PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA
PANDEMIA INFLUENZALE
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INDICE
Sommario Esecutivo
1.
Introduzione
2. Razionale
3. Principi
4. Struttura
5. Fasi e livelli di rischio
5.1 Sequenza della dichiarazione di fasi e livelli
5.2 Procedure per la dichiarazione delle fasi
5.3 Criteri per depotenziare le fasi
6. Obiettivi
7. Azioni chiave
7.1 Migliorare la sorveglianza
7.2 Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione
7.2.1 Misure di sanità pubblica
7.2.2 Utilizzo dei farmaci antivirali
7.2.3
Vaccinazione
7.3 Garantire il trattamento e l’assistenza
7.4 Mettere a punto piani di emergenza per mantenere i servizi sanitari ed altri servizi essenziali
7.5 Mettere a punto un piano di formazione
7.6 Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione
7.7 Monitorare l’efficacia e l’efficienza delle misure intraprese
8. Gestione e coordinamento
8.1 Aspetti chiave dell’organizzazione
8.2 Attività di Gestione e Coordinamento in caso di dichiarazione di emergenza
9. L’attuale fase di preparazione: le azioni intraprese
9.1. Misure di carattere organizzativo e generale
9.2. Misure preventive nel settore della salute pubblica
9.3. Misure preventive nel settore degli allevamenti e della veterinaria
9.4. Misure preventive sulle importazioni
10. Operatività per fasi e livelli di rischio
Allegato
Linee Guida per la stesura dei Piani regionali
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SOMMARIO ESECUTIVO
Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono
divenuti endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni
gravi anche negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia
influenzale.
Per questo motivo l’OMS ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano
Pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate. Il presente
Piano, stilato secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, aggiorna e sostituisce il
precedente Piano Italiano Multifase per una Pandemia Influenzale, pubblicato nel 2002.
Esso rappresenta il riferimento nazionale in base al quale saranno messi a punto i Piani
operativi regionali.
Il Piano si sviluppa secondo le sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo per
ogni fase e livello, obiettivi ed azioni.
Molte delle azioni individuate sono già state realizzate man mano che la situazione
epidemiologica lo ha richiesto.
Le linee guida nazionali per la conduzione delle ulteriori azioni previste saranno emanate,
a cura del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), come
allegati tecnici al Piano e saranno periodicamente aggiornate ed integrate.
In coerenza con i Princìpi del Piano, il Ministero della salute si fa carico di individuare e
concordare:
− - con le Regioni le attività sanitarie sia di tipo preventivo che assistenziale da garantire
su tutto il territorio nazionale
− - con i Dicasteri coinvolti le attività extrasanitarie e di supporto, finalizzate sia a
proteggere la collettività che a mitigare l’impatto sull’economia nazionale e sul
funzionamento sociale, comunque necessarie per preparazione e per la risposta ad
una pandemia, nonché gli aspetti etici e legali a supporto delle attività concordate
− - con il Ministero degli Affari Esteri e con gli Organismi Internazionali preposti gli aspetti
di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria
L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e
locale, in modo da:
1. Identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da
nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della
pandemia
2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute
alla pandemia
3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali ed assicurare il
mantenimento dei servizi essenziali
4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla
pandemia
5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i
media ed il pubblico
6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi
Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:
1. Migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica
2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica,
profilassi con antivirali, vaccinazione)
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3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari
ed altri servizi essenziali
5. Mettere a punto un Piano di formazione
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione
7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse
esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi
intrapresi; il monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale,
integrando ed analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.
L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui
parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione
epidemiologica.
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1. INTRODUZIONE
L’influenza è ben conosciuta da secoli ma il virus influenzale è stato identificato solo nel
1933; il virus infetta sia gli uomini che una larga fascia di uccelli e mammiferi.
I virus influenzali umani sono raggruppati in tre tipi: A, B e C, l’ultimo dei quali di scarsa
importanza per l’uomo. Il virus influenzale di tipo A è quello maggiormente diffuso, causa
generalmente malattie più gravi rispetto agli altri due, è la causa della maggior parte delle
epidemie stagionali ed è l’unico che abbia generato pandemie.
Alla base della epidemiologia dell'influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus
influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che
permettono loro di aggirare la barriera immunitaria presente nella popolazione che ha
contratto l’infezione negli anni precedenti. I cambiamenti possono avvenire secondo due
meccanismi distinti:
1. Deriva antigenica (antigenic drift).Si tratta di una modifica minore delle proteine di
superficie del virus. Questo fenomeno riguarda sia i virus A che i B (ma negli A avviene in
modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie stagionali. Infatti le nuove
varianti non sono riconosciute dal sistema immunitario della maggior parte delle
popolazione, così che un ampio numero di individui risulta suscettibile al nuovo ceppo.
2. Spostamento antigenico (antigenic shift). È un fenomeno che riguarda solo i virus
influenzali di tipo A e consiste nella comparsa nell'uomo di un nuovo ceppo virale,
completamente diverso da quelli precedentemente circolanti nell'uomo. Gli shift antigenici
sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla
trasmissione diretta di virus non-umani all'uomo. Quindi la fonte dei nuovi sottotipi sono
sempre virus animali. Poiché la popolazione non ha mai incontrato prima questi antigeni,
in determinate circostanze questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare una
infezione improvvisa e invasiva in tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende il
nome di "pandemia". La comparsa di un nuovo ceppo virale non è di per sé sufficiente a
causare una pandemia, occorre infatti anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi
da uomo a uomo in modo efficace.
Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili, e, negli ultimi 100 anni, si
sono verificate nel 1918 (Spagnola, virus A, sottotipo H1N1)), 1957 (Asiatica, virus A,
sottotipo H2N2) e 1968 (HongKong, virus A, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha
provocato almeno 20 milioni di morti.
Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono
endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni gravi anche
negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale.
Dal 2005, inoltre, focolai di influenza aviaria sono stati documentati anche in Europa, e nel
2006, vi sono stati casi di trasmissione all’uomo in Turchia.
Finora, non ci sono evidenze che il virus H5N1 abbia la capacità di trasmettersi da uomo a
uomo, tuttavia, in caso di emergenza di un nuovo virus influenzale che abbia acquisito tale
capacità, la maggiore mobilità della popolazione a livello mondiale e la maggior velocità
dei mezzi di trasporto, renderebbero particolarmente problematico il controllo della
diffusione dell’infezione.
L’incertezza sulle modalità e i tempi di diffusione determina la necessità di preparare in
anticipo le strategie di risposta alla eventuale pandemia, tenendo conto che tale
preparazione deve considerare tempi e modi della risposta. Infatti, se da una parte un
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ritardo di preparazione può causare una risposta inadeguata e conseguenti gravi danni per
la salute, dall’altra, qualora l’evento non accada, un investimento eccessivo di risorse in
tale preparazione può, in un quadro di risorse limitate, causare sprechi e stornare
investimenti da altri settori prioritari.
2. RAZIONALE
L’OMS raccomanda a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico e di aggiornarlo
costantemente seguendo le linee guida concordate. Seguendo le indicazioni dell’OMS del
2005, emanate alla luce delle modifiche dell’assetto epidemico mondiale e delle nuove
emergenze, il Piano aggiorna e sostituisce il precedente Piano Italiano Multifase per una
Pandemia Influenzale, pubblicato nel 2002.
Questo documento illustra, per ognuna delle sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, il
mandato per le Autorità Sanitarie, tenendo conto sia delle azioni sanitarie che di interventi
che coinvolgono strutture non sanitarie. Il Piano rappresenta il riferimento nazionale in
base al quale saranno messi a punto i Piani operativi regionali. L’operatività del Piano sarà
valutata con esercitazioni nazionali e regionali, da concordare fra CCM e Regioni ed altre
istituzioni che avrebbero un ruolo in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione
epidemiologica.
3. PRINCIPI
Il principio ispiratore del Piano e’ l’assunto che emergenze globali richiedono risposte
coordinate e globali, dove il momento di pianificazione deve essere condiviso dai
responsabili delle decisioni ed il momento dell’azione deve essere conosciuto prima del
verificarsi dell’evento in modo che ognuno sia in grado di “giocare” il suo ruolo e le sue
responsabilità.
Una pandemia influenzale costituisce una minaccia per la sicurezza dello Stato: il
coordinamento condiviso fra Stato e Regioni e la gestione coordinata costituiscono
garanzia di armonizzazione delle misure con quelle che, raccomandate dall’OMS,
verranno intraprese da altri Paesi.
Inoltre, considerando le ricadute che un rischio sanitario determina sui diversi settori della
vita sociale, le misure sanitarie vanno armonizzate con quelle intraprese da altri soggetti
istituzionali non sanitari.
Pertanto, il Piano individua le azioni chiave per le Autorita’ sanitarie nazionali e regionali e
per gli altri Attori coinvolti ed elenca le misure che devono essere adottate per ogni fase.
Tali azioni e misure seguono l’accezione dei “Livelli Essenziali di Assistenza” adottati in
Italia, costituendo il minimo essenziale da garantire.
Il Ministero della salute si fa carico di concordare con le Regioni le attività sanitarie e con i
Dicasteri coinvolti le attività extrasanitarie necessarie per la preparazione e la risposta ad
una pandemia nonché gli aspetti etici, legali ed internazionali, ivi compresi gli eventuali
accordi bilaterali che si dovessero rendere necessari con altri Paesi, a supporto delle
attività.
4. STRUTTURA
Il Piano si sviluppa secondo le sei fasi pandemiche dichiarate dall’OMS, prevedendo, per
ogni fase, obiettivi, azioni ed attori.
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Nel capitolo 7 sono illustrate le azioni chiave: tale capitolo costituisce la base per lo
sviluppo di Linee Guida nazionali che saranno emanate, a cura del CCM, come allegati
tecnici al Piano, e saranno periodicamente aggiornate ed integrate.
Molte delle azioni individuate sono già state realizzate man mano che la situazione
epidemiologica lo ha richiesto, come illustrato nel capitolo 9.
Il capitolo 10 rappresenta un’agile chiave di lettura del Piano e riporta, per ogni fase e
livello di rischio, gli obiettivi generali, gli obiettivi specifici, le azioni finalizzate al
perseguimento di tali obiettivi; nel capitolo sono indicati, inoltre, a grandi linee, ruoli e
responsabilità per la realizzazione delle azioni.
Entro il primo trimestre dalla ratifica del Piano, un Gruppo di monitoraggio, delineato nella
sua struttura nel paragrafo 7.7, aggiornera’ e definira’ nel dettaglio tale capitolo, anche
sulla base degli accordi stipulati dal Ministero della salute con le Regioni per le attivita’
sanitarie e con gli altri Dicasteri ed Enti coinvolti, per le attivita’ extrasanitarie e di
supporto, secondo i principi del Piano.
Allo stesso modo, nel Piano che sara’ reso disponibile anche attraverso il sito web del
Ministero della Salute, la colonna relativa a “Stato di avanzamento” riporterà
continuamente, nei tempi previsti dal monitoraggio, lo stato dell’arte dell’attuazione del
Piano.
Vengono, infine, riportate come Allegato al Piano le Linee Guida per la stesura dei Piani
Regionali.
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5. FASI E LIVELLI DI RISCHIO
Con il presente Piano, l’Italia adotta le nuove fasi emanate dall’OMS nell’aprile 2005, e
condivide gli obiettivi di Sanita’ pubblica raccomandati dall’OMS per ogni fase.
Le fasi ed i livelli di rischio sono quindi così categorizzate:
Periodo interpandemico
Fase 1. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus
influenzale cha ha causato infezioni nell’uomo può essere presente negli animali. Se
presente negli animali, il rischio di infezione o malattia nell’uomo è considerato basso.
Fase 2. Nessun nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo. Comunque, la
circolazione negli animali di sottotipi virali influenzali pone un rischio sostanziale di malattia
per l’uomo
Livello
0:
assenza di rischio all’interno della Nazione
Livello 1: presenza di rischio nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o
scambi commerciali con Paesi a rischio
Periodo di allerta Pandemico
Fase 3. Infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo, ma assenza di trasmissione da uomo
a uomo, o solo rare prove di trasmissione in contatti stretti.
Livello 0: assenza di infezioni nella Nazione
Livello 1: presenza di infezioni nella Nazione, o presenza di intensi collegamenti
o scambi commerciali con Paesi affetti
Fase 4. Piccoli cluster con limitata trasmissione interumana e con diffusione altamente
localizzata, che indicano che il virus non è ben adattato all’uomo
Livello 0: assenza di piccoli cluster nella Nazione
Livello 1: presenza di piccoli cluster nella Nazione o presenza di intensi
collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati cluster di
malattia
Fase 5. Grandi cluster, ma diffusione interumana ancora localizzata, che indicano che il
virus migliora il suo adattamento all’uomo, ma non è ancora pienamente trasmissibile
(concreto rischio pandemico).
Livello
0:
assenza di grandi cluster nella Nazione
Livello 1: presenza di grandi cluster nella Nazione o presenza di intensi
collegamenti o scambi commerciali con Paesi dove sono stati rilevati
grandi cluster di malattia
Periodo Pandemico
Fase 6. Aumentata e prolungata trasmissione nella popolazione in generale.
Livello
0:
assenza di casi nella popolazione nazionale
Livello 1: presenza di casi nella Nazione o presenza di intensi collegamenti o
scambi commerciali con Paesi dove la pandemia è in atto
Livello 2: fase di decremento
Livello 3: nuova ondata
Periodo postpandemico
Ritorno al periodo interpandemico
Nella tabella 1 sono riportate le fasi, i livelli e gli obiettivi da perseguire per ogni fase.
Per ogni fase sono illustrati i rispettivi obiettivi di sanità pubblica.
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Tabella 1. Nuove fasi pandemiche, OMS 2005
FASI PANDEMICHE
LIVELLI
OBIETTIVI DI SANITA’ PUBBLICA
Periodo interpandemico
Fase 1. Nessun nuovo sottotipo virale
isolato nell’uomo. Un sottotipo di virus
influenzale che ha causato infezioni
nell’uomo può essere presente negli
animali. Se presente negli animali, il
rischio
a
di infezione o malattia nell’uomo
è considerato basso.
Rafforzare la preparazione alla pandemia a
livello globale, nazionale e locale
Livello 0: assenza di rischio nel Paese
Fase 2. Nessun nuovo
sottotipo virale è
stato isolato nell’uomo. Comunque, la
circolazione negli animali di sottotipi
virali influenzali pone un rischio
a
sostanziale di malattia per l’uomo.
Livello 1: rischio nel Paese o presenza
di intensi collegamenti o scambi
commerciali con Paesi a rischio
Minimizzare il rischio di trasmissione
all’uomo; individuare e segnalare
rapidamente tale trasmissione se si
manifesta
Periodo di allerta Pandemico
Livello 0: assenza di infezioni nel
Paese
Fase 3. L’infezione nell’uomo con un
nuovo sottotipo, ma senza trasmissione
da uomo a uomo, o tutt’al più rare prove
di trasmissione ai contatti stretti.
Livello 1: presenza di infezioni nel
Paese o presenza di intensi
collegamenti o scambi commerciali con
Paesi affetti
Assicurare la rapida caratterizzazione e la
rapida individuazione del nuovo sottotipo
virale, la segnalazione e la risposta a casi
aggiuntivi
Livello 0: assenza di piccoli cluster nel
Paese
Fase 4. Piccoli cluster con limitata
trasmissione interumana e con
diffusione altamente localizzata, che
indicano che il virus non è ben adattato
all’uomo
b
Livello 1: presenza di piccoli cluster nel
Paese o presenza di intensi
collegamenti o scambi commerciali con
Paesi dove sono stati rilevati cluster di
malattia
Contenere la diffusione del nuovo virus
all’interno di focolai circoscritti o ritardare la
diffusione per guadagnare tempo al fine di
mettere in atto le misure di preparazione,
incluso lo sviluppo del vaccino
Livello 0: assenza di grandi cluster nel
Paese
Fase 5. Grandi cluster ma con limitata
diffusione interumana, indicano che il
virus migliora il suo adattamento
all’uomo, ma che non è ancora
pienamente trasmissibile (concreto
rischio pandemico)
b
.
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