per la città. Non lo commuove neanche la notizia della sconfitta a Caporetto e si limita solo ad imitare i sentimenti che ha scorto nel dottore. Comincia a fargli visita anche il suo procuratore, affinché possa continuare con gli affari. Con tutto ciò il vecchio scettico non smette di mantenere per timore i riti curativi una volta avviati.
Mentre si riposa davanti alla finestra, un bel giorno gli si presenta agli occhi una scena trascendentale: la sua fanciulla accompagnata da un giovane ben vestito con in mano avvolta in guanto un ombrello. Anche la ragazza appare vestita in maniera molto più elegante di prima. Completamente sconvolto dalla gelosia e dall’invidia, cerca di immaginarsi che sia veramente giusto che la ragazza giovane e sana finalmente abbia cominciato a camminare sulle proprie gambe. In realtà ragiona in tal modo soltanto per consolare il suo cuore agitato, il che diventerà inefficace poichè non ne è veramente convinto. Prova di nuovo una grande tentazione e dall’altra parte vorrebbe riparlarle della moralità. Si agita tra una quantità di emozioni e si ritrova con una penna in mano a scrivere un biglietto alla ragazza. L’appuntamento è stabilito per il giorno successivo. Finalmente, privo del senso di colpa, trovando questa storia d’amore troppo banale e ritenendo sé stesso come un uomo né migliore, né peggiore di altri e con l’invito appena mandato, si sente di nuovo un vero benefattore sebbene poi sia visto come calcola subito quanto dovrà pagare per questa azione. Un momento dopo diventa testimone di una nuova straordinaria scena: scorge un fanciullo che tira un ubriaco per strada e, siccome gli causa dolore involontariamente, il ragazzino incassa un paio di schiaffi. Appena il vecchio vede che il fanciullo cade per terra, si mette a chiamare aiuto. Tale atto eroico, fa sì che in cuore suo creda di essere ancora più benevolo e forte di prima ancora più forte di prima, anche se gli costa una nuova scossa al cuore e la conseguente cura. Poi si pavoneggia davanti all’infermiera cui si confida il proprio eroismo che però non fa l’effetto desiderato. Ricordando la scena tra l’ubriaco ed il fanciullo giunge alla convinzione di una similitudine tra quel ragazzo e la fanciulla. I pensieri opprimenti non gli permettono nemmeno di addormentarsi e quando ci riuscirà, alla fine fa un sogno sulla propria coscienza sporca. Vede sé stesso come un ragazzo che cammina accanto alla ragazza e per la stanchezza vorrebbe liberarsi dalla sua mano, e ci riuscirà solo cadendo per terra, mentre la ragazza continua a camminare ed a comportarsi in modo provocante. Si sveglia sudato, disgustato e anche questa volta ritrova una corrispondenza con il proprio caso. Dopo l’analisi del presente episodio, il buon vecchio sente una voglia ancor più forte di vivere e ne parla anche al dottore. Questi lo incoraggia e pensa che questo sia il modo più opportuno per portarlo sulla strada della rinascita della salute e della giovinezza. Non intuisce però che lui ne vuole approfittare per risvegliare apposta dei rimproveri della sua coscienza. Quel pomeriggio, prima della visita della fanciulla, gode di un sonno salutare e forte come di quello di un bambino. Risvegliatosi, prepara le cose per l’appuntamento, cercando di addolcire almeno un po’ la pilolla amara che sta per servire alla fanciulla. L’infermiera, anche se preoccupata del destino della ragazza, invidia con quanta eleganza il tutto venga tutto mascherato.
Il nuovo appuntamento però rovescia completamente la situazione. Dal momento stesso in cui vede la fanciulla, il buon vecchio desidera iniziare di nuovo la cura dell’amore. Dapprima le spiega che il suo silenzio non è stato causato dalla partenza per un’altra città, bensì dell’angina. Durante la conversazione il buon vecchio si accorge delle trasformazioni nella fisionomia, nell’aspetto e nel comportamento a cui la ragazza è pervenuta nel periodo in cui non si sono visti e rende anche conto del notevole contrasto tra la sua eleganza raffinata e la noncuranza di lui. La sua testa diventa di colpo un viavai di numeri, perché si mette a calcolare tutte le varie somme che aveva investito per lei. È convinto che quelle non abbiano dovuto coprire tutte quelle cose. La fanciulla non lavora da molto presso le reti tranviarie e oramai non si vergogna neanche di chiedergli di trovarle un nuovo posto di lavoro e con la civetteria, che le è intrinseca, gli insinua la proposta che potrebbe adottarla. Ricordando poi il loro primo incontro, sembra che il buon vecchio si sia disintossicato dopo una pesante sbronza e veda finalmente la realtà in modo chiaro. Alla fine però capirà che dietro tale atteggiamento elegante si nasconde sempre la stessa volgare popolana, la quale oramai annuisce sempre più indolentemente a tutti i suoi discorsi moralizzatori. Quando il buon vecchio le chiede dell’individuo con cui l’ha vista, lei si pronuncia su di lui dicendo che si tratta di un cugino. Anche se il buon vecchio non le crede del tutto, consapevole del proprio peccato precedente, è commosso dalla docilità di lei. Apparentemente accontentato dalle sue repliche e con leniti i rimorsi della propria coscienza, le dà l’addio di nuovo con una grossa somma.
Soddisfatto di sé stesso, per ritrovare o assicurare l’equilibrio interno, si confida subito con la sua odiata infermiera dell’episodio recente. Appena sentita l’entità della somma che ha rimesso alla fanciulla, l’infermiera cerca di approfitarne con un accenno impietoso sull’onestà della fanciulla e mette in dubbio tutto quello a cui il vecchio credeva e quindi gli fa anche capire quanto si sia comportato male. Invece di offrirle un posto di lavoro davvero, come quello della sua infermiera per esempio, aveva deciso di mantenerla come amante. Tal fatto sminuisce anche l’ eventuale amore che avesse provato per lei e che forse avrebbe potuto trasformarsi in quello paterno. Vuole di nuovo mitigare i rimorsi con un’altra somma e ancora più alta. Sentendo improvvisamente un immenso bisogno di consultarsi (come se si trattasse di una delle sue transazioni commerciali) e non avendo nessuno con cui sfogarsi, si affida alla scrittura. Consegna la propria coscienza alla carta la quale può digerire che voleva sfruttare la fanciulla senza alcun prospetto d’un lieto fine per lei, a differenza della società la quale l’avrebbe condannato senza sconti. A questo punto scrive della moralità che forse dovrebbe colpire tale ragazza popolare. Tuttavia, quanto parole morali scritte con tanta cura dovrebbero smuovere una ragazza popolare già annoiata da esse e da lui? Quella notte il vecchio si ritroverà tra gli artigli della morte a causa di un altro sogno. Si rende conto che la ragazza è già penetrata nella sua vita dalla quale non è più in grado di sradicarla tanto facilmente. Gli piacerebbe che lei diventasse parte integrante della sua cura, ciononstante la avvisa che non vada a trovarlo se non dietro esplicito invito perché è malato. L’amore appassionato si trasforma in quello parterno e il buon vecchio si delizia con l’idea della salvezza della fanciulla dalla venalità, lasciandole nel testamento tutto il suo patrimonio. La vuole rieducare e sollevare dal fango morale in cui è stata gettata sebbene avesse avuto la sua assistenza cosa di cui è pienamente consapevole ed in tal modo vuole porre rimedio alla propria colpa. Le sue riflessioni rimangono però solo sulla carta. Il tempo passa, il buon vecchio non chiama la ragazza per poter mettere in pratica tutto quello che ha scritto. Resta dunque solo con le sue teorie da cui esclude sia la ragazza, sia sé stesso, colui che dovrebbe essere inserito tra gli altri uomini che una volta si sono sbagliati in maniera eclatante. Il suo caso si distingue: lui è purificato essendo sincero almeno con sé stesso e costruendosi uno scudo prottetore che consiste nel teorizzare. “Dei rapporti fra vecchiaia e gioventù”, questo è il titolo delle sue scritture riviste più e più volte che all’improvviso non devono servire soltanto ad una ragazza del popolo per la quale ne vale la pena più. Sprofonda nel proprio ego che, in più grazie alla scrittura, si trova molto di più in armonia con la natura. Vorebbe leggere l’opera a qualcuno. Dapprima invita l’infermiera la quale però lo offende dicendogli: “Ancora di quella lì si occupa lei?“41 Alla fine prova a rivolgersi di nuovo all’amico-dottore che riesce a comprenderlo appieno sebbene non sia capace di immedesimarsi nelle sue teorie. Nonostante l’età, non si possono secondo lui, ignorare alcune verità della vita. Grazie al dottore comincia ad intendere la vecchiaia come una malattia, o meglio come la giovinezza che deve affrontare la malattia della vecchiaia con i principi morali. Alla fine nemmeno il dottore si rivelerà il confidente perfetto. Risolve quanto la giovinezza è obbligata alla vecchiaia. Si entusiasma però tanto per le teorie, che aggrava anche le proprie condizioni di salute. Invita di nuovo la fanciulla per rigenerare il rimorso che gli ispira la scrittura, ossia, sulla teoria della propria coscienza. Tuttavia questa visita sarà soltanto un’ulteriore disillusione. Al buon vecchio sarà di nuovo rimproverato il ruolo di seduttore, ma anche la ragazza rimane con la coscienza sporca, per essersi fatta scappare imprudentemente quanto le interessi il testamento di cui lei non avrebbe dovuto sapere niente, del cui il vecchio nemmeno si accorge. Completamente deluso dopo l’incontro vorrà rifare il documento, ma poi lascerà perdere.
Nell’ultimo capitolo il narratore medita un po’ sulla teoria, sul teorizzare e sui teorici e troviamo anche il buon vecchio che medita sulla lunga introduzione in cui scrive del contatto tra giovani e vecchi i quali devono affrontare con coraggio le malattie, perché possano sempre ammaestrare i giovani. La seconda parte dell’introduzione è dedicata al tornaconto che per l’anzianità risulta dal rapporto sincero con la gioventù. La prima parte dell’introduzione parla anche della situazione attuale e della rivalità tra giovani e vecchi. Anche il capitolo successivo dell’elaborato apparteneva all’introduzione. C’è poi il capitolo di carattere polemico riguardante la vecchiaia come una continuazione della giovinezza che è ulteriormente diviso: in una prima parte è spiegato come organizzare la società, affinché ci siano anziani sani; e nella seconda parte è esposto come abituare la gioventù a un rapporto equilibrato con le persone appartenenti alla terza età. Appaiono varie idee suddivise nelle numerose buste però le idee non saranno mai concluse, mai complete. Cosicché succederà che la tensione continua – il continuo risolvere delle questioni senza risposte accumulate da una parte – lo getta negli artigli della morte una volta per sempre.
I personaggi de La novella del buon vecchio e della bella fanciulla
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla rappresenta una delle opere che dovevano far parte della prima raccolta novellistica di Svevo la quale “sarebbe dovuta essere una trilogia, composta da Vino generoso, da Una burla riuscita e da ‘La novella del buon vecchio e della bella fanciulla’.“42
La storia de La novella del buon vecchio e della bella fanciulla è raccontata dal narratore esterno onniscente, vista la presenza costante ma irregolare della parola “nostro” che serve al narratore per avvicinarsi meglio al lettore per far sì che la novella dia l’impressione di “detto tra di noi”: “Vi si trovava anche il nostro vecchio.”43 e il “nostro vecchio” come se dovesse servire per dimostrare un certo tipo di rapporto che può nascere tra un uomo anziano ed una ragazza molto più giovane di lui. Infatti, dà impressione di una sonda nel mondo dei pensieri e dei ragionamenti possibili di un vecchio. Le interpretazioni, i giudizi o le generalizzazioni quindi non sono rare: “Ciò prova che i vecchi sono ben vecchi quando hanno da fare.”, “I vecchi amano la chiarezza negli affari.”, “I vecchi hanno furia perché la legge di natura sui limiti di età incombe su loro.”, Tutti sanno la potenza dell’amore.”44 ecc., e spesso non sono privi dell’ironia che ancora sottolinea la stravaganza del protagonista: “Veramente una figurina signorile e gradevole. Ben pasciuto in mezzo a tanta gente pallida e anemica.”45. Alle attività del narratore della novella presente, le quali lo rendono palese, appartengono anche le analisi della situazione psicologica sparse irregolarmente in tutta la novella: riflessioni sulla giovinezza rispetto alla vecchiaia, sulla teoria, sul teorizzare e sui teorici e alla fine anche sul riassunto dell’elaborato mai compiuto dal buon vecchio. Si tratta delle attività mentali che non appaiono appartententi al protagonista, bensì al narratore stesso, oppure quelle s’incrociano nei casi quando tutti e due sono d’accordo.
Nella novella abbiamo in complesso nove personaggi che potremmo distinguere in tre linee a seconda del loro rilievo. La prima in cui sono coinvolti i protagonisti che subiscono qualche evoluzione: il buon vecchio, la bella fanciulla. Nella seconda linea si affacciano i personaggi di cui non riusciamo a percepire la coscenza, perciò non siamo consapevoli del loro sviluppo interno, però influenzano lo sviluppo degli avvenimenti ed eventualmente anche lo sviluppo interno dei protagonisti: l’infermiera, il dottore, la madre della ragazza. La terza spetta ai personaggi di cui non abbiamo nessun’informazione precisa, quasi dei fantasmi che conosciamo solo per nome o per gli appellativi. Anche loro però sono causa di svolte significative per i protagonisti: il procuratore, il fanciullo e l’ubriaco sulla strada, il presunto cugino della fanciulla. I personaggi si affacciano anche nei sogni del protagonista.
Il buon vecchio
Il protagonista della novella è presentato tramite una caratteristica diretta, sebbene ridotta. Abbiamo a che fare con un impiegato sui sessant’anni con i baffetti il quale non dovrebbe soffrire la penuria di beni causata dalla guerra mondiale perché “a lui dalla guerra risultava la ricchezza e l’abiezione”46, tuttavia, qualche insoddisfazione c’è: la giovinezza passata e il rifiuto di accettare la nuova stagione della vita che porta con sé il malumore, la malattia e quindi il desiderio di una salutare avventura. D’altra parte vediamo però che in lui c’è sempre anche la volontà di conservare la prudenza, la generosità, che il narratore trova tipica per la sua età, anche dopo l’incontro con la fanciulla che irrompe nella sua vita come un uragano. È sconvolto dalla civetteria di lei e l’accetta dapprima con diffidenza, ma nello stesso tempo ne è affascinato e assolutamente disarmato dalla spontaneità. Per questa ragione presto prende un abbaglio perché lei all’improvviso rappresenta quella bell’avventura salutare per la sua vita piatta, qualcosa che gli fa provare delle vere emozioni, compensare la solitudine e magari curare anche la sua vecchiaia, rievocando la giovinezza. Essendo consapevole dei vantaggi materiali che ha rispetto alla fanciulla povera, ha bisogno di esimersi anche dalla sensazione di essere un seduttore-sfruttatore, dunque preferisce considerare sé stesso per un filantropo. Per mettere a tacere la coscienza sporca, spende così grasse somme di denaro per gli appuntamenti con la fanciulla. S’illude ancora di essere amato (ma non n’è convinto): “Ama tante mie cose che un poco può amare anche me.”47; di aver richiamato la giovinezza almeno nella sua anima, in realtà costruisce in sé l’autoinganno. Tuttavia, anche se ora c’è la ragazza nella sua vita, c’è sempre anche la vecchiaia: le esperienze, i vizi, le abitudini legati ad essa e quella non si può ingannare, è innegabile e installa tra di loro una barriera generazionale. Il buon vecchio si rende conto di non aver niente di cui discutere con la fanciulla: “Fu però lieto di vederla partire e di restare solo. Egli era uso alla conversazione delle persone serie e non gli era possibile di sopportare per troppo tempo il vacuo discorso della bella giovinetta.”48 In lui si mescolano di nuovo diverse sensazioni opposte tra di loro: è infastidito della presenza di lei e consapevole della disonestà del rapporto, tuttavia non riesce a farne a meno. Non ci vuole molto tempo prima che diventi ossessionato da lei, geloso: “A un dato momento gli si figgeva in mente il pensiero che la giovinetta senza dubbio avesse degli altri amanti e tutti giovani quanto lui era vecchio.”49 e nello stesso tempo prova il senso di colpa per essere proprio lui a godere degli anni più belli della fanciulla. Non c’è da meravigliarsi che la mescolanza di tante nuove emozioni non provate per lungo tempo causi l’attacco cardiaco e nel buon vecchio si risveglia il meccanismo difensivo che lo mette in guardia. Se prima chiamava l’egoismo precedente come filantropia, adesso non succede altro che si smaschera il lato oscuro del rapporto opportunistico e in un certo senso malsano. L’attacco cardiaco ricorda al protagonista che non è più giovane e lui allora decide di rifiutare di rischiare ancora con la salute, ovvero preferisce rinunciare all’amore della fanciulla. Quando alla fine l’avrà fatta sentire in colpa, ha bisogno di disfarsi di lei, comunque, sempre convinto di essere amato da lei, paradossalmente si preoccupa anche di non ferirla: ferito al cuore fisicamente comincia a preoccuparsi del cuore – in senso metaforico – della fanciulla. Ma in realtà è generalmente poco interessato alle cose che lo circondano e che non minacciano la sua esistenza. Con la malattia ritorna inevitabilmente anche la sua insoddisfazione la quale è come se si moltiplicasse quando deve sopportare le cure fatte dell’infermiera che odia per le solite battute amare di lei. Sente la mancanza della fanciulla, come la brezza primaverile della giovinezza in autunno, sullo scorcio della vita e pensa a quello che potrebbe fare per lei. Ripiomba nella quotidianità e diventa di nuovo molto indeciso su quello che vuole: da una parte una certa quotidianità gli dà la tranquillità necessaria per la cura della malattia, dall’altra, lo rende stufo, annoiato e lui desidera provare emozioni come prima. Alla fine sarà nuovamente invidioso della gente, quantunque povera e abbattuta dalla guerra, della loro salute, alla giovinezza ecc., ovvero delle cose che gli mancano: “La fila alla porta del fornaio era già costituita, tanto lunga che anche di notte macchiava di nero il marciapiede. Neppure allora compianse sinceramente quella gente che aveva sonno e non poteva andare a dormire. Egli aveva il letto e non poteva dormire. Stavano certo meglio i componenti della fila!”50. Vedendo poi la fanciulla in compagnia di un ragazzo giovane, sentirà risalire anche la gelosia. Alla fine però vediamo la volontà di seguire il buon senso, ossia la razionalità che non esula dalla normalità: pensando alla legge di natura che fa sì che la giovinezza appartenga alla giovinezza e la vecchiaia alla vecchiaia. Comunque, tal buon senso si trasforma velocemente nel bisogno di ridare anche le lezioni di moralità alla fanciulla di cui pensa che possa essere viziata. Le lezioni di cui evidentemente (e ne è consapevole) avrebbe bisogno anche lui stesso: “Egli vedeva chiaro che nel comportamento della giovinetta era implicata una propria responsabilità. [...] ’E’ certo’, pensò il vecchio ‘che gli altri sono peggiori di me e che oggi , poi, io sono superiore a tutti.’ [...] Così egli aveva condotto quell’avventura ch’egli per diminuirne l’aspetto sconcio, aveva voluto designare di ‘vera’.”51 Purtroppo, successivamente sembra che conosca la fanciulla veramente poco: mentre lui calcola solamente, quanto gli costerà l’appuntamento, lei sembra aver già tutto ben calcolato. Tuttavia si ritrova nei rimorsi che vuole eliminare con i soldi e non gli basta nemmeno il sogno premonitore per fargli evitare il nuovo appuntamento con la fanciulla con cui vuole essere generoso al massimo. Anzi, lui desidera fortemente incontrarla per esimersi per sempre dai rimproveri della responsabilità alla gioventù e per poter finalmente dedicarsi alla cura della propria salute. Credeva che avrebbe inferito sulla fanciulla, invece quello che succederà, dà l’improssione inversa: è come se la fanciulla avesse la meglio sul buon vecchio, il quale in quel momento vediamo negletto, eppure nuovamente sconvolto e disarmato di fronte a lei. Vuole sempre giustificare i fatti, i propri dubbi, che si sono risvelti in lui a causa dei rimproveri continui. Sebbene sia opportunista, nel buon vecchio si nasconde anche un eterno sognatore e continua ad illudersi sull’ingenuità della fanciulla che lo priva di ogni dubbio ma questa volta anche di tutte le illusioni. In contrasto con il buon vecchio, lei non s’illude e non si tormenta per i rimorsi. Malgrado la volgarità e l’impudenza della fanciulla, il buon vecchio, con la mente offuscata, si commuove e, pagandola, crede di scontare anche il peccato ma non ne è convinto. In quel momento lo possiamo vedere debole come se fosse lui quel fanciullo ferito, deluso e rimproverato dall’infermiera. Vuole fare la morale, dare consigli, invece è a lui che servirebbe un consiglio su come cavarsela: “Ed egli si vide misero e piccolo.”52. Purtroppo non c’è nessuno, dunque il buon vecchio sognatore non può che mettersi a confidare ai fogli le proprie osservazioni sul rapporto tra i giovani ed i vecchi. Scopriamo due nuovi lati che contrastano nel buon vecchio indeciso: il vecchio con l’anima di un fanciullo, sognatore che vuole essere curato dall’aiuto della giovinezza, della fanciulla e il vecchio anziano che vorebbe curare la fanciulla sollevandola del fango morale. Comunque, tutti e due gli atti potrebbero essere uniti in uno solo “se egli avesse presa con sé la giovinetta e messa al posto di quell’odiosa infermiera.”53 Solo che c’è sempre presente l’indecisione del protagonista: da una parte gli mette angoscia l’amore appassionato che gli aspira il resto dell’energia: “La giovinetta eternamente a sé da canto! La grande angina sarebbe intervenuta ben prima. [...] Lo seccava ch’essa con lui continuasse ad assumere quelle arie di sirena e questa era la ragione per cui egli ora non avrebbe potuto sopportarla accanto a sé.”54 Dall’altra parte, questi affetti si mescolano anche con l’amore parterno, perciò “poteva riparare anche ad altro. Provando per essa solo un affetto paterno poteva pur tentare di educarla. [...] Bisognava salvarla mutandola in modo da farla ridivenire la buona, cara fanciulla.”55 Distaccandosi però dalla fanciulla, può finalmente calarsi perfettamente nel proprio ego e cercare la verità delle cose il che lo allontana anche dagli altri, poichè li vuole convincere delle scoperte insensate e ridicole. Rimane, quindi, sempre più solo e incompreso. L’ultimo appuntamento con la fanciulla, da cui sperava di ottenere un aiuto, alla fine lascia in lui il marchio di seduttore e di abbagliato che si è fatto derubare.
La fanciulla
Dalle caratteristiche del protagonista, proseguiamo all’altro personaggio importante, quello della fanciulla. Nel suo caso, il narratore è più estroverso e ci consegna una caratteristica diretta più dettagliata addiritura due volte. La prima volta quando conosciamo la fanciulla assieme al buon vecchio durante il viaggio al Tragesteo: ci viene presentata come una ragazza di vent’anni, molto magra a causa della guerra, dell’aspetto ragazzesco, dalle fattezze e corporatura minuta. Il suo aspetto puerile corrisponde anche al comportamento, ossia decisamente irrequieto, un po’ infantile, eppure provocante, civettuola e, malgrado la povertà, anche vanitosa. La seconda volta, dopo la pausa di circa cinque mesi di silenzio tra lei e il buon vecchio, la vediamo poi vestita da gentildonna: con eleganza raffinata, le fattezze che sono ora più simili a quelle di una donna matura: “Attorno alla bocca che cinque mesi prima gli era sembrata un fiore appena sbocciato, qualche linea s’era spostata.”56 A differenza del buon vecchio lei attraversa un’evoluzione forte e molto veloce ma dentro rimane in gran parte la stessa persona che avevamo trovato all’inizio della novella. Incarna una ragazza del popolo, semplice, maleducata e decisamente astuta: coglie subito l’occasione per attaccarsi al buon vecchio e chiedergli un’offerta di lavoro, ossia un appuntamento – è stato lui che le ha concesso quel lavoro dalla Tramvia – perché lui ne ha la facoltà: “’Se Lei volesse, a Lei sarebbe facile di trovarmi qualche cosa di meglio’, e lo guardò immediatamente per vedere sulla sua faccia l’effetto di quella preghiera.”57 A lei evidentemente non da disturbo accontentare anche dei capricci di un “buon vecchio” agiato, cosicché, vedendo il suo ardore, gli offre sé stessa lasciando poi mantenersi come un’amante: “Dichiarò che era disposta di lavorare tutto il giorno a patto che le si sachiasse mezz’ora di tempo per il suo bagno. [...] Adesso, appena, avrebbe potuto intendere, se ci avesse pensato, la ragione per cui la madre della giovane aveva menzionato il bagno. [...] La guardò ridendo negli occhi, quasi volesse irridere al proprio sforzo morale, l’afferrò per una mano e l’attrasse a sé.”58 È ben consapevole quanta affascinazione risvegli nel buon vecchio, eppure rimane superficiale ed ipocrita: ogni suo gesto è una finzione sfacciata (che non corrisponde assolutamente all’idea degli affetti puri di cui s’illude il buon vecchio) con un unico scopo, cioè sfruttarlo fino all’ultimo: “La giovinetta ebbe così l’arduo compito di dover accettare per ben due volte il denaro, e fingere per due volte di non volerne. Per una volta è facile e tocca a tutte. Ma la seconda volta?[...] Anche la terza volta avrebbe detto: ’Del denaro? Io non ne voglio!’ e l’avrebbe preso dichiarando: ‘Ma io ti voglio bene!’. La sua decenza arriva a diventare indecenza: in realtà non si rivela meno opportunista del buon vecchio, perciò non avrebbero niente da rimproverarsi tra di loro, tuttavia lei rimproverà il buon vecchio, sferrandogli un colpo impietoso: “’Perché credi ch’io ti debba denaro?’ domandò sorridendo. ’Non sei stato tu che m’hai sedotta?’ domandò la povera giovinetta che doveva esser stata istruita da qualcuno.”59 Dov’è sparito l’amore di lei? Per la seconda volta (dopo l’interruzione di cinque mesi), vedendo quanto gli mancasse il buon vecchio, non si vergogna nemmeno di chiedergli di adottarla e senza scrupoli gli fa credere quello che aveva visto con lei era soltanto suo cugino. Però a quel punto si dimostra malaccorta rispetto a quello che dice. La frase: “’Io ti volevo bene perché mi piacevi con quel tuo aspetto distinto!’” è in contraddizione con quella che segue: “’Se poi’ essa aggiunse mangiando ‘tu volessi adottarmi da figlia, bada che siamo ancora in tempo. Non sarei forse una bella figlia?’”60. Come se non le bastasse più approfittare solo della sua posizione di amante, ma anche di quella della figlia. Più avanti capiremo che ciò a cui aspira è l’eredità: “le raccontò che l’aveva ricordata nel proprio testamento. ‘Lo so e te ne ringrazio’ disse essa. Il vecchio non rilevò la stranezza per cui essa credeva di sapere di un suo testamento ch’era tenuto segreto.”61
L’infermiera
Il personaggio di minore rilievo della seconda linea è rappresentata dall’infermiera. È un personaggio molto silenzioso in gran parte della novella, che dà spesso l’impressione di un’ombra e, siccome sovente entra in scena rimproverando il buon vecchio, potremmo attribuirle anche la denotazione di ombra della sua coscenza sporca: “Non gli perdonava i suoi trascorsi e vi faceva allusione di sovente. [...] ‘E’ tuttavia di quella (dose di sciampagna) ch’era stata acquistata per tutt’altro scopo’.”62 Per quel che riguarda il lato fisico, il narratore non concede delle informazioni al lettore. Quello che sappiamo è che si prende cura della casa del vecchio e del buon vecchio stesso. Appena verrà a conoscenza dell’avventura di lui con la fanciulla è disgustata, questo però solo per l’indivia che la divora. Ci accorgiamo che anche lei è opportunista perché le piacerebbe sfruttare il posto di infermiera per essere promossa a signora della casa, perciò non riesce a sopportare la fanciulla che, al contrario di lei, pare che possa ben assumere il posto a cui aspira lei. La sua gelosia e l’odio scaturiscono anche dal fatto che la fanciulla appartiene alla sua stessa classe sociale ma la fanciulla ha il vantaggio della giovinezza, della bellezza e probabilmente anche dell’amore del buon vecchio: “Essa – non più tanto giovine – aveva sempre sperato di finire padrona di casa. Poi aveva pensato che il ritegno del vecchio fosse dovuto al suo spirito di casta e vi si era rassegnata [...] Ora essa aveva potuto vedere per un istante la giovinetta quando costei s’allontanò. Apprese perciò che lo spirito di casta non impediva nulla al buon vecchio. Si rivela invidiosa anche nel momento in cui il buon vecchio ordisce i suoi piani legati al momento dell’amaro addio alla fanciulla: “Assistendo a tanti preparativi, la sua infermiera s’allarmò. Non avrebbe essa avuto il dovere di avvisare il dottore?[...] Ma l’infermiera non si quietò. Per quanto non le mancasse nulla in quella casa, pure le spiacceva di veder preparati per altri quei buoni cibi.”63 Dopo tutto anche lei sferra al buon vecchio un colpo morale quando gli fa capire la cattiveria del comportamento con la fanciulla, che mantiene come un’amante, e con ironia anche i dubbi dell’onestà della fanciulla: “’In quanto a quella lì’ l’accenno vago della manno era per la fanciulla ‘le è facile di ricordare le belle lezioni di morale da voi date; è certo che ne approfittò per bene.’”64 Il buon vecchio poi non è risparmiato anche dalla sua pungente riprovazione riguardante il suo sforzo di scrivere un saggio della gioventù.
Il dottore
Anche il dottore è un personaggio di minore importanza. Tuttavia, anche se appare poche volte, a differenza dell’infermiera, ne possiamo udire i dialoghi tra lui e il protagonista: “Il dottore che aveva la stessa sua età ed era suo antico amico lo trattava con grande confidenza: ‘Tu potrai andare dalla tua amante solo quando te lo permetterò io.’”65 Per il buon vecchio rappresenta un coetaneo, amico e consigliere che lo sostiene e incoraggia nel periodo della sua convalescenza. Solo dopo essere stato invitato dal buon vecchio ad esprimere la propria opinione sul suo saggio riguardante il rapporto tra la giovinezza e la vecchiaia, allora esprime il parere: “Pareva che questi amasse la teoria. [...] Però gli era difficile di accettarla per sé. Anche lui vecchio, trovandosi in buona salute, guardava col vivo desiderio della persona intelligente alla vita e non ammetteva di essere escluso da alcuna sua manifestazione.”66 È un uomo realista che vive la realtà e che rifiuta di vivere un sogno.
Il procuratore, il fanciullo e l’ubriaco sulla strada, il presunto cugino della fanciulla
Il procuratore è uno di questi che incontriamo una volta quando va a trovare il buon vecchio nel periodo della sua convalescenza. Si tratta però solo di un accenno da parte del narratore: “Nel pomeriggio, quando stava bene, riceveva il suo procuratore, un vecchio impiegato che godeva di tutta la sua fiducia.”67
Mentre il procuratore è solo accennato, la madre della fanciulla è ben vista e udita subito nella parte del prologo dove discute con il buon vecchio e lo persuade affinchè trovi un posto di lavoro per la fanciulla: “In un breve istante di riposo dovette ricevere nel suo ufficio una vecchia donna che gli presentava e raccomandava una fanciulla, la propria figlia. [...] ‘Mia figlia accetta qualsiasi impiego per l’intera giornata purché le avanzi il breve tempo di cui ha bisogno per il suo bagno quitidiano’.68
Attraverso gli occhi del protagonista vediamo poi il fanciullo e l’ubriaco: “Un fanciullo di forse otto o dieci anni, scalzo, scendeva la via traendosi dietro per mano un uomo evidentemente ubbriaco.”69
Lo stesso caso è rappresentato anche dal cosiddetto cugino della fanciulla che è visto dal progonista alla finestra: “La giovinetta passasse giusto allora dinanzi al balcone occupato da lui. [...] L’accompagnava un giovinotto vestito esageratamente alla moda, inguantato, un fine ombrello.” 70
Riassunto
Come abbiamo visto, il buon vecchio rappresenta un personaggio solo difficilmente definibile. È un personaggio con un segreto, poichè ha due facce (quante volte abbiamo dichiarato “da una parte e dall’altra”): per il fatto che il protagonista è sempre ad un bivio, sembra finto e risulta ipocrita anche davanti a sé stesso. Accennando al profilo dei suoi atti, abbiamo scoperto la catena causale della vastissima gamma di tratti. Ne citiamo almeno i seguenti: l’anziano con l’anima di un fanciullo indeciso, debole e vulnerabile, maneggiabile; eppure egocentrico ed opportunista. Ridicolo per gli altri se ritiene che la vecchiaia sia una malattia e la vuole curare circondandosi dalla giovinezza.
Anche se non attraversa una forte evoluzione, è caratterizzato da una grande quantità di tratti sparsi sullo sfondo delle scene nell’ambiente per lo più “utilitaristico” – l’ufficio oppure la casa del buon vecchio – siccome servono solo per azione senza alcuna sfumatura emotiva (tranne “i paesi del cuore”, ossia dei sogni del buon vecchio) in cui il protagonista sta al centro. Alla fine, anche al lettore può dare l’impressione di una persona reale da ricordare, cioè anche per il fatto menzionato all’inizio: il narratore espone la storia del buon vecchio come se fosse uno di noi; perciò, a seconda della tipologia, possiamo permetterci di assegnargli il titolo di personaggio a tutto tondo.
Dopo aver focalizzato la fanciulla, abbiamo scoperto che lei attraversa un forte sviluppo. Lo perciepiamo soprattutto attraverso gli occhi del buon vecchio: la prima volta la incontriamo come una ragazza povera, birichina, e dopo un periodo nel ruolo di una ragazza che si finge quasi una gentildonna però con il carattere senza scrupoli, solo velato da un vestito più bello di prima.
Alla fine vorrei che parlassimo ancora dei nomi ossia dell’identità dei personaggi. Infatti, nel corso dell’intera novella i nomi propri dei personaggi mancano. I personaggi sono chiamati solo per gli appellativi. Anche se il lettore potrebbe sentirsi un po’ disorientato dalla mancanza dei nomi, gli appellativi in questo caso non causano affatto un’indebolimento del personaggio nell’ambito della costruzione della storia, come ipotizza Hodrová. Anzi, nel caso de La novella del buon vecchio sembra che gli appellativi siano usati apposta perché servano a Svevo per approssimare il personaggio anche ai motivi ed ai componenti lessicali del racconto. La testimonianza di quell’obiettivo si trova addiritura anche nel testo: “L’improvviso intervento del proprio nome scosse un poco il buon vecchio. Il nome di un vecchio è sempre un poco antico e impone perciò degli obblighi a chi lo porta.”71 Lo possiamo percepire anche per la discrezione di colui che narra, come se non volesse svelare il nome di un vecchio amico che si è sfogato sull’intimo segreto dell’ultima storia d’amore.
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