Filozofická fakulta Masarykovy univerzity Ústav románských jazyků a literatur



Yüklə 305,23 Kb.
səhifə4/7
tarix07.04.2017
ölçüsü305,23 Kb.
#13653
1   2   3   4   5   6   7

Vino generoso

Abbiamo fra le mani una novella la cui ridotta mole la rende la più breve fra tutte e tre le novelle che abbiamo deciso di analizzare.


All’inizio il protagonista, che è anche il narratore, ci porta alla celebrazione dello sposalizio un po’ tardivo della nipote della moglie del protagonista il quale ne gode a pieni sorsi: beve, banchetta e prende anche in giro la sposa. Non riesce a capire come sia possibile che lei si mariti e dopo parecchi bicchieri così riserva agli sposi un augurio tutto amaro. Appena si tranquillizza un po’, si mette a leggere nelle facce dei convitati. Dapprima sofferma lo sguardo sulla sposa dal cui atteggiamento nota la grande sopportazione simile a quella con cui si era recata in un chiostro molti anni prima. Poi segue la naturalezza degli altri convitati, la naturalezza di cui sente nel proprio caso la mancanza, malgrado sua moglie gli abbia ottenuto un permesso da parte del dottor Paoli, per far sì che adesso possa banchettare tanto, quanto tutti gli altri, e quindi ne gode. Seguendo continuamente tutti intorno, gli capita un bello spettacolo famigliare le cui figure sono rappresentate da sua moglie con una sua vicina che parla della dieta a cui il protagonista è stato sottoposto. I loro discorsi ascolta anche sua figlia quindicenne, Emma. È una situazione che lo fa sentire molto oppresso, visto che si trova a un convito e che prima gli era stato concesso dal dottore il permesso di uno strappo alla sua dieta proprio in occasione della celebrazione delle nozze.“Volevano dunque ricordarmi la catena anche in quel momento in cui m’era stata levata?”72. Mentre tutti bevono i loro “Champagne”, lui tracanna un bicchiere del suo vino istriano preferito dopo l’atro, il che gli riporta alla mente la gioia, l’oblio ma anche l’ira, specialmente verso il trattamento a cui è sottoposto.
Sulla scena si affaccia il nipote Giovanni, “uomo gigantesco di cento chilogrammi”73 che racconta delle storielle inopportune che fanno destare nel protagonista l’altruismo, il che gli fa venire l’idea di rivolgere a Giovanni, caratterizato come “materialone ignorante e intelligente, dallo spirito ingenuo e malizioso”74, una domanda che inaspettatamente lo fa dubitare. Giovanni lo fa aspettare molto tempo prima di offrirgli una risposta azzeccata, che però alla fine risulta ridicola tanto quanto i gesti con cui viene accompagnata. Mentre i convitati continuano a divertirsi, il protagonista beve e segue le reazioni del vino che fa risvegliare in lui la giovinezza e che lo incoraggia per un nuovo scontro verbale con Giovanni. La fine del loro discorso mostra che l’ultima parola spetta al protagonista il quale poi si stupisce in che maniera si sia comportato. Non può credere di essere stato lui. Vuole riprendere il buon rapporto con Giovanni e con gli altri “viventi” e anche scusarsi ma alla fine è Giovanni che conclude la bega facendo un accenno brusco con cui colpisce l’orientamento politico del protagonista, apparentemente socialista.
Ormai il protagonista sente un forte rancore per Giovanni, per quel riferimento politico su cui lui stesso ha glissato per paura. Quando ci pensa, nel frattempo, gli vuole fare compagnia sua sorella che prima stava ascoltando il discorso riguardante le sue condizioni e, vedendo con quanto piacere sbevazza, gli impedisce di andare troppo oltre. Chiede aiuto persino a un convitato vicino di nome Alberi: uno spilungone magro, “secco e sano”75, e occhialuto che riesce a levargli l’ultimo bicchiere. Tutti scoppiano a ridere e infatti anche al protagonista pare che la situazione sia in un certo senso ridicola, ma non ride, poichè è lui stesso a trovarsi al centro di quella situazione tanto oltraggiosa di fronte a coloro che bevono e banchettano e nessuno trova tale atteggiamento strano. Oltre a questo, quando in lui si agita un viavai di emozioni, arriva a soggiungere una “supplica” affinché lui non beva più, anche la quindicenne Emma. Il suo arrivo provoca una reazione del versamento di benzina nel fuoco e solo su di lei raffredda le emozioni agitate. Dopodichè appare anche il suo figlio tredicenne, Ottavio che, come se non vedesse quello che stava succedendo intorno, domanda alla madre riguardo alla proiezione cinematografica dell’indomani. La madre però non riesce a sentirlo poichè è intenta a consolare Emma. Dunque, tocca al padre-protagonista dargli il permesso di andare al cinema. Ottavio, non avendo niente di cui parlare con il padre, lo ringrazia e se ne va. In quel momento sarebbe piaciuto al protagonista stare con suo figlio per poter lasciarsi “sollevare con la sua contentezza”76. Perso il buon umore, mira la sposa che sembra l’unica fra tutti a condividere con lui il suo cruccio. Il protagonista nei “suoi begli occhi grigi”77 trova una certa leggerezza con cui può vedere tutti, compreso sé stesso, riguardo alla sua vita precedente nel chiostro. Nello stesso tempo deve affrontare nuovamente la moglie la quale, al contrario, finge di avere il sopravvento su tutti i presenti. Per cacciare tutte queste sensazioni dubitose e per trasformarle a colpo sicuro in gioia, si mette allora di nuovo a bere. Nell’ambito di tale ribellione privata, che però non sembra portare un miglioramento apparente della situazione, riflette sulla complicità con la sposa a cui non ha che da invidiare la sua ingenuità. Il protagonista, sempre guardato al microscopio da tutti i presenti e sotto gli spari delle stoccate pungenti da parte di Giovanni, che fa di tutto solo per divertirsi un mondo, adesso beve veramente solo nel momento in cui è sicuro che tutti lo stanno guardando, però non beve tanto come prima ed è seccato dallo strepitio della compagnia che si diverte, mentre lui deve sempre limitarsi a mangiare e bere con misura. Di conseguenza è testimone di un dialogo vivace tra il grosso Giovanni e l’agile Alberi. Non percepisce il contenuto preciso del loro discorso ma, seguendoli, si sente come se fosse il testimone delle manovre tattiche di due spadaccini. Il convito nuziale è ormai giunto al termine. La sposa si accomiata con un “bacio distratto”78 che il protagonista considera quasi materno e riflette subito su quando potrebbe farle lezioni di vita.
Dopo che la compagnia si è allontanata, ad un tratto risorge nella sua mente il nome Anna, che ha udito nel corso del banchetto. È il ricordo di uno dei suoi amori, l’ultimo prima del matrimonio con la sua moglie attuale. Qualche tempo prima, quando la incontrava, era ancora in grado di salutarla tranquillamente. Allora rievoca alla memoria la storia precedente che aveva vissuto prima di sposarsi. Con il ricordo della storia però riemerge anche il dolore che probabilmente lui aveva causato, sebbene cerca di giustificarsi con il fatto che Anna si era felicemente sposata poco tempo dopo. Si sarebbe dovuta presentare proprio a quel convito nuziale ma per “una lieve influenza”79 non le era possibile. Con i rimorsi verso la sua “vittima”, il protagonista si reca nella camera da letto, dove arriva Emma ad augurargli la buona notte. Il suo pianto, che lui aveva causato prima, è sparito, e lei si presenta tutta lieta. Lei sembra di non ricordare più la loro lite passata, mentre lui, al contrario, inizia a riflettere fra sé sulla propria ira. Gli sarebbe piaciuto avvertirla ancora una volta ma per la mancanza delle parole giuste (per poter spiegarsi effettivamente), rimanda il rimprovero all’indomani, quando non ne avrà più la plausibilità. Poco dopo si affaccia alla porta anche Ottavio per augurare la buona notte ad entrambi i genitori, ma lo fa in modo tanto apatico che il protagonista lo deve trattenere almeno per un attimo, solo per assicurarsi che il figlio c’è veramente stato e peciò gli fa una domanda riguardante il cinematografo dell’indomani. Quando sta finalmente per andare a letto dopo la festa, ad un tratto sente un fastidio gastrico.
Meccanicamente il protagonista inghiotte la medicina, poi bacia sua moglie e va a coricarsi, sempre oppresso dai pensieri. Finalmente è arrivato quel momento atteso: la moglie si è addormentata e quindi anche lui può cominciare a “respirare rumorosamente”80 e in tal modo, forse, liberare anche il cervello da quei pensieri. Però sembra che nemmeno questa “libertà” sia tale come si era immaginato. Magari avrà liberato il suo corpo, tuttavia la mente si preoccupa sempre dei pensieri rispetto al discorso che lo aspettava l’indomani con la moglie e la figlia. L’agitazione psichica si sovrappone a quella fisica dopo il convito. Nel frattempo sveglia ben due volte la moglie che gli fa ogni volta la stessa domanda, ossia, se stia male, alla quale non vuole replicare solo per evitare lunghi discorsi con lei. Questo perché, rispondendo di sì, dovrebbe ammettere che la moglie ha ragione rispetto al suo stato di salute. Con molti sforzi cerca di addormentarsi tanto che dà l’impressione di battagliare non solo con il proprio corpo, che non riesce a mettere nella posizione più comoda in nessun modo, ma alla fine anche con il letto stesso, che cerca di “afferrare”. Sente proprio che il letto lo sta afferrando. Non vede l’ora che arrivi l’alba che gli darà libertà.
Ci troviamo nel momento in cui il protagonista ci permette di entrare nel suo subcoscio, lasciandoci seguire uno dei sogni, tanto multicolore in conseguenza della digestione turbolenta a causa dello stomaco dolente. Non appena risveglia sua moglie per la terza volta, e questa gli rivolge di nuovo la stessa domanda, questa volta lui grida che sta veramente male. Dopodichè la moglie gli dà delle gocce per dormire e lui acconsente, pieno di dubbi, per non dare alla moglie un pretesto per discutere, cosa che teme. Per il protagonista scatta un breve attimo di pacificamento quando la moglie conta le gocce, però poi è di nuovo gettato “nella notte a lottare da solo per la pace”81. Per poter ottenere la propria pace interiore, si mette di nuovo a rievocare i nomi degli amori a cui aspirava da giovane ma i quali, chissà perché non ha conquistato. Alla fine ripensa di nuovo Anna, il cui ricordo invece di placare il suo dolore, gli porta invece un rimorso. Medita ancora su come l’aveva abbandonata e si consola pensando che lei si era sposata pure presto e aveva dato alla luce una bella bambina che adesso ha le fattezze ancora più graziose della mamma: i capelli biondi e gli occhi azzurri. Il resto dell’aspetto fisico della ragazza è guardato dal protagonista con occhio clementemente critico, probabilmente anche per la gelosia verso il marito di Anna perché la bambina somiglia molto anche al padre. Dalla meditazione esce rassegnato: Anna è semplicemente contenta. Allora, convinto della propria pace interiore, si addormenta.
Assieme al protagonista, ci troviamo di nuovo dentro uno dei suoi sogni. Questa volta, in una grotta che dà l’impressione di un’opera artificiale: costruita dalla gente e usata per l’esecuzione di un prigioniero a scelta. La selezione è capitata al protagonista il quale, preludendo i dolori relativi all’atto della morte nel sogno, trasmette i dolori anche nella realtà. All’improvviso si sente anche la voce della moglie e del dottor Paoli, che lo sospingono nella “cassa”. Poi si scorge anche la sposa della celebrazione nuziale del giorno precedente, davanti alla quale il protagonista si abbassa, mentre lei siede comodamente sulla parte letale della cassa e lo invita a morire. Dapprima lotta per conquistare il sonno eterno, un momento dopo lotta lì per la mera vita. Nella cassa incontra anche Giovanni il quale, anche se rannicchiato e avvilito, non perde nulla della propria malizia e anche lui lotta per la vita, però con successo. Poco dopo si affaccia Alberi che sostituisce Giovanni, prendendo il suo posto, e ci avvalora la questione della propria vita. Quando, alla fine, è il turno del protagonista, si sente di nuovo la voce della sposa che si trasforma nella voce di Anna, sognata prima, alla quale lui prima dava la colpa in riferimento al loro rapporto precedente. Come davanti ad un tribunale, in quel momento, già vicino alla morte, invoca aiuto offrendo del denaro a Giovanni, che fino a poco tempo prima odiava e per cui non provava compassione neanche nell’attimo prima che lui spirasse, anche se poi alla fine ciò non era accaduto perché la cassa deve privare della vita solo al terzo venuto, cioè al protagonista. Visto che Giovanni rimane impassibile alle sue preghiere, il protagonista prova a chiamare la figliuola Emma. Questa si presenta poco dopo, ma a lui sembra sia trascorsa un’eternità e così, malgrado lei sia unica che accorra per aiutarlo, lui si lamenta della sua lentezza.
A questo punto siamo giunti alla fine della novella, ossia, non appena il protagonista si sveglia da questo sogno atroce, che lo ha buttato fuori del letto e gli ha fatto nominare nel sonno il nome della figliola Emma. Poi è la moglie che gli racconta dei suoi gridi. “Vedi come l’ami?”82 Comunque lei, non potendo conoscere il contesto del sogno, non può intuire che avrebbe sacrificato proprio la figlia per salvare sé stesso. Il protagonista, quindi, preferisce trattenersi da altri discorsi sulla vita e lascia arrivare l’alba che pare privarlo del senso dell’onta. Tuttavia, il sogno orrendo lo fa diventare più ubbidiente e lui riprende così la vita di un paziente che deve stare a dieta. E se un giorno dovesse ritornare in quella grotta, questa volta si arrenderebbe senza un atto meschino e un tradimento.

I personaggi della novella Vino generoso

La novella intitolata Vino generoso è raccontata da un narratore interno, che si confonde con il protagonista: è il protagonista che narra la vicenda in prima persona. Neanche questa volta il narratore-protagonista si trattiene dai commenti arguti che, assieme alla narrazione, rimangono spesso solo nella mente del protagonista: “Infatti, se il mio organismo era tanto logoro, come si poteva ammettere che quella sera, perché ci era riuscito quel bel tiro di far sposare chi di sua elezione non l’avrebbe fatto, esso potesse improvvisamente sopportare tanta roba indigesta e dannosta?”83 Non si tratta più d’una sonda nella mente del protagonista (come nel caso de La novella del buon vecchio della bella fanciulla), bensì, adesso tramite gli occhi del protagonista, il narratore scruta le facce degli altri personaggi perché alla fine possa riconoscere il protagonista, ossia sé stesso.


Nella novella si affacciano dodici personaggi che possiamo distinguere in tre linee a seconda del loro rilievo nella storia. Alla prima appartiene solo il protagonista. Di lui sappiamo pochissimo ma la vicenda gira solo intorno a lui, mentre gli altri (anche se alcuni il protagonista conosce probabilmente da un incontro in passato, di cui il narratore non parla più) risorgono casualmente dalla folla di convitati, perciò assegniamo a loro la seconda linea: la moglie del protagonista, il nipote Giovanni, la sorella del protagonista, il signor Alberi, Emma (la figlia del protagonista), Ottavio (il figlio del protagonista) e la sposa (la nipote della moglie del protagonista). Il posto nella terza linea, lo lasciamo a coloro che non appaiono fisicamente sulla scena della novella, bensì li conosciamo solo tramite i pensieri o i ricordi del protagonista: Anna, la bella figlia di Anna, il marito di Anna e il dottore Paoli.

Il protagonista



Non abbiamo nessun’informazione sul protagonista: non conosciamo il suo aspetto fisico, la sua età, e nemmeno il suo nome. Tocca al lettore farsi un’idea propria dagli indizi introdotti nella narrazione. Possiamo disegnare nella mente il personaggio solo dai frammenti che si presentano tramite il suo modo d’esprimersi, negli accenni alla sua salute ecc. Sin dalla scena iniziale, quella dell’augurio agli sposi, lo vediamo come un uomo a cui non manca di sicuro il senso dell’umorismo, anche se un po’ amaro: “Siate contenti per uno o due anni, poi gli altri lunghi anni li sopporterete più facilmente, grazie alla riconoscenza di aver goduto. Della gioia resta il rimpianto ed è anche esso un dolore, ma un dolore che copre quello fondamentale, il vero dolore della vita.”84, cosicché rimane incompreso e non riceve alcun sorriso da parte degli altri personaggi. Insoddisfatto, inizia a mirare con lo sguardo gli altri convitati per rivelare la loro apparente naturalezza che gli dà sui nervi e che, allo stesso tempo, invidia. Sembra che la loro naturalezza sia artificiale, mentre quella del protagonista, quella causata dal vino, è solo momentanea, ma davvero sincera. In quel momento riconosciamo il protagonista, malgrado la sua età, probabilmente avanzata, come un ragazzo dall’anima timida che è continuamente sottoposto alla vigilanza delle donne, con le loro preoccupazioni quasi materne, e un dottore, che vogliono solo il suo bene. Lui invece si sente oppresso dall’attenzione di tutti e non desidera che la libertà: Era la libertà resa più preziosa dal mònito che subito dopo mi sarebbe stata tolta. Ed io mi comportai proprio come quei giovincelli cui si concedono per la prima volta le chiavi di casa.85 Il malumore si manifesta negli assalti indirizzati sia a Giovanni, sia ad Emma, dunque è possibile intenderlo come un’espressione della rivolta e della continua volontà di liberarsi e far vedere che è già abbastanza grande per poter fare e dire quello che gli pare. Non riesce a digerire l’inferiorità che deve sopportare rispetto agli altri. Vuole sciacquare via il disgusto e risvegliare la benevolenza e l’altruismo, per questo continua ad ubriacarsi di nascosto e così riscopre in sé anche un po’ di sensazione della giovinezza: “Ma era un bruciore che poi si sarebbe diffuso in un gradevole tepore, nel sentimento della giovinezza che il vino procura, purtroppo per brave tempo soltanto.”86 e con essa anche i lati oscuri della propria anima il cui sfogo trova di nuovo in Giovanni, il che causa solo un nuovo scandalo e lui perde del tutto la faccia agli occhi degli altri che lo considerano oramai un malato poichè si comporta in modo anormale, e non si divertono che sul suo conto. Si rinchiude nel suo piccolo mondo e l’unica persona che pare provare compassione ed essere comprensiva nei suoi confronti è la sposa da cui si aspetta anche un bacio, però di nuovo con il sapore di un affetto quasi materno. Alle donne, che si affacciano nella novella, è attribuita, praticamente a tutte, una sfumatura materna, sostenitrice, che però il protagonista non riesce a sopportare. Un’eccezione tra tali donne è rappresentata da Anna che appare solo tramite i suoi ricordi, come un peccato della sua giovinezza, che però pesa ancora sulla sua coscienza. Nonostante ciò il protagonista rifiuta di ammettere di essere fuggito davanti alla responsabilità. L’incapacità di rivendicare la responsabilità e di prendere una decisione è ben comprensibile anche nel suo ruolo di padre debole. Sebbene cerchi di essere un buon padre, dando il permesso al figlio di uscire per andare al cinema, invece poi il protagonista sfoga la propria frustrazione sulla figlia buona e attenta, volendo castigarla per forza, o castigandola anche nei momenti inopportuni, e rinvia la decisione al prossimo giorno: “Certo, per educarla, sarebbe stato mio dovere di ammonirla che non s’era comportata con me abbastanza rispettosamente. Non trovai però le parole, e tacqui. [...] Per quietarmi pensa: ‘Le parlerò domani.’87 Quando il protagonista mai contentabile finisce a dover fare i conti con l’insonnia causata da tutte quelle preoccupazioni, e con un fastidio gastrico, dapprima fa il possibile per non dover ammettere il bisogno di quel sostegno che non riesce a soffrire, alla fine però non può che cedere. Possiamo ben vedere come anche in quest’opera di Svevo si manifesti il fatto che il fastidio prima di tutto fisico è legato ad un disagio psicologico del protagonista. Il problema di salute si riflette successivamente nel sogno che rappresenta il passaggio attraverso la coscienza fino all’assestare la lezione che sboccia nello sciogliemento e nel riconoscimento di sé stesso: “La vita, ch’io allora sentivo quale la vera, la vita del sogno, tuttavia m’avviluppava e volli proclamarla: ‘Perché loro non sanno neinte ancora.’ [...] Ed è così ch’io mi feci docile, e volonteroso m’adattai alla dieta del dottore.”88 Quindi, alla fine, come se cedesse e diventasse quel bravo ragazzo ubbidiente.

La moglie del protagonista

La moglie del protagonista è un personaggio della seconda linea. Nel suo caso siamo in grado di crearci un’idea del personaggio solo in base a quello che risulta dalle scene in cui appare. La moglie rappresenta un’autorità per il protagonista, che a lui manca e senza la quale il protagonista sarebbe perso, anche se lui non vuole ammettere la propria dipendenza da lei: “‘Vuoi di quelle gocce che il dottore prescrisse per il sonno?’ Esitai per quanto il desiderio di star meglio fosse fortissimo. ‘Se lo vuoi’ dissi tentando di apparire solo rassegnamento. Prendre le gocce non equivale mica alla confessione di star male.”89 La moglie si prende cura di lui in ogni senso: probabilmente prende anche la maggior parte delle decisioni per lui, il che naturalmente gli dà fastidio. In un momento si manifesta un po’ orgogliosa, cercando di apparire la gransignora che non è: “Ciò accrebbe il mio rancore per mia moglie, il cui contegno ci umiliava a quel modo. Ci rendeva inferiori a tutti, anche ai più meschini, a quella tavola.”90 Anche se la possiamo percepire come una furia che limita e rimprovera il protagonista come un ragazzino, il suo ruolo è inestimabile e in certe situazioni si rivela anche come una donna-sostenitrice: mentre consola Emma dopo che il protagonista l’ha sgridata; e, infine, anche quando si preoccupa (anche se un po’ forzatamente) per lo stato di salute del protagonista-marito essendo da lui svegliata. È un personaggio piatto che non subisce nessuna evoluzione.



Il nipote Giovanni

È uno dei personaggi di cui sappiamo un po’ anche dal punto di vista fisico tramite una caratteristica diretta: un uomo gigantesco che pesa oltre cento chilogrammi, con la sua voce stentorea.”91. Il narratore-protagonista, nel caso di questo personaggio, non risparmia espressioni pungenti per avvicinarlo al lettore: “Poi, mentre tutti lo guardavano, sperando di poter ridere per una di quelle sue risposte di materialone ignorante e intelligente, dallo spirito ingenuo e malizioso.”92 Dal suo discorso ci creiamo un’idea di un personaggio negativo, visto comunque con gli occhi del narratore-protagonista un po’ ubriaco, la cui immagine può essere distorta così come il rancore può essere temporaneo come l’ubriachezza: “’Ti appenderemo’, urlai. Mi fermai stupito. Mi pareva di non aver detto esattamente il mio pensiero. Ero proprio fatto così, io? No, certo no.” Più avanti però capiamo che la sua intelligenza non è veramente altro che meschinità. Come tutti gli altri, anche lui si diverte poi sul conto del protagonista. Anche Giovanni è un personaggio piatto che non attraversa nessun’evoluzione.


La sorella del protagonista

Ha un ruolo meramente episodico. Rappresenta uno dei personaggi femminili che ha una preoccupazione materna per il protagonista. Rispetto alla moglie del protagonista non appare tanto forte nel carattere, poichè cerca sostegno da parte del signor Alberi.



Il signor Alberi

Anche questi si affaccia come uno della grande comparsa tra i convitati. Al lettore è presentato come un uomo magrissimo e, malgrado la magrezza, anche sano: “uno degli uomini più lunghi della città, magro, secco e sano, ma occhialuto come Giovanni.”93 Il suo intervento importante nella scena consiste solo nell’impedire al protagonista di continuare a bere e conversare sullo sfondo della scena con Giovanni.



Emma (la figlia del protagonista)

Rappresenta un personaggio dalla fragilità quasi angelica. È sempre di buona volontà, la sua tenerezza verso il protagonista non ha confini, però quando si scontra con la rabbia di lui, lei diventa debole a proprio sfavore: “’Papà mio, non bere altro.’ E fu quell’innocente che si riversò la mia ira.”94 E’ un personaggio instabile: una volta scoppia nel pianto, mortificata dallo sfogo della frustrazione del protagonista, e deve essere consolata dalla madre, la seconda volta, invece, la vediamo sorridente: “Era sorridente, rosea, fresca. Il suo breve groppo di lacrime s’era scilto in una reazione di gioia.”95 e la terza, nel sogno, come la forza indispensabile per la salvezza del protagonista e dal protagonista inestimata: “’Eccomi, babbo, eccomi’. [...] Pensai ancora: ‘Sempre lenta quella figliuola quando si tratta di obbedire.’”96




Ottavio (il figlio del protagonista)

Anche Ottavio è un personaggio episodico che si affaccia solo due volte: quando chiede al padre il permesso di andare al cinema e poi quando gli augura la buona notte. In entrambi i casi lo vediamo assolutamente apatico, impassibile alle circostanze, concentrato solo sulle cose proprie e considerato strano dallo stesso narratore-protagonista: “Strano ragazzo. Salutò me e la sua mamma quasi senza vederci.”97



La sposa

È un personaggio un po’ misterioso, ritornata dal chiostro rappresenta la purezza, la serenità e la bontà assoluta che si riflette nei suoi begli occhi grigi. Anche se dapprima è percepita attraverso lo sguardo scettico e critico del protagonista, più avanti vediamo in lei anche una complice silenziosa del protagonista ubriacato: “essa era la sola che intendesse il mio dolore, o così mi parve. Mi guardava proprio maternamente, disposta a scusarmi e ad accarezzarmi.”98 Pare l’unica che provi compassione per la sua disperazione che scaturisce dall’oppressione che governa gli altri convitati a causa del suo comportamento. Potremmo caratterizzare anche lei come un simbolo della maternità, donna-sostenitrice, però quella vera, né per obbligo, né per il fatto che sia stata influenzata dal bisogno generale.



Anna

Anna appartiene già alla terza linea che appare solo nella mente del protagonista. Anche lei doveva esserci al convito nuziale, alla fine però non si affaccia, rappresenta così solo una personificazione del rimprovero del protagonista, che pesa sulla coscienza di lui malgrado le giustificazioni che cerca per consolarsi: “Io l’avevo abbandonata, ma essa subito aveva sposato un altro, ciò ch’era nient’altro che giusto. Ma poi aveva messo al mondo una fanciulla [...] Che cosa voleva ora da me dopo che mi si era mostrata tanto spesso avvinta al marito?” Gli unici tratti, che sono concessi da parte del protagonista (li rievoca solo addormentarsi), possono essere nuovamente considerati come una sorta di rimorso: “Anna, proprio lei, com’era tanti anni prima, ma la faccia, la bella rosea faccia, atteggiata a dolore e rimprovero. Perché voleva apportarmi non la pace ma il rimorso.”99



La bella figlia di Anna, il marito di Anna, il dottore Paoli

Tutti e tre i personaggi si affacciano solo per un accenno del narratore-protagonista. Informazioni più precise otteniamo solo sulla figlia di Anna, la cui bellezza gli ricorda la giovane Anna e lui la vede quasi come un angelo. Il suo entusiasmo è un po’ amareggiato dal fatto che le fattezze della piccola sono mescolati anche con quelle del marito di Anna: “Una fanciulla ch’era ormai quindicenne e che somigliava a lei nel colore mite, d’ore nella testa e azzurro negli occhi, ma aveva la faccia sconvolta dall’intervento del padre [...]: le ondulazioni dolci dei capelli mutate in tanti ricci crespi, le guance grandi, la bocca larga e le labbra eccessivamente tumide.”100 Dovremmo dire che questa appartiene a una delle descrizioni del personaggio più elaborate in assoluto e che permette di farsi una bell’idea sulla graziosità della mamma, ossia di Anna.



Riassunto

Questa volta, nella novella Vino generoso, abbiamo incontrato una grande quantità di personaggi. Nella maggior parte dei casi non parlano, o parlano poco: infatti, parla solo il protagonista che sta al centro e con i cui occhi (e anche con la cui bocca) siamo testimoni degli avvenimenti che narra. Visto che il narratore-protagonista è un po’ ubriaco, non può percepire le circostanze e gli altri personaggi in maniera chiara, ossia oggettivamente, e noi lettori possiamo facilmente avere dei dubbi sulla sua affidabilità e, probabilmente, trovare la storia anche un po’ infedele, o almeno fortemente ambigua: non è affatto detto che gli altri siano tanto cattivi e lui tanto oppresso, quanto si lamenta. Accennando al profilo dei suoi atti, abbiamo riscoperto la catena causale dei tratti da cui possiamo citare almeno i seguenti: il protagonista è legato all’immaginazione del lettore, non essendo descritto dal lato fisico; umorista amaro, insoddisfatto, invidioso, non si vede naturale anche se noi lettori possiamo vederlo solo molto sincero; a proposito delle sue condizioni di salute, abbiamo parlato dell’età avanzata, tuttavia egli si serba l’anima di un ragazzo timido e sottomesso; oppresso però dagli altri, lo troviamo ribelle forzatamente, ma alla fine sempre incompreso o rifiutato da tutti rimane rinchiuso nel suo piccolo mondo interno; incapace di responsabilità, incontentabile; con una gran immaginazione, debole, vulnerabile e facilmente maneggiabile.


Vediamo che il personaggio del protagonista racchiude di nuovo un altro numero di tratti. È un individuo che vorrebbe ottenere l’attenzione, l’approvazione e la comprensione degli altri convitati ed essere naturale e disinvolto come loro. Non può, però, raggiungere una finta naturalezza perché in realtà lui è una persona sincera, se non con sé stesso, almeno con gli altri. Come abbiamo detto, in fondo si mostra anche come un ragazzo timido e nostalgico della libertà, che solo si ribella contro l’attenzione materna da parte delle donne, sentendosi abbastanza vecchio per prendere le decisioni riguardanti stesso. Alla fine possiamo vedere che non è tanto forte quanto desidera, e si arrende.
Il protagonista è caratterizzato da una gamma enorme di tratti ben visibili che emergono nell’interazione con gli altri personaggi che fanno parte dell’ambiente “irrilevante”, il quale non conta finché non si trasforma nel “paese del cuore”: nel sogno del protagonista. La presenza nella grotta artificiale vicino alla cassa-morte – fra gli altri personaggi (i quali oramai ci sono caratterialmente appalesati), mescolata con forti emozioni, sfocia nella scoperta completa del carattere del protagonista e noi lettori, alla fine, siamo testimoni di una forte trasformazione del suo modo di ragionare. Viste le caratteristiche accennate, il protagonista potrebbe essere considerato un personaggio a tutto tondo.
Avendo focalizzato la nostra attenzione sugli altri personaggi, abbiamo scoperto che si tratta di caratteri secondari il cui sviluppo sarebbe emblematico e semplice.
Alla fine dell’analisi dei personaggi della novella, vorrei che ci dedicassimo di nuovo all’identità dei personaggi, ossia ai loro nomi. Al protagonista il nome manca, si confonde con il narratore e la vicenda quindi è narrata in prima persona. Tra i personaggi della seconda linea sono privi di nome la moglie del protagonista, la sorella del protagonista e la sposa (la nipote della moglie del protagonista). Nella terza linea ci rendiamo conto che sono anonimi anche la bella figlia di Anna e il marito di Anna. Il resto dei personaggi sono chiamati per nome: dalla seconda linea si tratta del nipote Giovanni, del signor Alberi, di Emma (la figlia del protagonista), di Ottavio (il figlio del protagonista); della terza linea rimangono solo Anna e il dottor Paoli. La distribuzione dei nomi è probabilmente casuale perché non possiamo assolutamente dichiarare che i personaggi chiamati per nome abbiano maggiore importanza rispetto a quegli innominati: ci basti prendere in considerazione, per esempio, il caso di Ottavio con il suo ruolo episodico che appare solo due volte sulla scena.


Yüklə 305,23 Kb.

Dostları ilə paylaş:
1   2   3   4   5   6   7




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©azkurs.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

gir | qeydiyyatdan keç
    Ana səhifə


yükləyin