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Una Guida e l’impegno di due Paesi
PARTE INTRODUTTIVA
L’immigrazione
dei marocchini verso
l’Italia è successiva a quella registrata nel
periodo delle grandi migrazioni dirette nel
Centro e nel Nord Europa. Il turno dell’Italia
come Paese di immigrazione inizia solo dopo
la crisi petrolifera del 1973 e le politiche
restrittive adottate dai Paesi europei d’immi-
grazione (concretizzatesi nell’accordo di Schen-
gen del 1985 e quindi nello “spazio Schengen”,
che ha inteso facilitare la circolazione intraco-
munitaria e controllare maggiormente i movi-
menti dall’esterno). Dalla metà degli anni ‘70
l’Italia ha iniziato a diventare un Paese di im-
migrazione alternativo a seguito di questi fattori:
diminuzione della sua emigrazione verso l’estero,
legislazione più flessibile, redditi comunque
più elevati rispetto all’altra sponda del Medi-
terraneo, spazi residuali di lavoro e anche con-
dizioni climatiche più favorevoli.
È stato detto che il Marocco sia stato per
l’Europa quello che il Messico è stato e conti-
nua a essere nei confronti degli Stati Uniti (il
paragone è di Pierre Vermeren in Le Maroc en
transition, La Découverte, Paris, 2002). Nei
confronti dell’Italia questo parallelismo può va-
lere solo per il periodo tra gli anni ’80 e ’90,
mentre successivamente si riscontra un note-
vole policentrismo migratorio, in provenienza
da diverse aree del mondo e in misura massic-
cia dall’Est Europa.
Le varie fasi della presenza
Volendo riassumere l’evoluzione della pre-
senza marocchina in Italia, si può dire che gli
anni ’70 hanno rappresentato la fase iniziale
dell’insediamento, gli anni ‘80 quella del con-
solidamento, gli anni ’90 quella della ricompo-
sizione familiare con la venuta delle donne e la
nascita dei figli. A partire dagli anni 2000 fino
alla fase attuale si riscontra una problematicità
dovuta non solo all’andamento economico ma
anche alla difficoltà, da parte degli italiani, di
accettare in pieno le prospettive di definitiva in-
tegrazione degli immigrati.
I primi marocchini, venuti in Italia negli anni
’70, insediatisi prima nelle regioni meridionali e
poi spostatisi verso il Nord, sono stati quelli
senza qualifica e senza lavoro, spinti dalla di-
sperazione. Si è trattato di venditori ambulanti
(di tappeti e altri prodotti artigianali), lavavetri,
braccianti e piccoli agricoltori, spesso anche di
una certa età, costretti all’esodo dai problemi
creati dalla siccità nelle loro terre e dai nume-
rosi debiti contratti: una volta venuti in Italia, ne
hanno richiamati altri secondo la dinamica ben
nota delle catene migratorie. Sono stati quasi
sempre maschi soli, o perché ancora non spo-
sati o, se sposati, con le famiglie rimaste in pa-
tria. A questo proposito, non può non colpire il
soprannome che tutt’oggi viene dato a qualun-
que venditore ambulante per strada che sia
esso senegalese, bengalese o altro, per l’im-
maginario italiano costui è “il marocchino”, a
testimonianza di quella che era effettivamente
la prima occupazione dei marocchini.
Negli anni ’80, i flussi hanno iniziato a pro-
venire non più solo dalle campagne ma anche
dalle città (e quindi con protagonisti dal livello
9
PARTE INTRODUTTIVA
Breve storia dell’immigrazione
marocchina in Italia
di istruzione più alto). Ad arrivare sono stati i la-
voratori rimasti senza un posto nelle fabbriche
o nelle miniere di fosfati, come anche gli arti-
giani; di età più giovane, essi si sono mostrati
pronti a inserirsi non solo in agricoltura ma
anche in comparti come l’edilizia, la piccola in-
dustria, i servizi di pulizia, i distributori di ben-
zina e il commercio e dovunque c’è stato
bisogno di manodopera. Si è trattato anche di
un certo numero di studenti che, non avendo
più l’accesso ai tradizionali Paesi di immigra-
zione, hanno trovato uno sbocco nelle univer-
sità italiane e hanno contribuito ad elevare il
livello culturale della comunità marocchina,
operando come mediatori, educatori e opera-
tori sociali. Si è di fatto formata una catena che
ha coinvolto i marocchini rimasti in patria, sui
quali ha esercitato una notevole attrattiva la
possibilità di inviare rimesse e il benessere
ostentato dai connazionali in occasione dei ri-
torni per le vacanze, spesso su autovetture di
grossa cilindrata, poi rivendute in loco.
Negli anni ’90 si assiste per lo più all’arrivo
delle donne che, con la loro presenza e quella
dei figli, hanno dato l’idea di una presenza nor-
male, anche perché personalmente non sono
state coinvolte nelle dinamiche della irregolarità.
Gli anni 2000 hanno conosciuto il rafforza-
mento dei ricongiungimenti familiari, è aumen-
tata notevolmente la presenza dei figli, sono
stati più forti i legami con la società italiana, sor-
retti dalla prospettiva di inserimento stabile,
sancita anche a livello normativo prima dalla
cosiddetta “carta di soggiorno” (legge 40/1998)
e poi dalla Direttiva europea sul permesso CE
per lungosoggiornanti (n. 109 del 2003), entrata
in vigore in Italia nel 2007.
Non può mancare un cenno alle difficoltà e
ai veri e propri drammi che hanno riguardato le
persone coinvolte nei flussi irregolari, molte
delle quali sono morte nel mare, dopo essersi
imbarcate in Tunisia attraversando l’Algeria. Nel
passato, le lunghe rotte terrestri sono passate
anche attraverso la Grecia e la Jugoslavia.
I dati dell’ultimo decennio
e la ripartizione territoriale
I marocchini sono risultati 1.001 al censi-
mento del 1981 (su una presenza totale in Italia
di 210.937 cittadini stranieri), 39.911 al censi-
mento del 1991 (su 356.159 stranieri), 180.103
al censimento del 2001 (su 1.334.889 stranieri).
L’aumento numerico dei marocchini in Italia
è stato particolarmente consistente nell’ultimo
decennio, essendo più che raddoppiati, ma la
loro incidenza sulla presenza straniera è andata
10
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Andamento dei residenti marocchini e di quelli stranieri (2001-2012)
Anno
Stranieri
residenti
Marocchini
residenti
Inc. %
marocchini
Soggiornanti
marocchini
2001
1.334.889
180.103
13,5
167.334
2002
1.549.373
215.430
13,9
170.746
2003
1.990.159
253.362
12,7
231.044
2004
2.402.157
294.945
12.3
235.012
2005
2.670.514
319.537
12,0
239.728
2006
2.938.922
343.228
11,7
258.571
2007
3.432.651
365.908
10,6
388.084
2008
3.891.185
403.592
10,4
441.137
2009
4.235.059
431.529
10,2
475.202
2010
4.570.317
452.424
9,9
501.610
2011
4.825.573
470.426
9,7
506.369
2012
4.387.721
-
-
517.146
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su dati Ministero dell!Interno/Istat/Eurostat
diminuendo (dal 13,5% a circa il 10%), perché
nello stesso periodo altre collettività (dell’Est
Europa e dell’Asia) sono aumentate secondo un
ritmo più elevato.
Al 31 dicembre 2001 i cittadini del Marocco
residenti in Italia erano 180.103 su una popola-
zione straniera residente di 1.334.889, con
un’incidenza del 13,5%. Alla fine del 2011 essi
sono stati 470.426 su 4.825.573 residenti (inci-
denza 9,7%).
È curioso rilevare che l’insediamento prin-
cipale dei marocchini si configura come una T,
con la linea orizzontale che va dal Piemonte al
Veneto inglobando la Lombardia, e quella ver-
ticale che scende centralmente attraverso
l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria fino al
Lazio e alla Campania.
Le regioni a maggiore presenza dei maroc-
chini sono la Lombardia, con quasi un quarto
del totale, e tre regioni con una incidenza di
circa il 15% sul totale (Emilia Romagna, Pie-
monte e Veneto). Più dei due terzi dei maroc-
chini si trova in queste quattro regioni, quelle
più industriali del Nord, in grado di offrire mag-
giori opportunità occupazionali. Invece, il nu-
mero dei marocchini è più contenuto nel Lazio,
pur essendo questa la seconda regione in Italia
per numero di immigrati.
Essendo la presenza marocchina in preva-
lenza stabilita nel Settentrione, le province con
il maggior numero di marocchini si trovano in
quest’area: Torino, Milano, Bergamo, Brescia,
Modena, Bologna, Verona, Treviso, Padova,
Reggio Emilia, Mantova, Cuneo, Vicenza, Peru-
gia, Mantova e Alessandria. Seguono, molto di-
stanziate, le città del centro Italia, come Firenze
e Roma. La presenza nel Meridione, dove ini-
zialmente si stabilirono i lavoratori stagionali (Si-
cilia, Campania e Puglia), è residuale, salvo sig-
nificative concentrazioni a Napoli, Salerno e
Reggio Calabria. La dislocazione dei consolati
marocchini riflette la ripartizione territoriale con
quattro strutture nel Nord (Milano, Verona, Bo-
logna, Torino), una nel Centro (Roma) e una nel
Meridione (Palermo). A questi si aggiungono i
tre consolati onorari di Trento, Napoli e Catan-
zaro.
Imprenditoria e rimesse:
il protagonismo dei marocchini
L’impegno imprenditoriale è uno degli
aspetti più dinamici registrati nel fenomeno mi-
gratorio in Italia nel corso degli anni 2000. Esso
si è caratterizzato per un maggiore dinamismo
rispetto all’imprenditoria italiana, che negli anni
di crisi non è riuscita né a mantenere né a recu-
perare il livello raggiunto nel 2007. Dell’impren-
ditoria immigrata è prevedibile un’ulteriore
espansione, perché gli immigrati tendono a rag-
giungere lo stesso livello degli italiani nel com-
parto del lavoro autonomo (rispetto al quale
però l’incidenza risulta dimezzata a confronto
con quella esercitata sulla popolazione resi-
dente, nonostante il continuo aumento interve-
nuto).
Bisogna tenere conto che la libera facoltà
per gli immigrati di esercitare un lavoro auto-
nomo, fatta eccezione per l’apertura avallata
solo dalla legge 39 del 1990 a beneficio degli
immigrati regolarizzati in quell’anno, si fonda
sulla deroga al principio della reciprocità bilate-
rale sancita dalla legge 40 del 1998. Di questa
nuova opportunità i marocchini si sono avvalsi
in misura ampia, creando circa un terzo delle
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
11
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Confronto tra le imprese con titolare marocchino e le altre aziende straniere (2007-2012)
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Tutti i Paesi
165.114
187.466
213.267
228.540
249.464
232.668
Marocco
25.592
30.665
35.308
37.574
41.223
38.203
Inc. %
14,3
16,4
16,6
16,5
16,5
16,4
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su dati Infocamere/CNA
loro imprese nel periodo 1998-2002, senza tut-
tavia perdere il dinamismo imprenditoriale nel
periodo successivo e mantenendo il primo
posto tra gli imprenditori immigrati.
I dati di seguito riportati sono elaborati dalla
Confederazione Nazionale dell’Artigianato
(CNA) a partire dall’archivio delle imprese di
Unioncamere.
Delle 232.668 imprese con titolare straniero
operanti alla fine del 2012, 38.203 hanno un ti-
tolare marocchino, in larga prevalenza maschio
(oltre il 90%). Questi imprenditori incidono al-
l’incirca per l’8% sulla consistenza della collet-
tività marocchina, un valore notevole rispetto
alla media rilevata tra gli immigrati (tuttavia, le
incidenze più elevate caratterizzano le comunità
cinese, senegalese, bangladeshi ed egiziana). I
marocchini hanno concentrato le loro aziende,
nella misura del 70%, nel settore del commer-
cio, che tra la generalità degli immigrati incide,
invece, solo per un terzo. Gli imprenditori ma-
rocchini sono anche attivi in edilizia, con un
quinto delle loro aziende (e, quindi, in misura in-
feriore ad altre collettività), e nei trasporti (con il
5% delle imprese, valore superiore a quello
medio degli imprenditori immigrati). Seguono,
con valori mai superiori all’1%, le industrie ma-
nifatturiere, i servizi professionali, la meccanica
e le industrie alimentari.
La comunità marocchina in Italia è stata, fin
dall’inizio, tra le grandi protagoniste nell’invio di
rimesse. Le rimesse dei marocchini in Italia, ri-
maste al di sotto dei 20 milioni di euro negli anni
’90, hanno superato tale soglia nel 2000 e i 30
milioni l’anno successivo. Dal 2004, essendo
state conteggiate anche le somme rimesse tra-
mite i money transfer, il volume degli invii ha co-
nosciuto un’impennata, superando i 300 milioni
nel biennio 2007-2008 per poi scendere suc-
cessivamente fino a raggiungere i 242 milioni
nel 2012.
Nel caso dei marocchini si può ipotizzare
che molte somme vengano portate diretta-
mente in Marocco dagli interessati, senza ricor-
rere ai servizi dei money transfer o delle banche:
conferma questa ipotesi il fatto che diversi
scritti dedicati alla storia dell’emigrazione ma-
rocchina in Italia pongano in evidenza come il
consistente flusso di danaro fatto pervenire in
Marocco abbia incentivato all’esodo molte per-
sone rimaste sul posto.
Un altro fattore di cui tenere conto consiste
nel fatto che la comunità marocchina ha forte-
mente incrementato i ricongiungimenti familiari
per cui, essendosi formate famiglie numerose,
con il passare del tempo i risparmi vengono uti-
lizzati in prevalenza per sostenere il processo di
integrazione in Italia, spesso acquistandovi
anche la casa.
I nuovi ingressi di marocchini
nel 2011 e nel 2012
Tra i marocchini registrati come residenti al
31 dicembre 2010 (452.424) e quelli registrati
come soggiornanti al 31 dicembre 2011
(506.369) vi è una differenza di 54.000 unità,
che incide in misura notevole in diverse regioni:
16.000 persone in più in Lombardia, 11.000 in
Emilia Romagna, 9.000 in Veneto, 7.000 in Pie-
monte, 3.000 in Toscana, 2.000 in Liguria, Lazio
e Campania, 1.000 nelle Marche.
I marocchini entrati in Italia nel 2011 sono
12
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
PARTE INTRODUTTIVA
ITALIA. Rimesse inviate dagli immigrati marocchini e incidenza sul totale (2005-2012) – valori in
migliaia
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Totale
3.900.793 4.527.666 6.039.255 6.376.949 6.747.818 6.572.238 7.394.400 6.833.116
Marocco
244.021 294.807
339.411 333.023
279.077 283.543
299.898
242.510
Inc. %
6,1
6,5
5,6
5,2
4,1
4,3
4,1
3,5
FONTE: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su su dati Istat
stati 31.000, di cui 17.858 maschi e 13.142
donne (43,4%). I motivi dell’ingresso sono stati:
famiglia 54,0%, lavoro 40,9%, studio 0,8%,
asilo e motivi umanitari 0,8%, altri motivi 3,5%.
Questi motivi presentano una notevole differen-
ziazione di genere. I motivi di famiglia incidono
per il 79,8% sulle donne e per il 35,1% sugli uo-
mini, mentre i permessi per lavoro incidono per
il 59,5% sugli uomini e per il 15,6% sulle donne.
Quanto alla durata, i nuovi permessi si pos-
sono ripartire in tre categorie: fino a 6 mesi
(3.943, 12,7%), tra i 6 mesi e i 12 mesi (11.172,
36,0%) e oltre 12 mesi (15.885, 52,2%).
Tra i nuovi ingressi sono inclusi anche 3.296
lavoratori stagionali, di cui 2.743 sono uomini
(83,2%). Tra i marocchini nuovi venuti l’81,5%
ha meno di 40 anni. Tra le marocchine nuove
venute quelle con meno di 40 anni incidono
solo per il 77,9% e hanno ottenuto il soggiorno
per la prima volta 1.837 marocchini ultrases-
santenni (nel 63,1% dei casi donne) che, evi-
dentemente, sono genitori chiamati dai familiari
già residenti in Italia.
Nel 2012 i nuovi venuti provenienti dal Ma-
rocco sono stati 21.109, con un’incidenza fem-
minile del 50,0%. La classe di età più
rappresentata è stata quella compresa tra i 18
e i 24 anni (38,2%), seguita dalla classe 30-44
anni (35,3%). Come per l’anno precedente, si
segnala la presenza di 1.117 ultrasessantenni
giunti in Italia per motivi familiari. Oltre la metà
dei nuovi venuti non è sposata (10.090), mentre
i coniugati sono pari a 8.487.
Tra le tipologie di permesso di soggiorno più
ricorrenti si rilevano i motivi familiari (14.260), il
lavoro subordinato (5.273). Vi sono, inoltre,
2.208 cittadini marocchini nuovi venuti in
quanto familiari di cittadini dell’UE oltre a 1.818
lavoratori stagionali.
Gli effetti della crisi:
i permessi scaduti e non più rinnovati
Le ricadute della crisi sono state più pesanti
sui progetti di vita degli immigrati non ancora ti-
tolari di un permesso di soggiorno di durata il-
limitata. Essi sono stati più penalizzati perché
più esposti alle fluttuazioni economiche, assunti
con contratti a termine o esposti a licenziamenti
selettivi, coperti solo parzialmente dagli am-
mortizzatori sociali e familiari e, quindi, con un
più forte incremento di disoccupati nel loro in-
terno. A fronte di questa situazione si è ipotiz-
zato che molti abbiano lasciato l’Italia, almeno
temporaneamente, per rientrare nel proprio
Paese o recarsi in un altro. Questo andamento
ha riguardato, ovviamente, anche il Marocco.
Nel 2012, sono venuti a cessare per i ma-
rocchini, senza più essere rinnovati, 28.502 per-
messi di soggiorno, dei quali 13.980 per lavoro,
mentre gli altri sono stati in prevalenza concessi
per ricongiungimento familiare. A risentire mag-
giormente di questo andamento sono stati gli
uomini, inseriti per lo più nell’industria, il settore
maggiormente in crisi. Tuttavia, l’incidenza per-
centuale dei permessi scaduti è stata più bassa
rispetto alla media nazionale e ciò sta a signifi-
care una maggiore capacità di tenuta. Questo
si spiega con i rapporti di lavoro più duraturi in-
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