Filozofická fakulta Masarykovy univerzity Ústav románských jazyků a literatur



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I tratti di un personaggio

Una volta individuato un tratto in maniera corretta, possiamo dire che abbiamo attuato uno dei primi passi verso la comprensione di un personaggio. Per l’introduzione della problematica dei tratti, vale decisamente la pena di aggiungere che i nomi dei tratti dei personaggi sono legati spesso alla questione storica: varie epoche dei racconti portano con sé anche diverse denotazini dei tratti. Per tutti i segni dei tratti poi, Chatman parla dei cosiddetti “aggettivi narrativi”, che sono diffusi nella storia del racconto: 1) quelli meglio percepibili dal lettore: può essere presente addiritura la denominazione del tratto, 2) quelli che sono difficilmente percepibili visto che l’aggettivo narrativo non è presente. Capiti qualsiasi dei casi “naturalmente non è necessario che compaiono veri e propri aggettivi [...] implicito o esplicito l’aggettivo è immanente alla struttura profonda del testo”.19 Per ricapitolare l’ultimo termine riguardante i tratti, ci permettiamo di mantenere i suggerimenti di Chatman che propone, invece d’introdurre “i termini nuovi” specialmente per la narrativa, di aggiungere gli aggettivi “narrativo” oppure “inventato”20 per capire che stiamo caretterizzando un personaggio del mondo fittizio e non di quello reale.



Il rapporto tra i personaggi ed i tratti

Un paradigma dei tratti psicologici”21 Chatman esprime la sua opinione riguardante il rapporto tra il personaggio ed i tratti, affermando che un tratto fa parte integrante del personaggio, ed è variabile: può nascere, nascondersi, apparire o scomparire completamente; perciò può risultare un po’ difficile distinguere fra un tratto ed uno stato d’animo, stato psichico, cioè un fenomeno dell’esistenza temporanea che può trasformarsi. Si tratta proprio di quello che Aristotele denomina “dianoia”, ossia “pensiero” e quello che Chatman poi collega ai “topoi”, ossia “argomenti e verità generali che esistono indipendentemente dai personaggi”.22


Il rapporto tra gli eventi ed i tratti

Com’è stato detto, i tratti variano nel corso del tempo, però non è che i tratti siano prigionieri del tempo, bensì sono gli eventi da cui sono messi in movimento. I tratti infatti non hanno nessun ordine, nessuna durata fissa come gli eventi. “A differenza degli eventi, i tratti non sono collocati nella catena temporale, ma coesistono con l’interno o con una larga parte dell’interno.”23 Comunque, come Chatman aggiunge ancora più avanti, i tratti sono collocati in una catena causale, per usare le sue parole, il cosiddetto “l’elemento-perché”.



I tratti e il nome proprio

Per completare il personaggio come “un paradigma dei tratti” non si può non citare l’aspetto del nome proprio del personaggio il quale può essere caratterizzato come un tratto oppure come “aggettivo narrativo”. Se ci rifacciamo di nuovo a Chatman, lui in tale caso si riallaccia alla teoria di Roland Barthes. Secondo lui, solo il nome proprio rende il personaggio in un racconto “esistente”, ossia il personaggio: “dal momento che esiste un Nome (foss’anche un pronome) verso cui affluire e su cui fissarsi, i semi diventano i predicati, induttori di verità, e il nome diventa soggetto”24 cossiché pare sia il Nome proprio che fa nascere l’individualità di un personaggio fittizio intorno a cui girano gli aggettivi. Chatman poi distingue i tipi dei nomi: “deittici, cioè indicatori, contrassegnati in modo definito, ‘(de-)finiti’ o ritagliati da un infinito, ipostatizzati e catalogati (anche se in modo minimo)”.25


Per quel che riguarda il nome del personaggio vale decisamente la pena di menzionare le osservazioni della scrittrice e saggista ceca Daniela Hodrová, la quale nota che il nome ha anche la funzione di avvicinare i personaggi ai motivi ed ai componenti lessicali del racconto. Se succede il caso, come vedremo più avanti, in cui il nome è ridotto oppure sparisce completamente dal discorso, ciò significa per un personaggio un grande sbiadimento dell’identità, il che però non riguarda i personaggi narrati nella prima o seconda persona. Come dice la Hodrova, una delle conseguenze può essere anche l’indebolimento della compattezza interna del testo.

Tipologia dei personaggi



Ritornando a Chatman, capiamo che la sua differenziazione dei personaggi si rifà solo alle idee del suo collega britannico, più anziano di lui, E. M. Forster che introduce i “tipi”, cioè “personaggi modellati”, ossia “personaggi a tutto tondo”, e “personaggi disegnati (personaggi contorno)”, ossia quelli “piatti”.26 I personaggi “piatti” rappresentano i caratteri che si evidenziano con un unico tratto o con dei tratti molto limitati, e per questo motivo possiamo prevedere facilmente il loro modo di comportarsi. Al contrario, un personaggio caratterizzato come “a tutto tondo”, rappresenta un elemento dotato di una grande gamma di tratti che possono persino stare in contraddizione tra di loro. Il loro modo di comportarsi è praticamente imprevedibile perché sono sempre in evoluzione, in trasformazione ed è per questa ragione che sono sempre in grado di sorprendere. Un’altra osservazione molto importante per un’analisi precisa è che il personaggio “piatto”, secondo la teoria di Forster, nella maggior parte dei casi occupa i ruoli comici e “quand'è serio o tragico, tende a far la figura del seccatore soltanto le figure ‘a tutto tondo’ sono adatte ad una recitazione ininterrottamente tragica e riescono a suscitare in noi tutti i sentimenti, tranne il senso dell'umorismo e quello della giustezza.“27 L’altra differenza tra il personaggio “piatto” e quello a “tutto tondo” consiste nel loro movimento nel discorso, e nello stesso tempo nel rimanere impressi nella mente del lettore, ossia nel modo in cui il lettore è capace di ricordare tali personaggi. Nel caso dei personaggi “piatti” ben strutturati, il lettore “se li ricorda facilmente. Gli restano in mente inalterabili, per il motivo che le circostanze del libro non erano mai intervenute a modificarli“28, invece i personaggi “a tutto tondo” vengono ricordati solo sullo sfondo delle grandi scene e in tal modo possono lasciare nel lettore sensazioni indimenticabili, sebbene i personaggi siano difficilmente afferabili. “Li ricordiamo come ricordiamo delle persone reali, ci sembrano stranamente familiari. Come gli amici e i nemici della vita di tutti i giorni è difficile dire come sono esattamente.”29 Esattamente come gli uomini reali anche i personaggi fittizi, secondo le caratteristiche “a tutto tondo”, sono entità “aperte” a qualsiasi altra rivelazione. Essi appaiono come un pozzo che offre ad ogni lettura una inesauribilità di tratti (mai prima scoperti). Quindi, a quanto pare, non possiamo mai dichiarare di conoscere perfettamente un personaggio a tutto tondo, perché ci rimarrà sempre qualcos’altro di cui discutere. Chatman è dell’opinione che tale “ineffabilità dei personaggi a tutto tondo deriva in parte dalla larga gamma e dalla diversità o anche discrepanza dei tratti, ma anche altri fattori possono contribuirvi”30 e, successivamente, introduce i “medium” (Chatman parla infatti anche nel caso del cinema) il quale possiede proprio quella potenza di informarci sui tratti di un personaggio. Il caso interessante si presenta quando il narratore informa con la tecnica che Chatman chiama “arricchimento per mezzo del silenzio”, ossia quando il narratore non ci informa affatto e preferisce essere piuttosto moderato nell’esprimersi rispetto ai tratti del personaggio. Se ritorniamo ancora alla questione dell’ineffabilità del personaggio, quella che ritroviamo fra le persone nella realtà, sembra che Chatman sia molto vicino proprio all’opinione che non considera un personaggio come un costrutto assolutamente senza vita, anzi, trovando una soluzione da R. S. Crane, accenna le “sembianze concrete”, cioè che non percepisce i personaggi come le “‘astrazioni’ tratte dalle parole del dramma nel complesso, bensì come sembianze concrete di uomini e donne reali, ciascuno con una essenza più o meno indipendente dalla azione particolare che egli compie nel dramma completo”.31 I personaggi, comunque siano costrutti dalle parole, raggiungono delle sembianze quasi reali: tali sembianze sono assegnate solo da noi lettori con la nostra consapevolezza culturale ed estetica ossia nel momento in cui leggiamo un racconto, ci riferiamo logicamente sempre alle esperienze della nostra vita reale e forse proprio per questo motivo tendiamo a giudicare i personaggi fittizi a seconda delle regole rilevate dalla psicologia e come Chatman sostiene, lo facciamo anche perché, malgrado la contestazione da parte dei critici, “i personaggi nella loro qualità di costrutti narrativi esigono termini atti a descriverli, e non ha nessun senso respingerli al di fuori del vocabolario generale della psicologia, della morale e degli altri settori importanti dell’esperienza umana”.32 Dunque, pare che non ci siano problemi ad utilizzare la terminologia delle altre discipline anche per caratterizzare i tratti del personaggio nella narrativa. Accanto a tali termini, però, bisogna aggiungere un segno capace di distinguere i tratti reali da quelli fittizi. Chatman propone le virgolette.



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