Filozofická fakulta Masarykovy univerzity Ústav románských jazyků a literatur



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Una burla riuscita



Siamo arrivati all’ultima novella dal titolo Una burla riuscita il cui inizio sembra essere una grande introduzione sebbene non lo sia: il narratore, di fatti, ci fa conoscere subito i protagonisti principali della storia. Colui che deve essere il bersaglio della burla riuscita, si chiama Mario Samigli: un letterato baciato da un discreto successo quarant’anni prima grazie ad un romanzo, oramai sbiadito; sia il romanzo, sia il suo successo. Attualmente, Mario è un impiegato sui sessant’anni, con un incarico meno importante, che percepisce uno stipendio modesto ma che almeno gode di una salute abbastanza buona. Malgrado tutto ciò, non pare completamente soddisfatto poiché ambisce a un certo onore letterario. Rimane così un eterno sognatore. Gli amici cercano di capirlo, i nemici ridono di lui e del suo comportamento e viene preso da loro per un folle narcista. Nel periodo più felice e più fruttuoso della sua carriera letteraria, può trasportare tutti i sogni sulla carta e le parole ne sono solo gli ambasciatori. Ammira la classe elevata delle sue scritture che adora come se queste fossero la realtà. In esse non riesce a raccontare, a figurare una vita solitaria, semplice, oppure una vita simile a quella di lui, alla sua, una vita di virtù però senza l’amore. Alla fine, a sessant’anni, decide di scrivere favole sugli animali. Dapprima si dedica agli animali da lui meno conosciuti, poco dopo si dedica anche a quelli più conosciuti e finisce per attribuir loro qualità quasi umane. Finalmente riesce a scrivere i semplici racconti in cui può mettere in gioco anche un pezzo della propria anima. Comunque, dopo l’inizio della guerra mondiale, anche se colpito dalla paura della persecuzione da parte dei poliziotti triestini, si mette con coraggio a raccontare, con un pizzico di equivocità alludente, la Germania nazista e la guerra stessa e pensa non solo alla salvezza, ma nello stesso tempo anche all’invito destinato ai lettori i quali, paiono, non provengano dalle fila dei poliziotti che lo lasciavano in pace per tutto il corso della guerra. Alla fine decide di cambiare i protagonisti delle sue storie e racconta dei passerotti. Dedica loro un’attenzione così precisa al punto da essere in grado di raffigurarli nel miglior modo possibile, tanto che comincia a provare una sorta di affetto molto forte per i piccoli volatili di cui racconta. I passerotti lo rendono veramente felice. È così entusiasta che ne scrive come se scrivesse degli uomini, cosicché assegna a loro tutte le sensazioni e le esperienze di creature umane. Ad un tratto, sulla scena appare suo fratello Giulio che, pur amando la maniera di scrivere di Mario, lo rimproverà per la scarsa originalità rispetto al soggetto, ossia gli animali. Mario analizza il comportamento dei passerotti e le nuove osservazioni gli ispirano un’altra favola. A causa della miseria durante la guerra la maggior parte dei sui amati animali muore, tuttavia nelle favole rimane sempre un sorriso ingenuo. Solo dopo essersi reso conto della spietatezza della natura, perviene la costernazione e Mario inizia così a deridere la bontà umana la quale non si avvia che verso la questua. Da suo fratello Giulio è stato fatto solo un cenno, cosicché adesso dobbiamo apprendere un po’ di più di lui: soffre di artrosi e i due fratelli s’assomigliano molto. Se Giulio non dorme tranquillo per una malattia di carattere fisico, Mario non riposa bene per una palatologia psicologica: è insoddisfatto di tutto. Alla fine scrive un racconto atroce sulla prova della fiducia dei passerotti il quale sfocia nella loro perdizione.
La “presunzione” di Mario era tanto sconosciuta da tutti eccetto che da suo fratello maggiore, Giulio, il quale lo lascia da solo cosicchè possa dilettarsi scrivendo la sua stessa opera. Tuttavia, i fratelli hanno molto in comune e il narratore paragona le loro vite al rapporto tra il paziente e il poeta, al rapporto “dello zoppo e del cieco”. Tutti e due vivono il periodo della guerra mondiale, però malgrado ciò non possano lamentarsi della miseria, essendo sostenuti da un conoscente famigliare, trovato grazie ad un romanzo di Mario. Il conoscente originario della Slovenia porta sempre loro i frutti della campagna slovena, dove vive. Però l’attenzione e l’apprezzamento ottenuti da parte (dei due diletanti) del fratello e dello sloveno, non valgono tanto quanto il riconoscimento e il successo che si riscuotono presso i veri letterati. È un autoinganno che Mario cerca di nascondere con la creazione di un’altra favola. Siamo testimoni della vita dei due fratelli, la vita monotona, fatta di ripetizioni continue, insomma all’insegna della “rigida regolarità” che fa sembrare Mario un coetaneo di Giulio anche se è più giovane di lui. Tra questi due non esiste nessuna disarmonia e vivono l’uno in funzione dell’altro. Mario legge a Giulio i romanzi che nello stesso tempo sottopone alla critica: durante la lettura aggiunge qualche parola critica che però, invece di funzionare come elemento d’interesse, fa sì che il povero fratello ne sia seccato, soprattutto nel momento in cui Mario vuole sapere la sua opinione. Una sera, Giulio lo invita a leggere uno dei suoi romanzi. Dapprima Mario si rifiuta, alla fine accetta e si mette alla lettura del romanzo “Una giovinezza”, che è accompagnata da parole di elogio da parte del fratello, il quale incoraggia Mario a continuare e contemporaneamente si compiace della propria bravura e poco dopo nasce dalle sue mani un’altra favola con il sottotesto sul successo di un autore.

Con il terzo capitolo, pare che siamo finalmente entrati nel racconto vero e proprio di una burla riuscita. Comunque, il narratore preferisce di nuovo farci conoscere gli altri protagonisti importanti della burla. Adesso parliamo di due vecchi amici di Mario. Il primo si chiama Brauner ed è un capufficio. Vista la differenza notevole nella sfera degli interessi di Mario e di Brauner, questi due apprezzano i rispettivi meriti ma non sembra che si vogliano bene, anzi, è un rispetto caratterizzato da un pizzico d’invidia. Malgrado tutto ciò, anche il signor Brauner rappresenta un buon spunto d’ispirazione per una delle favole di Mario, alla fine però sarà proprio Mario che dovrà riconoscere la bravura commerciale del collega. Poi c’è presentato il secondo vecchio amico di Mario chiamato Enrico Gaia. È un “commesso viaggiatore” che, essendosi dedicato alla poesia, ha avuto l’occasione di fare conoscenza anche con il romanziere Mario. Il letterato represso in Gaia per l’incarico di commerciante, loquace, operava nell’Istria e in Dalmazia. Gaia è un vero amante della vita, il suo modo di comportarsi quindi rasenta l’edonismo e odia ferocemente Mario. Rifiuta di ammettere la viziosità, anzi, cerca perfino di giustificarla, attribuendola a tutta l’umanità. Una della cose che ha in comune con Mario è la fame di successo. Nel caso di Mario, tuttavia, questo desiderio riesce a trovare uno sfogo, mentre nel caso di Gaia si trasforma in rancore. Sebbene Mario non fosse tanto attivo nella scrittura dei libri, molti gli riconoscevano una certa importanza nel campo della letteratura e anche da questo scaturiva quel rancore di Gaia. Gaia non sopporta nemmeno che Mario nei libri deride le questioni riguardanti varie posizioni sociali della gente, giocando con esse come con le carte. Neanche Gaia sarà risparmiato dal suo gioco letterario ed anche lui comparirà in una delle favole di Mario.


Avendo ora un’idea dei protagonisti della burla, anche se non ancora di tutti, addentriamoci nella sua trama. Il 3 novembre 1918 “la giornata storica di Trieste”, Mario è aggiornato dello sbarco degli italiani, mentre si trova in una delle caffetterie dove incontra Gaia della cui fisionomia veniamo informati in modo più dettagliato, come se fosse proprio essa uno degli indizi della sua cattiveria oppure quantomeno delle sue cattive intenzioni. Si mettono a discutere della situazione e pare che (mettendo in risalto la loro bravura retorica nell’esprimere le proprie impressioni sull’avvenimento di quel giorno) entrambi gli interlocutori esagerano tanto, che, nel caso dell’iracondo Gaia assetato di vendita, ne nasce la burla cattiva. Farà credere a Mario che potrà vendere il suo ultimo romanzo “Una giovinezza” ad un certo signore Westermann: il rappresentante di una casa editrice di Vienna. Mario, dapprima appare diffidente nei confronti di Gaia perché lo conosce già. Alla fine, tuttavia, smette di dubitare del messaggio di Gaia. Come ci siamo informati in anticipo, solo dopo la rivelazione della burla è ispirato da essa per la scrittura di un’altra favola. La malizia di Gaia appare troppo evidente e perciò neanche la sua offerta risulta affidabile. Vuole che Mario firmi la garanzia della provvigione del cinque per cento che Mario gli concederà solo di mala voglia, anche se aggiunge comunque parole di gratitudine. Tra quelle però si nasconde l’ipocrisia e la sfiducia causata dalla troppa sventatezza di Gaia perennemente spensierato che, dopo l’atto preliminare burocratico, scappa subito per poter “ridere liberamente”. Rientrando dopo l’incontro con Gaia, Mario riflette sul destino di tutti gli autori come lui, nella cui vita intervengono i critici e gli editori. Considera i valori di entrambi gli incarichi. Esalta il ruolo fondamentale dell’editore che deve separare le opere migliori di tutte da quelle mediocri. Dall’altra parte non esita a lodare anche il compito del critico. Dopo la breve riflessione del protagonista, ora è il narratore che riflette su quello che succede nella mente di Mario e anticipa che Mario, non appena avrà riconosciuto il proprio sbaglio, scriverà un’altra favola dalla trama significativa: di un critico del quale in tal modo si vendica. In principio nasconde il successo di cui si gode e lo rivela solo al fratello. Comunque, Giulio dubita dell’offerta di Gaia (malgrado non lo conosca), e nel successo di Mario vede solo una possibilità di benessere il quale oramai non gli dice niente, essendo già abituato alla vita all’insegna della sobrietà e della regolarità. Un’altra sera, Mario legge di nuovo a Giulio il quale però, sembra che non abbia più voglia di aiutarlo come Mario si sarebbe aspettato. Mario si offende e la stessa notte non riesce a dormire bene per i pensieri opprimenti ed i suoi incubi, il che sfocia in una nuova favola in cui conversa con i suoi passerotti. Il giorno successivo Mario decide finalmente di rivelare il successo anche al Brauner che rimane sorpreso, tuttavia, non tanto, perché conosce i prezzi dei vari generi della merce, anche se dei libri non ne sa troppo, riesce ad immaginare che ci sia speranza per Mario di fare strada. Brauner poi si preoccupa di perdere un bravo impiegato.
Il flusso degli avvenimenti ci ha portato con il quinto capitolo all’appuntamento con il rappresentante dell’editore Westermann di Vienna. Non conoscendo il tedesco, Mario ha dei problemi a trattare direttamente con l’editore che parla tedesco, perciò c’è il suo agente Gaia il quale non solo fa interprete per entrambi, ma anche organizza tutto sebbene in modo poco accorto, anzi, soprendentemente privo di ogni riguardo, malgrado abbia intenzione di fare tale burla. Svilisce il valore della letteratura e Mario finge di non farci caso. Agli occhi di Mario l’editore non pare una persona che meriti molta fiducia, però l’istinto del letterato si risveglia troppo tardi. Ci è presentata la personalità dell’editore: in realtà, si tratta di un negoziante di vino e Mario sembra essersi accorto dei dettagli i quali gli suggeriscono che ci sia qualcosa che non va, nonostante, egli ascolti male il suo istinto. Dopo che tutti i contratti sono messi sul tavolo, Gaia non si trattiene nel dimostrare a Mario di nuovo la propria importanza e si mette subito a tradurre i contratti i quali dovrebbero assicurare all’autore i diritti riguardanti la traduzione del libro in tutto il mondo con il pagamento di duecentomila lire. Mario si lascia travolgere da una visione idealistica e, mentre comincia a moltiplicare l’amicizia per Gaia, questi, per il troppo nervosismo e l’impazienza, odia Mario sempre di più, Mario lo secca con i suoi continui avvertimenti e gli accenni alle varie clausole affinché il romanzo sia tradotto e pubblicato entro la fine dell’anno 1919. Bisogna soggiungere che, durante il procedimento dell’appuntamento commerciale, è completamente evidente quanto Mario considera l’affare importantissimo, addiritura decisivo per la sua vita, il che è infatti vero. Malgrado che entrambi gli avversari si trattengano dalle risate, poco dopo basta che i loro sguardi si incrocino per un attimo e tutti e due scoppiano in una risata e Mario finisce per ritrovarsi in una situazione spiacevole e si offende. Gaia cerca subito di aggiustarla, faccendogli credere che il foglietto che passava al tedesco, era la ricevuta fatta nel bordello la sera precedente. Anche se si capisce che nelle case di questo tipo non verranno mai rilasciati documenti del genere, Mario, volendo liberarsi dalla penosità, si mette alla fine a firmare il più velocemente possibile entrambe le copie del contratto. Dopodiché riceve un assegno da parte della ditta Westermann, in scadenza dopo la presentazione e nominativa a nome di una banca viennese. Vuole riscuotere l’assegno poco dopo, però la banca a quell’ora chiude ed anche Gaia lo dissuade affinché vada in banca subito. Mario con la mente troppo offuscata dal successo, gli ubbidisce completamente e prende Gaia addiritura per un vero messaggiero della beatitudine, però Gaia d’un tratto ha fretta e preferisce scappare. Mario però lascia il paghero prelevare dall’amico-commerciante, Brauner, a cui viene raccomandato di verificare il cambio attuale in banca e in base ad esso decidersi. Cossiché vende subito il paghero dal valore di duemila lire al prezzo di settantacinque lire per le cento corone in scadenza entro dicembre. Poco dopo Mario contratta anche un credito di tremila lire, visti i problemi finanziari e, sperando in un’imminente arrivo di soldi con cui sarà capace di rimborsare tutto con calma, assieme al fratello si organizza bene e così inconsapevolmente intralcia anche un po’ i malvagi piani di Gaia.
Mario è pieno di tribolazioni poichè non riceve sempre l’assegno atteso, teme però di procedere al gesto rivendicatore, come gli consiglia Brauner, che potrebbe mandare all’aria tutto il contratto. Oserebbe fare una cosa del genere solo con il beneplacito di Gaia di cui si è fidato completamente, ma questi in modo strano è sparito chissà dove, probabilmente in Istria dove svolgeva i suoi affari. Mario comincia anche a dubitare della somma di duecento mila lire ed è di nuovo il fratello Giulio che lo rassicura. L’attesa continua gli fa vivere un vero e proprio strazio che è anche molto dannoso per la salute. Dopo la rilettura di Giulio, desidera rivedere l’opera che, in quel momento, trova ancora troppo imperfetta perché possa essere tradotta e pubblicata. Si decide addiritura a cambiare alcune espressioni, usando il dizionario e, non solo distoglie Giulio dalla meditazione beata, ma gli chiede anche aiuto. A questo punto però, il fratello reagisce in modo piuttosto infastidito e si mette a consolarlo. Mario rodendosi dall’impazienza, offeso da Giulio, abbandona la camera e prepara al povero fratello una notte insonne. Il giorno successivo, la disunione tra i fratelli persiste. Mario continua a comportarsi in modo molto egocentrico, mentre il vecchio Giulio vuole ritrovare la pace con lui a qualunque costo, perciò gli espone i bisogni e gli propone di leggere altri autori. Mario offeso dal fatto che il fratello lo abbandoni, o piuttosto che abbandoni la sua opera, proprio nel momento della rinascita di un vero successo, si giustifica dicendo di avere problemi con la glottide, cosicché non riesce più a leggergli a voce i romanzi. Giulio si rende conto di quello che ha causato e vuole fare un passo indietro, però neanche quella è la decisione giusta. Mario è troppo offeso, cosicché usa la letteratura per sferrare un colpo grave alla malatia di Giulio e gli prepara di nuovo una notte insonne tra i pensieri riguardanti le questioni della vita e della morte. Nel frattempo Mario si rode dalla rabbia per la frecciata che gli ha lanciato Giulio e nello stesso tempo si tormenta per il rincrescimento di sé. Malgrado tutto ciò, gli piacerebbe riappacificarsi con il fratello ammalato il che ha intenzione di attuare mediante il successo in vista. Anche Giulio vuole ravvedersi, e ciò interrompendo il trattamento. Poco dopo però abbandona tale idea, siccome le sue condizioni si aggravano e Mario nemmeno se ne accorge. Dopo tale scena siamo testimoni della meditazione di un personaggio letterario che potrebbe essere ben rappresentato anche da Giulio. Vengono presi in considerazione i gesti, la debolezza, la testardaggine quasi infantile, la sopportazione ecc. e da tutto questo potrebbe risultare per esempio un povero sofferente difensore della propria miseria. Dall’altra parte, Mario pone sé stesso sul piedestallo, tuttavia si vergogna per quanto male ed indegnamente si è comportato con Giulio. Si rende conto anche di aver smesso di scrivere le favole degli animali, dei passerotti, spingendosi a rivedere il romanzo vecchio e continua a tormentarsi per l’attesa dell’assegno che trova già eterna.
Gaia riconosce che la sua burla non è riuscita del tutto, perché Mario non si dilunga del successo apparente, anzi, lo nasconde. Bisognerebbe risvegliare l’attenzione per il suo personaggio in modo adeguato. Nello stesso tempo specula sul fatto che potrebbe sfruttare per questo scopo addiritura uno dei conoscenti di Mario. Costui potrebbe proporre a Mario un’offerta più vantaggiosa di quella ricevuta da parte di Westermann. Comunque, tali intenzioni sono considerate troppo maligne e quindi respinte anche da parte degli amici di Gaia. Questi, all’improvviso, prova un senso di colpa di cui vuole liberarsi e naturalmente chiede agli amici di essere il più discreti possibile. In quel momento ci vengono spiegati anche le circostanze riguardanti il rappresentante di Westermann che è soltanto un commesso viaggiatore come Gaia. Il rappresentante è giunto a Trieste successivamente alla disgregazione dell’Austria e condannato all’inattività ha accettato di prendere parte al piano di Gaia con molto piacere. Gaia si quieta con il pensiero che anche lo stesso Mario potrebbe ridere alla sua burla però si sbaglia di grosso “Cio non era molto probabile, perché gli uomini che amano la gloria non sanno ridere...”101 Non ci vuole tanto tempo e l’inganno di Gaia verrà rivelato da uno dei presenti all’appuntamento amichevole. Uno di loro (che è anche un conoscente di Mario) ne parla a casa e da quella casa là, grazie al suo bravo figliuolo che va spesso a trovare la famiglia Samigli, raggiunge presto anche la casa di Mario. Il primo che sente la storia, che Gaia si burlava di Mario, è Giulio il quale ne parla al fratello la sera stessa. Il protagonista dapprima ride un pochino, finché non si rende conto della portata della burla. La sua mente è subito impegnata dai pensieri e rimorsi: perché non era più attento? Perché non ascoltava gli istinti perfetti del letterato e si è lasciato abbagliare dalla fame del successo? Sente la colpa che vuole castigare, liberarsi da ogni dubbio ed assalire Gaia. Per poter sapere la verità precisa, e con tutti i dettagli, è Giulio che deve subire un’interogazione dal severo Mario che, anche se prima si rodeva dal rincrescimento, in quel momento reagisce senza scrupoli di fronte alla debolezza del fratello. Tuttavia, lui stesso dopo si abbandona alle lacrime che prima impediva a Giulio. I dubbi sono superati, il senso di colpa però persiste. Indispettito sente anche il dispiacere per il fatto che qualcuno poteva offendere il suo ego, di letterato di qualità di cui non aveva dubitato mai e che loro hanno trattato come con un ignorante. Tra l’altro sta in pensiero per la fama che lo inseguirà già per sempre e soprattutto in una città piccola quale quella in vive, si deve preoccupare anche del debito che ha contratto. Il suo cruccio viene così compensato con la scrittura delle tre favole dei uccellini e la loro fine funesta. La stessa notte si attua anche la riappacificazione tra i fratelli. Mario si rende conto che nessun successo letterario può sostituire l’amore e la cura della quale ha bisogno il suo fratello Giulio. In quel momento quindi rimanda la letteratura e ci restano solo le grida dal sonno i quali, proprio come uno sfogo testimoniano la sua insoddisfazione intera.

Il giorno successivo che fa parte dell’ultimo capitolo, si apre per Mario con un dolore dopo il crollo delle illusioni. Incoraggiato dallo sguardo sul fratello addormentato contento, si mette ad andare incontro a Gaia. Anche se ha ben ponderato prima come procedere per non compromettersi, la situazione cambia le sue intenzioni. All’improvviso appare Gaia che ha fretta al lavoro, e dopo aver rivolto a Mario una domanda riguardante Westermann, Mario rivaluta di colpo quelle intenzioni precedenti e nell’impeto della collera repressa “lasciò cadere sulla faccia del Gaia un manorovescio enorme di cui non avrebbe creduto capace...”102 Dopo segue un momento di incertezza, ossia se Westermann esistesse davvero, alternata dalla conferma della burla da parte dello stesso Gaia alla quale, dunque, Mario reagisce con altri colpi. Gaia, privo di forze, non riesce a né schermirsi né a restituirglieli. Infamato anche con le espressioni abbastanza aspre, tuttavia, non si vergogna di offrirsi di nuovo a Mario. Appena finito l’episodio, Gaia se ne va con la coda tra le gambe e Mario, il vincitore, contento di sé stesso va a raccontare subito tutto all’amico Brauner il quale capisce che Mario alla fine non è uscito tanto male dalla burla perché il paghero della valuta di duecentomila lire con il cambio di settantacinque mila ha recato, vista la caduta del cambio della valuta austriatica, almeno settantamila lire. Mario dapprima rifiuta i soldi conquistati grazie alla burla. Fortunatamente c’è il bravo amico Brauner che lo convince che con quel modo di comportarsi, potrebbe pregiudicare solo la sua carriera, che nessuno vorrebbe collaborare con lui. Mario si preoccupa poi anche del fatto relativo alla provvisione del cinque per cento per Gaia. Brauner gli assicura che, se la banca non conosce lo sfondo della storia, perciò essa non si può più diffondere, cossiché neanche Gaia se ne ricorderà. La storia si conclude con un lieto fine per il protagonista, Mario, che da quel momento potrà organizzare l’esistenza soddisfacente assieme al fratello Giulio e scrivere di tutto ciò solo un’altra favola con una morale.



I personaggi della novella Una burla riuscita

L’ultima novella da analizzare viene narrata in terza persona da un narratore esterno e onniscente. Nel corso della novella globalizza o riassume continuamente i movimenti della mente del protagonista. Il narratore ci presenta cinque personaggi che possiamo di nuovo distinguere in tre linee. In primo piano troviamo il protagonista Mario Samigli attorno al quale gira tutta la vicenda. La seconda linea è formata dagli antagonisti: Enrico Gaia e il rappresentante dell’editore fittizio di Westermann; e dagli aiutanti: Giulio (il fratello di Mario) e il capufficio Brauer. La terza linea è rappresentata dai personaggi solo accennati sia dal narratore, sia dai personaggi.



Mario Samigli



Un impiegato sui sessant’anni della piccola borghesia, incarna un letterato fallito, affamato di gloria letteraria. Anche nel caso presente abbiamo a che fare con un incurabile eterno sognatore a vita ai propri ideali, trasportandoli sulla carta: “tutta la sua tristezza passasse nelle sue favole amare e perciò non arrivasse ad oscurare la sua faccia”103. Sulla carta trasporta, in fondo, con il sorriso amaro la delusione, l’insoddisfazione del fatto di non essere rinomato e l’amarezza della vita, cosicché possiamo ben vedere la coincidenza tra il suo destino e le avventure dei passerotti (i volatili delle sue favole). Un’altra similitudine è percepibile anche nel rapporto tra lui e suo fratello: mentre Giulio soffre fisicamente di artrosi, Mario soffre psichicamente in conseguenza dei fatti suddetti. Per il sostegno reciproco, che inevitabilmente nasce tra questi due fratelli malati, il narratore trova un bel paragone: “Nelle lunghe sere invernali, in quella stanza, il poeta sosteneva il gottoso ed il gottoso confortava il poeta. La somiglianza di tale rapporto con quello dello zoppo e del cieco è evidente.”104 Il rapporto tra di loro, malgrado alcuni momenti di crisi, è tanto forte che Mario, apparentemente meno debole di Giulio, viene travolto dalla vita monotona del fratello più anziano, la quale lo rende coetaneo di Giulio, anziché il contrario. Un’osservazione del genere può essere già considerata uno dei sintomi che più avanti possono condurre all’affermazione che Mario nel suo comportamento sia molto manovrabile. I nuovi sintomi si aggiungono con la messa in atto della stessa burla. Mario diventa preda delle proprie illusioni funeste che paralizzano anche il suo istinto di conservazione: si avvia in un’impresa malcerta – malcerta già soltanto per lo stesso fatto che viene attuata dal suo nemico mortale, Gaia. Il suo desiderio di farsi vedere dal mondo, di diventare famoso, questa volta prevale sull’indecisione. Anche se a volte istintivamente non è troppo fiducioso, lui non dà più retta agli istinti: “Mario era un cattivo osservatore, ma che era, purtroppo, un osservatore letterario, di quelli che possono essere truffati col minimo sforzo, perché sanno fare l’osservazione esatta per deformarla subito a forza di concetti.”105 Malgrado desideri diventare famoso, sorprendemente si trattiene dal dilungarsi del suo successo. Si confida solo col fratello, di cui non tollera più le critiche e col capufficio Brauer e rimane continuamente indifferente verso i dubbi che entrambi gli uomini di fiducia gli espongono, siccome considera sempre la proposta come una cosa seria e decisiva. Si rivela veramente come un cieco il quale, purtroppo, più che non avere la volontà di vedere le cose chiare, non ci riesce. Non lo insospettisce neanche la risata inopportuna dei due antagonisti Gaia e Westermann durante l’appuntamento, che più che altro lo mette in imbarazzo e lo offende. Ma lui si rassegna e, anzi, diventa pauroso per non perdere qualcosa. L’ansiosa attesa del nuovo passo verso il successo, la quale segue dopo l’appuntamento con gli antagonisti, gli fa male alla salute e lo rende insopportabile nei confronti di Giulio: solo in quei momenti traspare la sua debolezza caratteriale mescolata con l’egocentrismo, praticamente la vigliaccheria; infatti, si sfoga spregevolmente contro il fratello malato – debole fisicalmente. Mario vuole trasmettere il proprio malessere profondo al fratello. Per quel che gli era sembrato, Giulio non era più disposto ad assisterlo nelle correzioni del romanzo, anzi lo disprezzava addiritura, tanto gli rende la pariglia disprezzando la sua malattia: “La letteratura, attaccata, aveva reagito offendendo la malattia profondamente.”106 La sua sopportazione, la testardaggine somiglia quasi a quella di un usurpatore. Prende il ruolo di un sofferente difensore della propria miseria: “Non sarebbe stato il dovere di Giulio di assisterlo nel suo lavoro? E per allora Mario finì col compiangere se stesso. Doveva sopportare tutto, lui: oltre al resto anche la bestialità di Giulio e il rimorso di averlo offeso.”107 La bestialità è invece la sua. Pur elevando sé stesso sopra Giulio, dispiaciuto per aver avuto un simile comportamento con il fratello e finisce per rendersi conto della propria malvagità “una vera bassezza. Aveva voluto ferire e offendere il povero ammalato, a lui affidato dal destino, perché innocentemente e per una volta sola aveva respinto l’opera sua.”108 Comunque, la semplice consapevolezza della propria pochezza di mente e l’arroganza non basta solo col pensiero, bisogna che si traduca nei fatti o nelle conseguenze di un’altra trappola: tra poco Mario verrà esposto ad affrontarla a causa della burla appena svelata. Nel momento in cui si ritrova davanti alla propria miopia, capitola e non può che rincrescergli di non aver ascoltato gli istinti e di essersi lasciato abbagliare dalla visione dalla prospettiva del successo: “Aveva chiuso gli occhi apposta per non vedere e non intendere? Da bel principio egli aveva indovinato l’intima natura dei due messeri coi quali aveva avuto da fare e li avrebbe potuti smascherare subito quando in sua presenza i due svergognati s’erano abbandonati al riso. Perché non aveva pensato, ché non guardato?”109 Non riesce a reggere da solo il nuovo rimpianto, perciò si sfoga di nuovo contro il povero Giulio che gli ha esposto spontaneamente tutta la storia. In quel momento possiamo trovare Mario lasciato solo con il proprio malessere, anzi, lui è solo dall’inizio, essendo prigioniero delle proprie illusioni che ormai sono sfumate e hanno scorto la luce del cattivo mondo. Il suo ego orgoglioso, ma anche onesto (almeno rispetto agli antagonisti) e soprattutto fiducioso si è attirato un forte scontro con la malvagità degli altri. Il crollo delle illusioni è stato inevitabile proprio come la rivincita sotto forma di schiaffi: gli schiaffi nel senso metaforico che gli sono stati assestati da parte di Gaia, ormai si traducono nell’atto realizzato dalle mani di Mario. Questi alla fine esce dalla storia come un vincitore e anche se prima non vuole cogliere l’occasione d’approfittare della burla, incassando i soldi, perché lui rappresenta pure l’uomo onesto, alla fine ne approfitta e il lettore glielo perdona, anzi glielo augura ancora perché, in fin dei conti, dopo un gioco amaro e tanti ostacoli, Mario in fondo è un bonaccione e lo merita.

Giulio

È il nome del fratello più grande del protagonista. Si tratta di un uomo anziano ammalato di artrosi, il paziente-“lo zoppo” dipendente dalle cure di Mario. Rappresenta un personaggio molto squilibrato che, da un lato, sta dalla parte di Mario: “Mario non vedeva che il vecchio fratello ormai non poteva dargli consigli, non avrebbe mai detto cosa che non fosse stata spiata del suo proprio desiderio. Era anche giusto: non si trattava di consigliare o d’ammonire; bisognava sostenere e incoraggiare.”110, dall’altro, nel corso del racconto, possiamo vedere le piccole seccature con cui disturba Mario. È tanto pensieroso, dubitoso, scettico che non avrebbe fatto male se potesse trasmettere le proprie qualità un po’ anche al fratello abbagliato dalla visione del successo: Il fratello, già coricato, cominciò con l’eneunciare un dubbio sulla verità della comunicazione del Gaia, [...] però subito, volonteroso, lo eliminò persino dall’intimo dell’animo suo visto che poteva diminuire la gioia del fratello.”111 Anche se Giulio non conosce Gaia per niente, agisce istintivamente. È un personaggio molto sensibile ma nella sua solida sincerità ogni tanto, purtroppo, anche ingenuo: “Si rivolse a Mario da vero fratello, confidandogli le necessità della propria vita, cioè della propria cura. [...] Strana tanta ingenuità in un debole malato che di furberia aveva tanto bisogno.”112 Sebbene parliamo dei due fratelli, in quel momento Giulio diventa davanti a Mario troppo vulnerabile vista l’indelicatezza del letterato in ansiosa attesa del successo. Ma Giulio non riesce più a capire questa brama di successo: né per il profitto materiale che non gli interessa più, essendo abituato ad una certa sobrietà, né per Mario, perché non si aspetta più troppo dalla vita: “quando Mario parlò della loro futura ricchezza, egli non ne vide l’importanza. Più caldo di così il suo letto non sarebbe stato, e sarebbero aumantate le tenzioni dei cibi più ricchi che minacciavano la salute.”113 Pur essendo, quindi, scettico e sfiducioso per quel che riguarda il successo apparente di Mario, è di nuovo proprio lui che deve rassicurarlo e privarlo dei dubbi: “E Giulio, dal suo letto innocente, aiutava a dissipare i dubbii di Mario. Diceva che il Westermann, come lui se l’immaginava, doveva essere un uomo al quale duecentomila corone di più o di meno non potevano importare.”114 Alla fine vediamo che Giulio può essere insomma più deciso rispetto a Mario, nonostante sia sempre disposto ad evitare ogni conflitto da cui traspare di nuovo un certo squilibrio: è disposto a decidere e anche a pronunciarsi su di una questione che pesa Mario ma è già poco disposto ad affrontare il confronto con il fratello, pagare le conseguenze che poi si manifestano sulla sua salute logorata.



Capufficio Brauer

Rappresenta il secondo aiutante di Mario. Non abbiamo molte notizie di lui. Abbiamo a che fare con un commercialista dal ragionamento freddo, che non è tanto in grado di creare qualcosa di carattere artistico così come Mario. Comunque, sorprendentemente tra di loro non c’è neanche una minima traccia di invidia: “Per il Brauer era una grande sventura quella di essere nato scrittore, e coloro cui era toccata senza nessuna colpa una disgrazia simile, avevano diritto ad ogni protezione da parte dei compangni più fortunati. Per Mario, poi, la capacità commerciale era proprio quella che egli non aveva mai ambita.” Dunque, si rispettano l’un l’altro e alla fine è proprio la capacità di Brauer di combinare gli affari che salverà la fama ed i soldi di Mario e, anzi, lo aiuterà persino ad arricchirsi. Anche se prima Mario non risparmia neanche Brauer dall’assegnargli un personaggio a lui corrispondente in una delle favole, alla fine trova in lui un vero amico.



Enrico Gaia



È il personaggio che possiamo classificare come antagonista, ideatore della burla. Più avanti, il narratore avvisa il lettore, concedendo informazioni dettagliate sull’aspetto fisico dell’ antagonista, che le sue intenzioni sono oblique: “Mi dispiace per lui, ma bisogna confessare che il Gaia aveva realmente l’aspetto dello spirito del male. Però non era mica brutto. A cinquantacinque anni i suoi capelli bianchi avevano un candore che rifletteva la luce come se fosse stato metallico, mentre i suoi mustacchi che coprivano le sue labbra sottili erano tuttavia bruni. Era magro, non grande, e si sarebbe potuto credere agile se non si fosse tenuto un po’ curvo, e se il suo carpicciulo non fosse stato gravato dalla prominenza di una pancetta pur sproporzionata e sporgente più giù di quelle solite degli uomini che la devono all’inerzia o al solo appetito, una di quelle pance che i tedeschi, che se ne intendono, attribuiscono all’effetto della birra. I suoi piccoli occhi neri ardevano di una malizia allegra e di presunzione. Aveva la voce roca del beone, e talvolta la urlava perché aveva per massima che bisognava parlare un po’ più forte del proprio interlocutore. Zoppicava come Mefistofele, ma, a differenza di costui, non sempre della stessa gamba, perché il reuma lo afferrava ora a destra ed ora a sinistra.”115 Enrico è un viaggiatore, poeta superficiale e occasionale, loquace e commercialmente attivo nell’Istria e Dalmazia. È un vero amante della vita, spensierato e malizioso che odia Mario dal profondo dell’anima per il suo orgoglio privo di fondamento secondo lui, e soprattutto per il senso della scrittura che avrebbe la capacità di trasformare i sogni in qualcosa di più concreto grazie all’impegno apparente che potrebbe renderlo famoso. Anche Gaia è affamato di successo solo che, a differenza di Mario, sceglie il cammino del male in confronto di Mario e anche questo fatto lo rende invidioso; la serietà di Mario: “Il Gaia avrebbe voluto strappargli il sogno felice dagli occhi a costo di accecarlo. Quando lo vedeva entrare in caffè con quella sua aria di chi guarda le cose e le persone con l’eterna, viva, serena curiosità dello scrittore, egli divea torno: ‘Ecco il grande scrittore’. Anche se vuole vendicarsi di Mario, per tutto quello che odia in lui, ideando la burla, ci sono i momenti in cui si comporta in modo avventato e con tanto scarsa prudenza, che la burla ha potuto essere svelata mille volte da Mario stesso, però “Mario continuò ad essere cieco. L’inquietudine del Gaia s’era rivelata evidente, ma egli non se ne accorse.”116 Comunque, tale inquietudine, l’impazienza non possono che sfociare un giorno in un’insoddisfazione completa: la burla non soddisfa le sue speranze, siccome Mario si trattiene dal diffondere la notizia del successo, anche se fittizio. Il risultato: lo smascheramento scandaloso, così, non si fa aspettare molto. L’idea della nuova proposta ancor più favorevole suscita sdegno non solo negli amici, ma sorprendentemente anche in Enrico stesso: possiamo vedere anche un lato positivo del presente antagonista, ovvero un pizzico di coscienza. Anche se allora si astiene da tale progetto, lo smascheramento è già inevitabile, comunque, neanche alla fine si trattiene dalla sua sfacciataggine e si fa oggetto di sconfitta e vergogna.

Il rappresentante dell’editore Westermann

È legato al ruolo di antagonista come Gaia, visto che collabora con lui. Le informazioni sul personaggio sono più profonde di quanto un lettore si aspetti. La descrizione fisica è piuttosto estesa: “Il rappresentante dell’editore Westermann era una personcina dinoccolata priva dell’autorevolezza che conferisce una certa proporzionata abbondanza di carne e di grasso, [...] La sua pelliccia dal collare ricco, di pelo di foca, era la cosa più importante di tutto l’individuo, e molto più importante della giacca e dei calzoni sdruciti che intravvedevano. [...] L’alto collare coronò sempre la faccina fornita di una barbetta e di mustacchi radi e fulvi sotto ad una testa radicalmente calva.”117 Da quello che viene percepito dagli occhi di Mario, vediamo che non merita molta fiducia, anche per il fatto che il rappresentante è paragonato a Gaia: “Era più brutto del Gaia, ma al letterato parve somigliasse.”118 il che può documentare di nuovo che già quella volta ha dovuto ascoltare l’istinto.



Conoscente della Slovenia e l’editore fittizio di Westermann

Entrambi questi personaggi, soltanto nominati dal narratore, vanno giudicati come i personaggi della terza linea in quanto non intervengono per niente nel flusso dell’azione.



Riassunto

La novella Una burla riuscita ci ha offerto una quantità media di personaggi, in confronto alle novelle precedenti, che comunque abbiamo diviso di nuovo nelle tre linee a seconda dell’importanza e della presenza dei personaggi. Nella seconda linea, è stato opportuno questa volta definire persino il ruolo che i personaggi rappresentano nel rapporto con il personaggio della prima linea, ossia con il protagonista intorno al quale gira tutta la vicenda e, anzi, è addiritura il bersaglio della burla. Concentrandoci sul profilo degli atti del protagonista, Mario Samigli, riscopriamo di nuovo dei tratti che risultano dalla catena causale e che andiamo ora a riassumere.


Il protagonista è più che altro un personaggio orgoglioso, consapevole del suo potenziale letterario, però già meno tenace o meno volonteroso nell’impegno di fare qualcosa di più per riscuotere un vero successo nel settore. Appare più vecchio di quello che è in realtà, essendo trascinato dalla monotonia della vecchiaia del fratello. È cieco, nel senso metaforico, visto che trascura i gesti di Gaia, i quali risvegliano un sospetto, e del rappresentante dell’editore di Westermann anche a costo di rimanere offeso; e sordo, poichè non ascolta mai l’istinto o i consigli almeno da parte di Giulio e Brauer. È un nuovo caso di personaggio pauroso e indeciso, ossia incapace di prendere velocemente una decisione anche radicale. Anche se si è elevato con la visione del successo in vista, deve essere continuamente sostenuto e rassicurato da Giulio. Malgrado tutto ciò è purtroppo tanto basso, vigliacco ed egocentrico che sa sdebitarsi col povero fratello malato più volte solo con il comportamento malvagio. In tal caso la sua arroganza non è tanto lontana da quella di Gaia, però sembra essere un po’ più evidente e in modo strano: Mario non riesce a gestirla bene, perciò può apparire anche un po’ esagerata, perché, in fondo, tale tratto non si addice troppo al suo personaggio, siccome non è della stessa natura di Gaia, non è tanto forte di carattere. Solo dopo il crollo delle illusioni si ritorna al suo stato precedente, umile eppure orgoglioso ma comunque onesto in confronto agli altri. Siccome subisce molti sviluppi nel corso di tutta la novella, potremmo permetterci d’indicarlo come il personaggio a tutto tondo.
Per quel che riguarda il carattere squilibrato di Giulio, i suoi tratti sono ben chiari: essendo fragile e debole fisicamente, è tanto sottomesso alla buona volontà di Mario, che si ritrova più volte ad essere debole anche psicologicamente e si rivela molto vulnerabile, ovvero per la spontaneità e la sincerità ingenua. Comunque, ora abbiamo presenti i tratti che a volte traspaiono un po’ nel rapporto con il fratello, i quali farebbero di Giulio un personaggio più forte, se non fossero velati sotto una certa sottomissione fraterna. Anche se fosse pensieroso, dubitoso, scettico come Mario, Giulio è più volonteroso e soprattutto istintivo, perciò a volte spotaneo e forse anche più deciso. In tal caso possiamo immaginare che sarebbe in grado anche di precedere Mario, però la salute logorata (e può darsi che anche l’intenzione dell’autore) purtroppo glielo impedisce, cosicché è condannato a rimanere sobrio.
Un altro aiutante di Brauer è caratterizzato prima di tutto come un commercialista dal ragionamento freddo e incapace di dar vita a creazioni artistiche, d’altra parte si rivela come un aiutante nel senso della parola, come abbiamo detto prima.
L’ultimo personaggio che è disegnato da numerosi tratti è rappresentato dall’antagonista Gaia. Anche questi, al contrario, è un antagonista nel vero senso della parola: è il male personificato. È un personaggio superficiale, spensierato, arrogante e malizioso. Non essendo capace di tradurre i sogni in realtà così come cerca di farlo Mario tramite le favole, lo rende invidioso e comincia a ideare la burla. Nel corso delle trattative con Mario e il rappresentante dell’editore fittizio si rivela ancora un’altra enorme gamma dei suoi tratti per cui abbiamo trovato aggettivi come indecente, imprudente, inquieto, impaziente e alla fine ancora insoddisfatto. L’insoddisfazione si trasforma però, almeno in quel momento, in un senso di colpa (quando ha intenzione di migliorare la proposta per Mario) il quale vorrebbe far capire che non è pure tanto corrotto. Eppure nella fase finale dà sfogo alla sua solita insolenza, cosicché è quasi necessario che finisca penosamente sconfitto dalla vittima della burla.
Il rappresentante dell’editore è un personaggio poco affidabile proprio come Gaia. Infatti, è come se apparisse un riflesso nello specchio di Gaia nel ruolo di complice dell’antagonista. In realtà hanno molto in comune.
Riassumendo i personaggi della seconda e terza linea i quali non subiscono nessuno sviluppo, ci permettiamo di affermare che ci troviamo di fronte a personaggi piatti. Tutti i personaggi si muovono nell’ambiente che non contiene nessuna traccia di un affetto o di un sentimento, ma è insomma utilitaristico, se non addiritura irrilevante.

La conclusione dell’analisi dell’ultima novella sarà dedicata di nuovo all’identità dei personaggi, ossia ai loro nomi. Questa volta, tutti i personaggi sono chiamati per nome la cui distribuzione però è casuale: il protagonista Mario Samigli, suo fratello e aiutante Giulio, aiutante il capufficio Brauer, antagonista Enrico Gaia. Coloro che sono privi del nome sono il complice dell’antagonista di Gaia (il rappresentante dell’editore Westermann) ed i personaggi della terza linea (lo stesso editore fittizio di Westerman e l’amico proveniente dalla Slovenia). Come vediamo nei presenti due casi, all’inizio il narratore ci fa fare conoscenza sia del nome, sia del cognome: Mario Samigli, Enrico Gaia; però più avanti li chiama solo per nome – Mario, oppure per il cognome – Gaia (Il suo nome rievoca molto l’espressione “gaio” e probabilmente non casualmente. È prima di tutto il suo ruolo di antagonista-burlatore che ci permette di accettare tale analogia). Dagli altri sappiamo, al contrario, sia il nome sia il cognome: aiutante Brauer, il fratello Giulio, editore fittizio Westermann. Oppure i personaggi rimangono anonimi. Possiamo quasi dichiarare che i personaggi che stanno dalla parte di Mario Samigli sono chiamati per nome e gli antagonisti sono chiamati per cognome o rimangono anonimi, però tale eventualità è incrinata dal fatto che anche Brauer è dalla parte di Mario, eppure viene chiamato per cognome. Perciò, parlando dell’identità, sarà necessario abbandonare la classificazione precedente e, invece, aggiungere una classifica diversa: i personaggi del circolo famigliare saranno chiamati per nome ed i personaggi al di fuori del presente circolo saranno chiamati per congome. I personaggi che hanno fatto conoscenza del protagonista durante o appena prima la burla rimangano anonimi. Dunque, se accettiamo tale teoria, nel caso che dovesse apparire nella novella a fianco di Mario un altro parente, potrebbe essere ben chiamato per altri nomi propri. Invece se avesse più colleghi sia aiutanti, sia antagonisti, questi sarebbero chiamati evidentemente per cognomi. Ipoteticamente, a seconda della nostra teoria, per esempio qualche compagno di scuola o d’armi ecc. sarà probabilmente anonimo.


Per concludere, bisogna ritornare ancora in breve al nome dello stesso protagonista e non possiamo che ricordare il fatto impreteribile e notoriamente conosciuto che è più che probabile che per il nome Mario Samigli Italo Svevo si sia ispirato al proprio pseudonimo che usava nella scrittura giornalistica: Il nome del protagonista, Mario Samigli, ricalcato su uno pseudonimi di cui Svevo si servì per alcuni articoli sul ‘Piccolo’.”119

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